22 November, 2024
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I modelli virtuosi da imitare nella lotta alla Peste suina africana e nel contrasto agli allevamenti abusivi e irregolari non vengono più e solo da terre lontane, come la penisola Iberica dove oltre vent’anni fa è stata sconfitta la malattia, ma dal cuore dell’Isola, dall’Ogliastra. Parte da Urzulei una storia tutta locale e che sarà certamente da esempio per l’intero territorio regionale: 48 allevatori irregolari hanno deciso di emergere ed avviare le nuove attività nel rispetto delle norme registrando, in questa prima fase, circa 500 maiali. Il progetto, nato dal basso con uno spirito di collaborazione attiva che ha coinvolto cittadini, amministrazione comunale e Regione, è stato ufficializzato oggi nella sala consiliare del centro ogliastrino dal presidente Francesco Pigliaru, e dall’assessore della Sanità, Luigi Arru, che hanno incontrato il sindaco, Ennio Arba, la sua Giunta ed i nuovi allevatori regolari.

All’iniziativa hanno inoltre partecipato i vertici dell’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA: dal responsabile Alessandro De Martini ai direttori generali dell’Istituto zooprofilattico della Sardegna, Alberto Laddomada, e dell’Agenzia Laore, Maria Ibba, passando per il commissario unico dell’Agenzia Forestas, Giuseppe Pulina. E poi Sergio Masala, rappresentante del mondo veterinario dell’ATS, ha portato i saluti di Franco Sgarangella, responsabile unico ATS per la PSA, oggi assente per altri impegni istituzionali. Masala ha poi annunciato che i circa 400 euro pagati dagli allevatori per la regolarizzazione rimarranno alla comunità di Urzulei. Saranno infatti utilizzati dall’ATS per l’apertura, in paese, di un ufficio di anagrafe zootecnica che possa assistere i tanti allevatori, non solo di suini, del territorio. Sul piano della salvaguardia del suino di razza sarda ha seguito i lavori l’esperto delle strutture regionali, Sebastiano Porcu. Concluso l’incontro in paese, ci si è poi spostati nel Supramonte di Urzulei, in località su Nuragi, per visitare un allevamento in semi brado di cinque ettari, con doppie recinzioni e ricoveri per gli animali, seguito da un giovane allevatore di 25 anni.

Con le 48 nuove regolarizzazioni il piccolo centro di appena 1.260 residenti raggiunge quota 102 allevamenti ufficiali: uno ogni 12 abitanti. Roba da fare invidia ai distretti più attivi della suinicoltura nazionale presenti nella Pianura padana. Parlare di maiali, di trasformazione delle carni e di prosciutti a Urzulei significa confrontarsi con le sue più antiche tradizioni agroalimentari, economiche e sociali che riassumono l’identità dell’intera comunità. Fra i nuovi allevatori ci sono giovani diplomati, mamme laureate, pensionati e imprenditori agricoli che già svolgono queste attività e che operano nei circa 13mila ettari, quasi esclusivamente di proprietà comunale. Le loro storie raccontano una battaglia contro lo spopolamento, una voglia di rimanere nei luoghi dove sono nati e dove hanno deciso di far crescere la propria famiglia lavorando nel rispetto delle regole.

«Si tratta di un grandissimo risultato perché c’è una malattia, la Peste suina africana, che sta bloccando da quarant’anni lo sviluppo di questi territori. Va combattuta e va sconfitta. Il grande risultato, qui a Urzulei, è che questa comunità ha accettato la sfida. Ha avuto fiducia anche nella nostra proposta e oggi parliamo di decine di imprese che hanno deciso di regolarizzarsi, quindi di uscire da quella situazione che in realtà non faceva altro che riprodurre una malattia, non solo sanitaria ma per l’intero territorio.»

Così il presidente Francesco Pigliaru che ha aggiunto: «Oggi ci sono le condizioni perché la popolazione di Urzulei possa guardare con molta più fiducia al futuro. Si tratta di un fantastico esempio per tutta la Sardegna e in particolare per quei territori che fanno ancora fatica a vedere che la strada giusta è quella adottata con successo in questo paese. Urzulei ha dimostrato di essere altruista, pensando all’interesse non dei singoli ma dell’intera comunità. Senza fiducia non si fa niente. Speriamo – ha concluso Francesco Pigliaru – che questa esperienza sia di grande contagio per tutta la Sardegna».

