21 November, 2024
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Bruno Rombi è morto il 27 aprile scorso all’età di 89 anni, a Genova, dove viveva dal 1962; era nato nel 1931 a Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco dell’arcipelago del Sulcis, “enclave” linguistica tabarchina (variante della “lingua” ligure).

È stato poeta, scrittore, giornalista, traduttore, pittore, legato alla Sardegna ed al suo paese natale (dove ritornava ogni estate), intellettuale sempre schierato a fianco dei Circoli degli emigrati sardi nell’Italia continentale.

Ho conosciuto Bruno Rombi a Pavia nel novembre 1986 proprio in qualità di delegato del Circolo “Sarda Tellus” di Genova al quarto Congresso della Lega Sarda.

Davanti ai rappresentanti di 25 Circoli di emigrati isolani (tante erano allora le associazioni sarde nell’Italia continentale che facevano parte della “Lega”) pronunciò un discorso di alto livello sottolineando comunque autoironicamente il fatto che non era interessato a cariche dirigenziali, ma che non intendeva rinunciare alla sua fama di “rombiscatole” (ho potuto rileggere il suo intervento perché in queste ultime settimane ho completato la trascrizione al computer di questi atti congressuali, che spero possano essere pubblicati in  un volume a stampa).

Bruno Rombi non aveva peli sulla lingua e non nascondeva verità scomode: mi regalò una copia del suo pamphlet di qualche anno prima “Perché i sardi sono così divisi: testo della conferenza tenuta a Genova presso la ‘Sarda Tellus’, associazione democratica lavoratori emigrati, domenica 17 ottobre 1982” (Genova, Lanterna, pp. 28, 1983).

Lascio ad altri il compito di ricordare Rombi per le sue opere letterarie (narrazioni, studi critici e soprattutto poesie, tradotte in francese, inglese – diffuse in questa versione anche in India -, spagnolo, polacco, maltese, rumeno, macedone, greco, sloveno, catalano, corso, portoghese, urdu, arabo ed albanese, oltre che in latino: l’elenco lo ha stilato Giovanni Mameli) e per la sua intensa attività di pittore.

In questo contributo voglio soffermarmi sugli apporti culturali con i quali questo uomo di grande sensibilità, anche se indubbiamente “spigoloso”, ha arricchito l’attività delle associazioni degli emigrati sardi, collocandosi sempre accanto ai  fratelli-corregionali de “su disterru” e facendo proprie le loro istanze e rivendicazioni anche materiali.

Seguendo i suoi scritti e gli articoli che lo riguardano apparsi dal 1976 al 2010 nelle pagine del mensile Il Messaggero Sardo” cartaceo, vediamo che compare alla ribalta innanzitutto come poeta e poi come appassionato degli studi sulla lingua sarda (lui, di “madre-lingua” tabarchina, era ultrasensibile alle questioni delle minoranze  linguistiche), sul matriarcato in Sardegna, su nomi e cognomi della Sardegna, su emigrazione e razzismo (questi articoli sono legati a conferenze sui vari temi organizzati dal “suo” Circolo, il “Sarda Tellus” di Genova).

Manlio Brigaglia recensisce il suo libro su “Sebastiano Satta. Vita e opere” (Genova, marzo 1983) mentre Giovanni Mameli passa in rassegna scrupolosa le successive opere di Rombi: “Un anno a Calasetta” (prima edizione Genova, 1988; poi Sassari, Carlo Delfino, 2006); le raccolte di poesie “Un amore” (1992) e “Il battello fantasma” (2001); il secondo romanzo di Rombi (il primo era stato “Una donna di carbone”, Condaghes 2004) intitolato “Un oscuro amore” (Condaghes, 2009).

Un bilancio della sua produzione poetica, dal 1965 (data della sua prima raccolta, pochi anni dopo il suo trasferimento a Genova) al 2012 è stata  edita nel volume “Il viaggio della vita” (editore Le Mani di Recco, 2012, 330 pagine).

Molte opere di poesia e di prosa (comprese le ultime narrazioni: il romanzo “Il labirinto del G8” ed il racconto “L’ultima vestizione”, rispettivamente Condaghes 2011 e 2018) sono state presentate nella “Sarda Tellus” ma anche in altre associazioni di sardi emigrati, dove è stato spesso chiamato ad illustrare i risultati dei suoi studi critici sui Grandi della letteratura sarda: tra gli altri, Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Salvatore Cambosu, Salvatore Satta, Giuseppe Dessì, Francesco Masala, Antonio Puddu, Angelo Mundula.

