24 November, 2024
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Per il prossimo Natale, vedremo un fenomeno a cui siamo abituati da anni e che può essere utile per spiegare cosa sta succedendo. In questi giorni può capitare, al momento di pagare, che alla cassa ci propongano di acquistare dei gadgets, o di fare un’offerta, a favore di un ricco ospedale, che diventerà un beneficio per i malati.
Premettiamo che un’offerta per la Sanità è un gesto altamente meritorio a cui tutti dovremmo partecipare. Questo meccanismo di raccolta fondi è anche utile per capire un fenomeno più generale diffuso in tutta Italia, soprattutto al Nord. Ci si chieda: chi ha pensato di raccogliere fondi per i malati? Forse i medici e gli infermieri? E’ poco probabile. E’ molto più probabile che l’idea provenga da un ufficio di contabilità ospedaliera. A cosa servono quei soldi? Servono senza dubbio a creare un “fondo integrativo “ per migliorare le cure del malato.
Bisogna tener presente che l’ospedale è già finanziato dal Fondo sanitario pubblico, ma il finanziamento pubblico non gli basta e raccoglie, privatamente, altri fondi. Secondo le norme i “fondi pubblici” dovrebbero essere “equamente” spartiti fra le Regioni, e assicurare “uguaglianza“ di trattamento a tutti gli italiani. La Costituzione, infatti, dispone l’“universalità“ delle cure. Ciò premesso, come vanno inquadrate quelle offerte natalizie? Si tratta di fondi extra che “integrano” il fondo pubblico, e che vengo definiti, per legge, “fondi integrativi”. Quei fondi verranno utilizzati dall’ospedale beneficiario in modo autonomo e indipendente dal controllo dello Stato, perché sono suoi, e lo Stato non interferisce nella libertà del loro utilizzo. Chi raccoglie fondi più ricchi conquista grande autonomia e grande potere di controllo sulla qualità e sulla scelta delle cure che erogherà. La differente entità di fondi integrativi esistente fra ospedale e ospedale, e fra Regione e Regione, può essere enorme; questo determinerà la differenza nella qualità di vita delle distinte popolazioni. Ciò avrà influenza sul criterio costituzionale di “uguaglianza”.
La rivoluzione dei principi di “equità”, di “uguaglianza” e di “universalità” introdotta da Tina Anselmi nella Costituzione, e da lei stessa concretizzata nella Legge 833/78, fu un’idea geniale ma venne depotenziata dal ministro Francesco De Lorenzo nel 1992 e poi dal ministro Rosy Bindi con la legge 299/1999; in quest’ultima vennero definitivamente riconosciuti i ”fondi integrativi” per finanziare gli ospedali.
Nel 2001 l’esistenza dei “fondi integrativi” ebbe un ulteriore supporto dalle modifiche portate al Titolo V della Costituzione. Gli emendamenti alla Costituzione hanno avuto conseguenze evidenti la Sanità nelle regioni ricche del Nord è una grande sanità. La Sanità nelle regioni povere è una povera Sanità. Non ci volle molto a capire che l’effetto dei fondi integrativi avrebbe differenziato gli italiani e da questa lezione prese piede l’idea nel ministro Roberto Calderoli di estendere quel metodo a tutti i servizi pubblici, e cioè, oltre alla Sanità, all’Istruzione, ai Trasporti, e a tutti i Servizi pubblici attinenti alla qualità della vita nazionale. Si tratta quei Servizi che tengono coeso un popolo. Il rischio, con la legge integrale di Roberto Calderoli, è quello di intaccare i quattro principi fondamentali della Costituzione: la Solidarietà, l’Uguaglianza, la Sovranità Popolare, i Diritti Inviolabili (articoli 1, 2, 3, 32, etc.).
Il difetto di Solidarietà e Uguaglianza si sta già vedendo nel sistema sanitario Sardo. E’ noto a tutti che, data la crisi profonda dell’assistenza sanitaria in Sardegna, molti sardi affetti da tumori, per curarsi, migrano verso le regioni più ricche del Nord Italia. Chi ha questa esperienza scopre che, secondo la Regione in cui vai, ogni malattia ha un costo diverso. Il prezzo da pagare è il DRG (Diagnosis Related Group) che permette di classificare tutti i malati dimessi da un ospedale in gruppi omogenei in base alle risorse. Ora, prendiamo il caso di una ipotetica paziente con cancro alla mammella che viene operata in un ospedale sardo. Il DRG per cancro di mammella operato in Sardegna viene pagato all’ospedale 4.500 euro circa. Se la stessa paziente venisse operata in un ospedale del Nord, il DRG per lo stesso intervento varrebbe circa 7.000 euro. Quindi l’ospedale guadagna di più e può offrire cure migliori. Chi paga l’aumento del costo, in questo caso, se il malato è sardo? Paga la Regione Sardegna. La differenza del costo dell’intervento per i malati di quella regione del Nord, viene pagato dai “fondi integrativi” della stessa regione. Tali fondi sono stati formati con un metodo paragonabile alle donazioni che facciamo nel corso degli acquisti di Natale. Si tratta cioè di fondi extra, indipendenti dal Fondo Sanitario Nazionale, che possono essere accumulati massimamente nelle regioni più ricche, sia attraverso donazioni sia attraverso una raccolta fiscale supplementare attuata dalla stessa regione.