«Siamo noi che dobbiamo dire grazie a voi, alla comunità di Urzulei per quello che ha fatto.» Lo ha detto l’assessore della Sanità, Luigi Arru, rivolgendosi ai numerosi presenti in sala. «La nostra non è e non è stata una battaglia contro qualcuno o qualche comunità, contro la cultura e le tradizioni di Nuorese o Ogliastra, ma contro una malattia che da 40 ha danneggiato pesantemente il settore suinicolo isolano. Va dato merito al presidente Pigliaru per aver creato l’Unità di Progetto, una vera rivoluzione sul piano organizzativo e di gestione della PSA, con un vertice decisionale seguito, in modo impeccabile, da Alessandro De Martini che ha coordinato una squadra composta da tanti attori istituzionali che si sono confrontati costantemente con i territori».

«I principali obiettivi messi sul piatto dalla nostra amministrazione e dai neo imprenditori zootecnici, nel breve e medio periodo – ha osservato il sindaco Ennio Arba – puntano innanzitutto a sostenere con maggior forza la battaglia contro il virus della Peste suina africana. Di seguito intendiamo promuovere un’attività di tutela e valorizzazione del maiale autoctono di razza sarda, l’organizzazione di una filiera suinicola e la nascita di un marchio locale che valorizzi le peculiarità della nostra antica tradizione nella produzione dei prosciutti. Tutti questi passaggi – ha concluso il primo cittadino – non devono prescindere dal superamento, che auspichiamo si raggiunga il prima possibile, dell’embargo posto dall’Unione europea alla vendita delle nostre carni e salumi oltre i confini della Sardegna.»

 

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Lunedì 22 ottobre, dalle ore 9.15, nell’Aula Magna dell’Università di Sassari, si terrà una giornata di studio e analisi dedicata alla variegata galassia del comparto suinicolo sardo dal titolo “PigDay 3.0”. L’importante appuntamento è organizzato dal Corso di Scienze Agro-Zootecniche, e vedrà la partecipazione di numerosi relatori tra rappresentanti dell’Ateneo, mondo della ricerca, della politica regionale, di associazioni di categoria agricola e della trasformazione. Per la Giunta Pigliaru sono previsti i contributi degli assessori della Sanità, Luigi Arru, dell’Agricoltura, Pier Luigi Caria, dell’Ambiente, Donatella Spano. Sarà inoltre presente il presidente della Commissione Attività produttive del Consiglio regionale, Luigi Lotto.

I lavori si apriranno con i saluti del Rettore, Massimo Carpinelli, del direttore del Dipartimento di Agraria, Antonello Pazzona, e del preside del Corso di laurea in Scienza Agro-Zootecniche, Nicolò Macciotta. Sarà poi la volta di Giuseppe Pulina (Dipartimento di Agraria e Amministratore unico dell’Agenzia Forestas) e di Gianni Battacone, sempre del Dipartimento di Agraria, studioso ed esperto del comparto suinicolo.

Sul versante delle imprese interverrà Davide Calderone (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) che affronterà il tema della domanda e del consumo della carne di maiale.

Faranno invece il punto sul piano sanitario i veterinari del Servizio sanità animale dell’ATS, Daniela Marongiu e Sergio Masala, a cui seguirà l’analisi del direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico della Sardegna (IZS), Alberto Laddomada. Toccherà invece ad Alessandro De Martini, direttore generale della presidenza della Regione e responsabile dell’Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna, illustrare i risultati raggiunti nella lotta alla PSA.

All’organizzazione dell’appuntamento hanno inoltre contribuito: l’Agenzia Forestas, l’ATS, l’IZS, l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi e la Animal New Tech srl. 