Personalmente lo portai nei Circoli sardi di Pavia e di Saronno a parlare di Sebastiano Satta, in occasione della ripubblicazione (presso Condaghes) della sua monografia sul poeta-vate nuorese, uscita in prima edizione, come si è detto, nel 1983.

Nota finale. Ho letto la notizia comparsa su questo sito in cui è stato messo in evidenza il forte legame di Bruno con il paese natìo:

https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2020/04/calasetta-ricorda-il-grande-concittadino-bruno-rombi-morto-a-genova-alleta-di-89-anni/

Personalmente vorrei aggiungere in questa occasione – richiamando un mio articolo in memoria apparso su questo sito – un breve cenno ad una personalità culturale sardo-genovese, amica di Bruno Rombi e, come lui, dei sardi emigrati: Lina Aresu:

https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2018/07/ricordo-della-scrittrice-lina-aresu-nuoro-16-gennaio-1938-chiavari-ge-15-giugno-2018-di-paolo-puilina/

Le “vite parallele” di questi due scrittori sardo-genovesi e le loro numerose opere (più di 40 per ciascuno) meriteranno in futuro di essere commemorate in una giornata di studi da organizzarsi da parte della comunità dei sardi emigrati.

Qui mi limito a rammentare che nel marzo 2004 Rombi presentò, sempre alla “Sarda Tellus”, il romanzo storico di appendice “Ritedda di Barigau. Bozzetto ogliastrino” del maestro di Semestene (Sassari) Marcello Cossu, edito nel 1885 dalla Tipografia Sociale di Vacca-Mameli di Lanusei. Una bella amicizia tra loro due, che hanno condiviso con un chiavarese doc, il docente di materie letterarie Marcello Vaglio, e con il sottoscritto, sardo trapiantato in provincia di Pavia.

Paolo Pulina

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Si è svolta questa mattina, presso la sede camerale della C.C.I.A.A. di Nuoro, la presentazione del progetto #IOPENSOPOSITIVO, iniziativa volta a promuovere, in modo innovativo, le conoscenze finanziarie tra i giovani studenti che frequentano i tre anni conclusivi della scuola secondaria di II grado. Presenti 150 alunni provenienti da tre scuole nuoresi: l’Istituto Tecnico Economico “Salvatore Satta”, il Liceo “Sebastiano Satta” e l’Istituto Tecnico Commerciale “Chironi”. Gli studenti si sono sfidati in un appassionante game-test sull’educazione finanziaria, che metteva in palio un video-proiettore da poter utilizzare nelle attività scolastiche.

Il progetto è promosso dal ministero dello Sviluppo economico (Direzione Generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica) e Unioncamere, in collaborazione con il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. È previsto un percorso di (in)formazione online sul portale iopensopositivo.eu, suddiviso in 6 moduli rilasciati gradualmente dalla piattaforma; ogni modulo si svilupperà seguendo un percorso narrativo in graphic animation, suddiviso in 4 aree più una di approfondimento.

Dopo i saluti istituzionali del presidente della Camera di Commercio di Nuoro, dott. Agostino Cicalò, si è svolta la presentazione del progetto e un’introduzione all’educazione finanziaria con l’intervento della dott.ssa Paola De Fortunatis, rappresentante del Consorzio Camerale Credito e Finanza INNEXTA.

Al termine degli interventi, gli studenti hanno dato il via al game-test, nel quale hanno prevalso i giovani alunni della classe 3ª B dell’Istituto Tecnico Economico “Salvatore Satta”, che sono riusciti, pertanto, ad ottenere come premio il video-proiettore.

Un’importante iniziativa, l’unica tappa a livello regionale, che ha dato la possibilità ai numerosi studenti partecipanti di apprendere delle importanti nozioni, nel mese dell’educazione finanziaria 2019, promosso dal ministero dell’Economia e delle Finanze, in collaborazione con il Miur (ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca) e il Mise (ministero dello Sviluppo economico).

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Dai pastafariani ai maradoniani, sono circa trecento le nuove forme di fede in Italia, che tra il pullulare di sette e santoni, mitizzano le realtà più diverse senza trovare la via alla comprensione del sacro. Il dato è emerso durante il convegno “Il sacro, la memoria, il tempo”, organizzato nei giorni scorsi al Villino Ricci dall’Istituto Camillo Bellieni per analizzare, attraverso un confronto tra studiosi, teologi, scienziati e artisti, lo smarrimento dei valori dell’uomo contemporaneo.

Un’iniziativa molto partecipata il cui senso è stato suggellato dalla presenza di una copia della sacra sindone a grandezza naturale, realizzata dalle Acli di Oristano per stimolare la riflessione e l’interesse intorno ai segni della fede.

Profondo e articolato l’intervento di Gaspare Mura della Pontificia Università Urbaniana, sull’ambiguo ritorno del sacro nella cultura post moderna. Una cultura caratterizzata a suo dire dal relativismo esistenziale, che trova riscontro anche nelle scienze umane, come sociologia o psicanalisi. Sarebbe questa una delle cause del dilagare di tante nuove forme di fede. Tra le citazioni di Gadamer, Levinas e altri filosofi, altro chiaro riferimento è stato quello a Ratzinger, per cui, al fine di orientarsi e salvaguardare la fede autentica dal sacro che apparteneva già ai miti del paganesimo, la Chiesa si è avvalsa fin dalle origini del logos della filosofia.

Un collegamento tra la sacralità e i valori umani è stato fatto da monsignor Corrado Melis, vescovo di Ozieri.

C’è un ritorno verso la spiritualità necessario non solo al fine di recuperare la dimensione divina – ha spiegato l’alto prelato – ma anche quella umana, che trasversalmente abbraccia le nostre relazioni ed i valori.

La sacralità dell’arte è stata invece indagata da Roberto Puzzu. Prendendo le mosse da “Lo spirituale nell’arte” di Kandinsky, Roberto Puzzu ha illustrato il virtuoso esperimento d’arte realizzato negli spazi di Molineddu a pochi chilometri da Sassari.

Il tema del tempo è stato approfondito dal punto di vista delle neuroscienze dalla docente dell’Uniss Franca Deriu, che ha spiegato il rapporto tra tempo e memoria, e come le emozioni e lo stato mentale riescano ad alterarne la percezione.

Daniela Masia, dirigente delle Acli di Oristano, ha proposto un’analisi sul tempo della collettività e quello dell’individualità, dalla quale è emerso un fenomeno di smarrimento della socialità contemporanea. A concludere gli interventi è stato Michele Pinna, direttore scientifico Is.Be, che ha illustrato  la sacralità del vivere e morire in Salvatore Satta, autore de “Il giorno del giudizio” e grande giurista, introducendo il concetto di una dimensione sacrale anche all’interno della sfera del diritto. Una dimensione che nella lezione del grande scrittore travalica i confini della scienza giuridica per proiettarsi in una dimensione trascendente.

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Sono diversi i fenomeni della contemporaneità che disorientano l’uomo, a partire dai consumi indiscriminati, all’individualismo e le tendenze al “nuovismo”, inducendolo a cercare appagamenti in nuovi spazi di felicità illusori. “Il sacro, la memoria e il tempo” non sono soltanto le coordinate e i valori da contrapporre a questo smarrimento, ma anche il titolo del convegno che sabato 7 settembre alle 9.30, nella Sala Convegni del Villino Ricci di Sassari, metterà a confronto studiosi, teologi, antropologi e operatori culturali. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività promosse dall’Istituto Camillo Bellieni in occasione del trentennale dalla nascita.

Saranno presenti figure di primo piano della ricerca scientifica e filosofica di diversa provenienza e orientamento culturale, quindi operatori impegnati a vario titolo nel territorio, uomini di scuola e di Chiesa, nel tentativo di mettere sul tavolo della discussione elementi utili non solo al pubblico specialistico, ma all’uomo della strada, anche a quello più distratto o disorientato.

Tra i relatori interverranno Franca Deriu (Miur – Università di Sassari) con la relazione “Il tempo e la memoria in neuroscienze”, Daniela Masia Urgu (Acli Oristano) con “Il tempo liberato: la relazione tra tempo individuale e tempo collettivo nella contemporaneità”. Quindi monsignor Corrado Melis, vescovo di Ozieri, che presenterà la relazione dal titolo “Il sacro è l’inutile che ci rende più umani”.