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Il responsabile dell’Unità di progetto per l’eradicazione della Peste suina africana e direttore generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini, è intervenuto al convegno organizzato all’interno della tre giorni di fiera, Caccia pesca e tempo libero, che si conclusa ieri a Macomer.
«Un ringraziamento importante va alla grande collaborazione delle associazioni venatorie e dei cacciatori sardi che hanno dato un contributo fondamentale, con la raccolta dei campioni nei cinghiali abbattuti, per il monitoraggio della Peste suina africana nel selvatico e quindi nell’ambito delle azioni di eradicazione della malattia – ha detto Alessandro De Martini -. All’interno di un sistema di nuove regole, che spesso sono difficili da far condividere ai cittadini a cui si chiede di cambiare le abitudini, i cacciatori hanno garantito e continuano a garantire un contributo indispensabile, dimostrando un senso civico e di responsabilità non solo verso le istituzioni ma soprattutto verso l’interesse di tutti i sardi.»
La seconda edizione del più importante appuntamento regionale del mondo venatorio è stata curata dall’associazione Caccia pesca ambiente e dal comune di Macomer.
Le prescrizioni previste dalla normativa sulle attività venatorie al cinghiale prevedono la raccolta da parte dei cacciatori, su tutti gli animali abbattuti nell’intero territorio regionale, di un campione di diaframma per le analisi sulla trichinella. Per i controlli sulla PSA è invece necessario, nelle zone bianche non infette dal virus, fare un prelievo di sangue su almeno 59 capi abbattuti per macroareale, mentre nelle zone rosse infette i prelievi di sangue, oltre a un campione di milza, riguardano tutti i capi. Dalla ultima elaborazione dati sulla PSA nel cinghiale, risultano zone infette per il prossimo appuntamento venatorio (fra la fine del 2017 e le prime settimane del 2018) circa 9317 chilometri quadrati riguardanti 17 dei 32 macroareali in cui è suddiviso il territorio della Sardegna.
Se nella stagione 2000-2001 i cinghiali esaminati erano 361 (con 27 capi risultati positivi e nessuno virus positivo) nella stagione 2014-2015 si è passati a 11386 animali controllati (278 sieropositivi e 9 virus positivi), per arrivare al 2016-2017 con 15673 campioni raccolti di cui 237 sieropositivi e 39 virus positivi. Come spiegato da Sandro Rolesu, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) della Sardegna, incaricato di fare le analisi e di stilare i report, i dati raccolti sono incoraggianti, perché descrivono da un lato la collaborazione crescente con le compagnie di caccia e dall’altro una situazione sul piano virologico che si sta calmierando nel selvatico. Se infatti non si verificano casi fra i maiali domestici, magari ancora al pascolo brado illegale, i cinghiali tendono ad autoimmunizzarsi nei confronti del virus nel giro di un paio d’anni. Dalla stime, comunque passibili di errore, i cinghiali selvatici presenti in Sardegna dovrebbero essere intorno ai 90mila esemplari.
L’Agenzia agricola regionale Laore Sardegna si occupa, già dallo scorso anno, della formazione dei cacciatori referenti e dei sostituti per ogni compagnia. Per la stagione 2016-2017 sono stati formati 5mila cacciatori nell’ambito di un centinaio di corsi. La nuova normativa prevede, come ha ricordato nel suo intervento Daniela Sardo (Laore), che chi ha già fatto la formazione lo scorso anno non ha l’obbligo di rifarla, mentre chi non fosse riuscito a partecipare in passato può collegarsi sul sito dell’Agenzia e consultare i calendari delle prossime attività, che si chiuderanno il 31 ottobre 2017.
Sergio Masala dell’ATS (Azienda Tutela della Salute – ASL Unica) ha invece illustrato ai numerosi cacciatori presenti al convegno il quarto provvedimento emanato dall’UdP per la prossima stagione venatoria. È bene ricordare che la caccia al cinghiale è vietata su tutto il territorio regionale in forma non censita, consentendola solo ai cacciatori censiti e/o autorizzati. Tali cacciatori, comunque organizzati, individuano e comunicano, entro i termini previsti, ai Servizi veterinari competenti per territorio il nominativo del cacciatore referente e del suo sostituto che devono garantire il rispetto delle prescrizioni sanitarie e gestionali. Per le zone infette si deve chiedere entro il termine improrogabile del 30 luglio 2017 l’autorizzazione in deroga allo svolgimento della caccia al cinghiale. Per i macroareali non infetti è invece necessario inviare le comunicazioni entro e non oltre il 30 settembre 2017.