Subito dopo Michele Pinna (MIUR Liceo scientifico Spano di Sassari) che parlerà della “Sacralità del vivere e del morire. La memoria e il tempo ne ‘Il giorno del giudizio’ di Salvatore Satta”, quindi Gaspare Mura (Pontificia Università Urbaniana) con “L’ambiguo ritorno del sacro. Le radici nella cultura postmoderna” e, infine, Roberto Puzzu (ex dirigente scolastico Liceo artistico statale di Sassari) con “Arte, evento, creazione 2019. Il sacro, la memoria, il tempo nel parco di Molineddu”.

«I temi presi in esame sono quelli entro i quali l’uomo storicamente ha strutturato la propria esistenza – ha spiegato Michele Pinna – ma che oggi, in un momento in cui prevalgono rumori, voci e suoni anche sconosciuti che si accavallano disordinatamente e fuori dalle regole conosciute, oltre a creare frastuono e a disturbare la sensibilità dell’uomo producono paura e disorientamento. Confrontarci su queste tematiche – ha concluso il direttore scientifico del Bellieni – serve anche a mettere il dito sui nervi scoperti di una società e di una umanità indifese e oltremodo preoccupate per il proprio futuro.»

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La donna oggi è lavoratrice e cittadina, e la sua forza occupazionale ha un peso importante nella società industrializzata. Ma non sempre è stato così. Il 17 luglio, alle 17.00, nella sala conferenze dell’Archivio di Stato di Nuoro (via Antonio Mereu 49), l’Istituto Camillo Bellieni organizza l’incontro “Fèminas de pabilu e de carre” (Donne di carta e di carne), una conferenza a tema realizzata in collaborazione con lo stesso archivio e con il ministero per i Beni e le attività culturali.

L’incontro, che rappresenta l’evento conclusivo dello sportello linguistico dell’Archivio di Stato, permetterà di ripercorrere il pregiudizio imponente e stratificato presente nel sentire comune. Prenderanno parte all’iniziativa diverse professioniste che, rispettivamente nel proprio campo, sono riuscite ad affermarsi. Nell’ordine la direttrice dell’archivio, Angela Andrea Oriani, la presidente dell’Is.Be, Maria Doloretta Lai, la responsabile del Coordinamento operatori di lingua e cultura sarda, nonché filosofa, Daniela Masia Urgu, la vice sindaca e assessora alla Pubblica istruzione di Oniferi, Daniela Daga, la psicologa Anna Modolo e l’operatrice linguistica e docente Immacolata Salis.

Gli interventi, esposti in forma bilingue, riguarderanno la donna nei documenti e nelle carte d’archivio; la visione della donna nella filosofia; le figure femminili nell’analisi letteraria; e la donna oggi tra quotidianità, lavoro e politica.

“Feminas de pabilu” sono in sostanza le donne raccontate attraverso immagini letterarie o romanzi che vanno da Salvatore Satta a Grazia Deledda; e quindi attraverso originali documenti d’archivio. Quelle “de carre” rappresentano testimonianze di personalità che si sono distinte nelle lotte, che si sono realizzate nelle loro attività.

«In quasi tutti i tempi e i luoghi – spiegano le organizzatrici – la donna ha vissuto esperienze di vita sociale meno favorevoli di quelle riservate all’uomo dal punto di vista giuridico, economico e civile e, per tanto tempo, è rimasta esclusa da tutta una serie di diritti e dinamismi sociali.»

L’incontro sarà occasione per parlare della conquista di questi diritti, a partire dalla condizione della donna nel mondo antico fino all’avvento dell’industrializzazione, e quindi alle lotte del Novecento che portarono nel 1946 al diritto di voto in Italia (elettorato attivo e passivo), nel 1948 all’uguaglianza tra i sessi stabilita in Costituzione e nel 1975 a una legge che decretò la parità di diritti tra marito e moglie. E infine, ci si soffermerà sul pensiero della donna di oggi, perché molte convinzioni sono dure a morire.

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Poeta, romanziere e artista, i suoi versi sono tradotti e pubblicati in oltre dieci lingue e riportati sulle pagine di importanti antologie e riviste di poesia contemporanea. Claudio Pozzani, classe 1961, sabato sera sarà a Carbonia, protagonista alle 19.30 sul palcoscenico del Teatro Centrale, dove porterà il reading letterario “Poetici scavi”. Lo spettacolo è un viaggio in poesia tra le miniere, realtà impressa nel dna di Carbonia, ed è al contempo è la narrazione di una condizione esistenziale, dello stare sotto terra come metafora della vita.

Nel 1995 Claudio Pozzani ha ideato il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole spalancate”, considerato uno degli eventi poetici più importanti in Europa, di cui è tutt’ora direttore. Sempre a Genova, nel 2001 ha fondato la “Stanza della Poesia”, uno spazio interamente dedicato alla divulgazione e alla produzione poetica, che organizza ogni anno oltre 150 eventi gratuiti. Tra le sue pubblicazioni più recenti troviamo “La marcia dell’ombra” (CVTrecords), “L’orlo del fastidio – Appunti per una rivoluzione tascabile e infettiva” (Liberodiscrivere, 2017) e “Spalancati spazi – Poesie 1995-2016” (Passigli, 2017).

Nel corso degli anni ha ideato e organizzato molti eventi di poesia internazionale in Francia, Finlandia, Belgio, Giappone, Austria e Germania. È co-fondatore della piattaforma Versopolis che raggruppa 14 festival di poesia europei.

Lo spettacolo con il noto poeta ligure è inserito nella terza edizione di “Una Miniera di Cultura”, iniziativa di promozione dell’editoria libraria sarda, finanziata e coordinata dall’assessorato regionale alla Cultura come tappa del circuito regionale “L’Isola dei libri”. La manifestazione è promossa e organizzata dall’Associazione Editori Sardi (AES) d’intesa con l’assessorato della Cultura del comune di Carbonia, e in collaborazione con il Sistema Bibliotecario Interurbano del Sulcis, la Società Umanitaria di Carbonia e le librerie locali.

Gli incontri con gli autori sabato prendono il via nel pomeriggio alla Torre Civica, all’interno della sezione “Tra isola e mondo” presentata dal giornalista Salvatore Taras. Alle 16.45 Roberta Patrizia Giannotte presenta “La finestra al Sole”, un romanzo edito da La Zattera. Alle 17.30 l’autrice Manola Bacchis, in compagnia dell’editore Francesco Cheratzu illustra il suo volume “Nel segno del giudizio: l’arte nelle copertine di Salvatore Satta”, pubblicato dalla Condaghes e, alle 18.15, Luciano Trebini presenta il suo libro di poesie edito da Cuec, dal titolo “Aragonite azzurra”.

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Con un incontro con la scrittrice turca Esmahan Aykol si è chiusa ieri a Macomer la XV Mostra regionale del Libro in Sardegna, una manifestazione voluta dall’assessorato regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport, organizzato dal Comune di Macomer con la collaborazione progettuale dell’AES (Associazione Editori Sardi) e la direzione artistica di Saverio Gaeta, che ha curato la programmazione insieme a Simonetta Castia, presidente degli editori sardi..

Intervistata da Michele De Mieri, l’autrice del recente “Tango ad Istanbul”, edito da Sellerio, ha parlato dei personaggi dei suoi libri ma anche della situazione interna turca, sempre più difficile per intellettuali e giornalisti. «Oggi chiunque cerca di scappare dalla Turchia ed io, che da anni vivo a Berlino, sono invidiata dai miei amici – ha spiegato -. Il mio paese ha conosciuto una involuzione incredibile, eravamo quasi arrivati ala democrazia e invece siamo tornati indietro agli anni ’50 e questo è inaccettabile. Molti giornalisti sono rimasti disoccupati solo per avere osato criticare il presidente Erdogan e il suo partito. Per il momento gli scrittori non sono ancora stati colpiti ma non sappiamo ancora per quanto questo durerà. Di sicuro io non penso alle conseguenze di quello che scrivo, non mi faccio molte domande su quello che mi potrebbe succedere perché questo potrebbe essere un freno. Se non facessi così non potrei più andare avanti con la scrittura».