IZS SARDEGNA_Incontro con i bambini

L’obiettivo è quello di rendere “sicure” le fattorie didattiche, creando e sviluppando un sistema di certificazione sanitaria contro le zoonosi. Un percorso che passa attraverso l’elaborazione di un piano operativo per l’educazione sanitaria per chi lavora nelle fattorie didattiche e che, alla fine, consente di rilasciare una certificazione a garanzia della sicurezza sanitaria delle aziende.  È quanto prevede il protocollo di intesa, siglato ad aprile dello scorso anno, tra Izs Sardegna, Laore Sardegna e Asl di Sassari e che da giugno, con una serie di corsi formativi mirati, ha permesso l’avvio di una serie di incontri con gli operatori delle fattorie didattiche della provincia di Sassari.

Le prime dieci a indirizzo zootecnico – ma è ancora possibile aderire al programma – sono entrate a far parte di un progetto pilota che avrà la durata di 24 mesi, teso all’adeguamento delle procedure di sicurezza per i visitatori dei percorsi didattici che sono, in prevalenza, bambini delle scuole dell’infanzia e delle primarie.

Questo mese partirà il programma di monitoraggio sulle fattorie aderenti, alle quali saranno inviate una tabella riepilogativa delle zoonosi, alcune schede analitiche e la check list per le procedure di monitoraggio in autocontrollo. Saranno pianificate, inoltre, visite aziendali preliminari e organizzati incontri con gli esperti dell’Izs, Laore e Asl.

«È noto – spiega Giuseppe Satta, referente del progetto per l’Izs Sardegna assieme a Giovanna Masala e Nicoletta Ponti – che gli animali domestici e da allevamento, compresi cani e gatti, sono portatori di zoonosi, cioè di malattie animali potenzialmente trasmissibili all’uomo. Semplici e schematiche operazioni di sicurezza, come l’applicazione di procedure, il costante controllo visivo, utilizzo di dispositivi antiparassitari e le opportune vaccinazioni sono l’efficace strumento per evitare spiacevoli conseguenze ai piccoli visitatori.»

Tra le malattie trasmissibili gli esperti accendono i riflettori su bartonellosi, brucellosi, dermanissosi, dermatofizie o tigne, echinococcosi cistica, Febbre Q, leishmaniosi, leptospirosi, rickettsiosi, rogna del coniglio, toxoplasmosi e tubercolosi.

Si tratta di migliorare le prassi igienico sanitarie e la qualificazione, anche attraverso una apposita cartellonistica dei percorsi didattici ad indirizzo zootecnico. I tre enti che conducono il programma condurranno controlli e monitoreranno le aziende così che, al termine del progetto, le fattorie didattiche partecipanti avranno una certificazione che attesta l’applicazione delle corrette pratiche di prevenzione.

«L’obiettivo – aggiunge Andrea Cerimele dell’agenzia Laore Sardegna – è quello di migliorare la qualità delle aziende all’interno delle quali si svolgono le attività didattiche. Si potrebbe creare, inoltre, un modello da poter replicare anche in altre realtà della nostra isola». L’agenzia Laore Sardegna vede impegnati nel progetto un team di sei esperti (Elisabetta Pace, Fabrizio Tidu, Giovanni Bruno Martinez, Marilena Frassetto, Michele Moretti e Pina Graziella Puggioni).

In Sardegna sono 160 le fattorie didattiche censite. Il numero maggiore lo si trova nella provincia di Nuoro (39), seguita a ruota da Sassari (29) quindi Oristano (24), poi ancora Cagliari (16), Carbonia Iglesias (14), Ogliastra e Medio Campidano (13). Chiude il territorio di Olbia Tempio con 12.

Ecco allora che il rispetto di semplici regole dettate dal buon senso e la fruibilità di diverse istruzioni operative saranno il valore aggiunto aziendale di ogni visita, al passo coi tempi per quanto riguarda i continui allarmi di ordine igienico-sanitario sugli animali, spesso male interpretati dai consumatori. Gli ospiti delle fattorie didattiche, indipendentemente dalla fascia di età, sono consumatori, e in loro deve crescere la consapevolezza di trovarsi in ambienti sicuri, nel pieno rispetto del benessere umano e animale.

A dare questa garanzia c’è anche l’importante attività svolta dalla Asl di Sassari che, con i suoi veterinari, dà un supporto tecnico completo che va dalle visite agli animali ai prelievi, alle diagnosi e alla emissione della regolare certificazione sanitaria. «Un ruolo che abbiamo accettato ben volentieri – afferma Sergio Masala, responsabile del progetto per la Asl di Sassari – perché consente di far parte di un percorso volto a rendere più sicuro il sistema».