Esmahan Aykol ha parlato anche del personaggio protagonista dei suoi noir, la libraia tedesca Kati Hirsche trapiantata a Istanbul. «Mi piaceva provare a raccontare col paradosso ciò che ho vissuto in Germania. I tedeschi hanno molti pregiudizi nei confronti dei turchi e li trattano tutti allo stesso modo. In questo modo volevo in un certo senso vendicarmi e dimostrare che anche Istanbul può essere una città molto più accogliente di Berlino».

L’altro incontro che ha caratterizzato l’ultima giornata della Mostra è stato quello che nel pomeriggio ha visto gli scrittori Milena Agus e Giulio Angioni parlare di Sergio Atzeni e del suo rapporto con la città di Cagliari.

«Raccontare Cagliari è stato uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere racconti, perché non c’era una descrizione della città nella nostra letteratura. In questa dichiarazione di Atzeni mi ci ritrovo, così nei suoi intenti» ha spiegato Milena Agus, che ha proseguito: «Così come per Atzeni, anche per me la Sardegna va raccontata tutta, anche io come lui ho questo obiettivo».

«Qual è lo spirito di Cagliari che Atzeni ha capito per primo? La città ha una dote che forse non hanno tantissime altre città: è leggera, perché alleggerisce la vita dei suoi abitanti. Perché ha il mare dentro. E dopo la guerra ha mostrato di voler rivivere», ha aggiunto Agus.

«Sono contento di essere qui in un anno che segna per la Mostra un rinnovamento che spero continui» ha esordito Sergio Atzeni. «Già nel suo primo libro l’”Apologo del giudice bandito”, Atzeni raffigura Cagliari come una città plurietnica e plurilinguistica. Sulla città Atzeni aveva però anche uno sguardo paesano. Era, dunque, in grado di guardare a Cagliari in due modi differenti e complementari».

A lungo si è preso atto che Cagliari non era una delle realtà sarde più raccontate dalla letteratura, «ma dopo Mannuzzu e Atzeni la vita in tutti i centri dell’isola si è equiparata, ogni paese è un po’ periferia di Cagliari. Trovare distinzioni non ha senso, neanche nei nostri libri», ha concluso Angioni.

La mattinata si era aperta con Diego Corraine che ha presentato “Su printzipeddu” di Antoine de Saint Exupery, tradotto dalla casa editrice Papiros in sardo, tabarchino, algherese e maltese, per poi proseguire con “Francesco Dore. Un medico dalla Barbagia al Parlamento”, edito da Ilisso e presentato da Francesco Dore e Bachisio Porru.

Mario Puddu e Massimo Pittau hanno legato il loro nome di studiosi alla redazione di due opere monumentali quali “Su Ditzionàriu de sa Limba e de sa cultura sarda” (giunto alla sua seconda edizione ed edito da Condaghes) e il “Nuovo dizionario della Lingua Sarda”, edito da Domus De Janas. Nell’incontro, moderato da Antonio Ignazio Garau, Puddu ha confermato la sua concezione di lingua sarda onnicomprensiva di ogni variante mentre Pittau ha riportato l’attenzione sul tema della difesa dalle lingua soprattutto a partire dai banchi di scuola, «dove gli insegnanti dovrebbero obbligatoriamente conoscere una variante del sardo e usarla insieme all’italiano nel corso delle loro lezioni».

Massimo Pittau è stato anche protagonista dell’incontro successivo, la presentazione del libro “Credenze religiose degli antichi sardi” (edito da Della Torre). Lo studioso ha affascinato la platea rievocando le antiche simbologie dei nuragici, comuni a quelle dei popoli del bacino del Mediterraneo. «Dal punto di vista etnografico la nostra è un’isola antichissima ed è sorprendente che qui ancora si ritrovino segni di un passato remoto. La Sardegna è un esempio chiarissimo di museo all’aperto», ha concluso.

La figura dell’accabadora è tornata d’attualità negli ultimi anni ma a smontarne ogni pretesa di veridicità è Italo Bussa, autore de “L’accabadora immaginaria” (Della Torre). Sollecitato dalle domande del giornalista Antonio Rojch, l’autore ha rievocato la nascita di questo vero e proprio mito (nato nel Settecento con l’Angius e rilanciato nell’Ottocento con il romanziere Carlo Varese) di cui però non ci sono prove storiche di alcun genere. «E anche l’accabadora di cui parla la studiosa Dolores Nurchi» ha specificato Bussa, «mette in pratica un rituale magico non certamente violento».

Nel pomeriggio il programma di presentazioni è proseguito con il libro “Manuale di indipendenza nazionale” (Edizioni Della Torre) di Franciscu Sedda. «Internamente allo stato italiano la Sardegna e pochi altri hanno titolo per reclamare l’indipendenza» ha spiegato l’autore. «L’idea di Italia non è recente ma nasce con l’imperatore Ottaviano Augusto per il quale però la Sardegna era solo una provincia. Nella storia italiana noi sardi ci troviamo solo da 150 anni. La nostra dimensione è di essere nazione e ce l’hanno detto i nostri dominatori per primi. Il mondo è in fermento, non è vero che l’indipendenza ci può essere solo con la violenza, e l’esempio scozzese è evidente. Guardare agli altri che ce la fanno può darci il coraggio, essere indipendentisti non è essere in contrasto con l’europeismo ma anzi è un modo per riformare l’idea di un continente unito. Non è un caso che in Europa oggi ci sono dieci stati più piccoli della Sardegna e nel mondo cinquanta più piccoli di noi. Il Manuale vuole far scaturire un dibattito su argomenti sui quali dovremmo confrontarci con costanza».

«Questo sentimento legato alla Sardegna sta crescendo ed è un fatto positivo», ha commentato il sindaco di Macomer Antonio Onorato Succu. «L’isola sta soffrendo il fallimento di una stagione autonomistica. Un popolo come il nostro non può essere rappresentati in Europa dall’Italia con scarsi parlamentari e spesso inadeguati».

Il pane in Sardegna è sempre stato molto più che un alimento. A raccontarne storie e segreti è stata Antonietta Dettori che al Padiglione Tamuli ha presentato il volume “La sacralità del pane in Sardegna” di Marisa Iamundo De Cumis (Carlo Delfino Editore). “Il pane è sempre stato il fulcro della vita comunitaria, presente in tutte le feste” ha spiegato la studiosa. «A partire dagli anni sessanta però molti tipi di pane hanno iniziato a scomparire e con essi la ricchezza culturale delle nostre comunità. Ora queste ricerche ci restituiscono un patrimonio che altrimenti rischiava di andare disperso definitivamente».

Dalla tradizione alla contemporaneità, con i drammi dei sardi rimasti senza lavoro. Daniela Murgianu e Marco Siddi hanno condotto sul campo un’indagine sfociata nel volume “Senza futuro. Storie vere di chi ha perso il lavoro e la speranza” (Cuec Editrice). Un racconto impietoso, «fatto di tante storie di ragazzi costretti a lasciare l’università per aiutare le loro famiglie di provenienza o cinquantenni obbligati all’emigrazione» ha spiegato Murgianu. «Questa è la tragedia che io nostri politici non vogliono vedere»ha proseguito Siddi. Cosa si può fare? «Serve un sostegno psicologico per chi perde il lavoro, perché chi è in difficoltà spesso rimane isolato anche all’interno della sua stessa famiglia», ha concluso Siddi.

Realizzato nel 2011, ha vinto tanti premi in molti festival nazionali e internazionali. Il film “Sos mortos de Alos” del regista Daniele Atzeni ha emozionato il pubblico del Padiglione Filigosa. Ispirato a “Il Dio petrolio” di Francesco Masala, il film è in realtà un finto documentario che racconta la storia di una comunità isolana che passa da una economia agropastorale ad una industriale, fino ad essere sterminata da una nube tossica fuoriuscita dalla fabbrica. L’unico sopravvissuto a distanza di tanti anni ricorda e racconta. «La voce narrante e il materiale d’archivio girato da Fiorenzo Serra a Gairo vecchia danno vita ad un cinema di confine, un ibrido tra diverse forme espressive, cinema e letteratura», ha spiegato il regista, intervistato da Tore Cubeddu. «Il film è certamente un omaggio all’opera di Francesco Masala ma altri due romanzi lo hanno ispirato Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni e Il giorno del giudizio di Salvatore Satta». Il film è stato accolto ottimamente fuori dalla Sardegna, «dove in tanti hanno creduto che si raccontasse una storia vera. Anche nella nostra isola le reazioni sono state buone, forse anche perché i danni prodotti dall’industrializzazione selvaggia sono sotto gli occhi di tutti».

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Gianluca Medas Medas-foto di Matteo Zanda

Si conclude domenica 22 novembre, a San Sperate, la rassegna “Tagli di Teatro 2015”. L’undicesima edizione della manifestazione organizzata dalla compagnia teatrale “La Maschera” di San Sperate si chiuderà con lo spettacolo “Il Giorno del Giudizio”, narrazione targata Figli d’Arte Medas tratta dall’opera di Salvatore Satta. Il racconto di Gianluca Medas sarà accompagnato dalle musiche dal vivo del fisarmonicista Massimo Perra. L’apertura del sipario al Teatro La Maschera di via Is Spinargius 2 è prevista per le ore 19.00.

Il romanzo “Il Giorno del Giudizio” è l’opera letteraria più conosciuta del grande giurista Salvatore Satta. Pubblicato dopo la morte dell’autore, il romanzo deve la sua popolarità all’edizione curata dalla casa editrice Adelphi nel 1979. Nel racconto, l’anonima voce narrante, dietro cui si cela lo stesso Satta, di ritorno nella sua città natale in tarda età, decide di fare una visita al cimitero, scatenando il vortice dei ricordi. Alle vicende familiari dei Satta si accompagnano quelle della città di Nuoro, tutto racchiuso in un periodo temporale che parte dalla fine del XIX secolo fino agli anni successivi alla Prima guerra mondiale. Sullo sfondo un’amarezza latente che mette in rilievo gli aspetti tragici o grotteschi della vita individuale e collettiva. I chiari riferimenti, presenti nel testo originale, a fatti e persone realmente esistiti provocarono una netta ostilità dei nuoresi nei confronti dell’opera di Satta.

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Venerdì 28 novembre 2014 alle ore 18.00, presso la Biblioteca Sebastiano Satta (Piazza Giorgio Asproni 8, Nuoro) verrà presentato il libro di Paolo Fadda “Il barone delle industrie nuoresi” edito da Carlo Delfino. È questo il quarto volume della collana “I grandi dell’imprenditoria in Sardegna” dedicato a Franceschino Guiso-Gallisai, il coraggioso pioniere dell’industrializzazione nuorese. A lui infatti, ed alle sue capacità imprenditoriali si deve la nascita a Nuoro di una moderna industria azionata da quei “cavalli-vapore” e da quei “kilowatt” d’energia che diverranno gli autori di una benefica e straordinaria rivoluzione sociale.

Attorno a quelle industrie si svolgerà quindi una eccezionale storia imprenditoriale, capace di distribuire migliaia di buste-paga proprio perché si è sviluppata in diversi settori: dalla molitura all’elettricità, dalle miniere alle ceramiche sino alle bonifiche agrarie. È così che nasce il legame indelebile tra la famiglia di Franceschino e la storia di Nuoro.

Il programma della serata, organizzata dal Consorzio Pubblica Lettura “Sebastiano Satta” di Nuoro, dalla Camera di Commercio di Nuoro e dalla Confindustria della Sardegna Centrale, inizierà con i saluti del sindaco di Nuoro, Alessandro Bianchi e del Commissario della Biblioteca Satta, Vannina Mulas. Seguiranno gli interventi del Presidente della Confindustria Sardegna Centrale, Roberto Bornioli e del Presidente della Camera di Commercio di Nuoro, Agostino Cicalò. Quest’ultimo interrogherà l’autore e l’editore sui contenuti del libro e sul ruolo svolto dalla ditta Guiso Gallisai per il risveglio dell’economia nuorese.

Verrà proiettato, infine, il documentario dal titolo “E arrivò la luce”, a cura del TG3 Rai, realizzato dal giornalista Antonio Roich.

Sabato 29 novembre, alle ore 11.00, presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Salvatore Satta” (via Biscollai, 1), “Il barone delle industrie nuoresi” verrà presentato alle scuole superiori della città. In particolare, durante l’incontro, la Compagnia Bocheteatro renderà omaggio al volume con lo spettacolo “Il sogno di Franceschino” per la regia di Giovanni Carroni.