I “fondi integrativi” di dette regioni possono essere scaricati dal conto che le stesse regioni devono allo Stato per finanziare la Solidarietà nazionale. Di fatto, quindi, tali regioni possono contribuire di meno alla formazione del Fondo sanitario Nazionale. Ne consegue che le regioni più povere possono attingere in misura minore e possono erogare una sanità di livello inferiore.
Questo meccanismo, secondo la legge sull’“autonomia differenziata” di Roberto Calderoli, dovrebbe essere esteso a tutti i Servizi pubblici, dalla Sanità ai Trasporti, dall’Istruzione e Università alla Viabilità e all’edilizia pubblica, etc.. Se passasse integralmente quella legge creerebbe una distanza incolmabile sulla qualità di vita tra i cittadini delle regioni del Nord e quelli del Sud. Lo stesso Sergio Mattarella ha messo in guardia sul pericolo che si corre nell’intaccare i diritti inviolabili della Costituzione; fatto che ci esporrebbe alla disgregazione nazionale. Verrebbero intaccati non solo i LEA (livelli essenziali di assistenza), ma anche i LEP (livelli essenziali di prestazioni); in sostanza ne soffrirebbero tutti i servizi pubblici.
Oggi la Consulta ha dato il suo parere sulla legge e sostiene che essa è costituzionale (art. 116) ma illegittima in alcune parti decisive. I Giudici, infatti, richiamano al rispetto della Costituzione e sottolineano che la forma dello Stato, insieme al ruolo fondamentale delle Regioni, riconosce i principi della Unità della Repubblica, della Solidarietà tra le Regioni, dell’Eguaglianza, della garanzie dei Diritti dei Cittadini e dell’equilibrio di bilancio. Testualmente sentenzia: «La distribuzione della funzione legislativa e amministrativa tra i diversi livelli territoriali di governo (Comuni, Province, Regioni) non deve corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma deve avvenire in funzione del bene comune della società e di tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni fra Stato e Regioni. In questo quadro l’Autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici e ad assicurare maggior responsabilità politica, rispondendo meglio alle attese e ai bisogni dei cittadini».
La sentenza richiama al rispetto dell’articolo 116 della Costituzione e all’osservanza dei principi fondamentali della Costituzione tutta. Principi che il proponente ignorava.
Le quattro regioni che hanno ricorso, per adesso, ci hanno salvati da un disastro.

Mario Marroccu

Stamane l’Amministrazione comunale di Carbonia, alla presenza di autorità civili, religiose, militari e della cittadinanza, ha celebrato la giornata del 4 novembre, Festa dell’Unità nazionale e delle forze armate, deponendo una corona d’alloro in prossimità del Monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza Rinascita a Carbonia, in piazza Chiesa a Bacu Abis e ai piedi della lapide ai caduti di Serbariu. Il sindaco Pietro Morittu, nel suo discorso pubblico, ha dichiarato che oggi «siamo qui per la Commemorazione della giornata dei Caduti di tutte le Guerre, la giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Forze Armate che, con grande spirito di sacrificio e abnegazione, profondono quotidianamente il loro impegno, mettendo spesso a repentaglio la propria vita per garantire la sicurezza, l’incolumità delle persone e per affermare il valore della Pace. Forze Armate che difendono con dedizione le istituzioni dello Stato democratico. Siamo qui per non dimenticare il sacrificio di tanti soldati.
Nella ricorrenza del 4 novembre rendiamo omaggio a tutti quegli italiani, uomini e donne, che si sono immolati, perdendo la vita per la Patria, per la libertà, con l’obiettivo di costruire un futuro di pace duratura. Un futuro di pace che, purtroppo, come ci raccontano le cronache attuali, è ben lungi dall’essere raggiunto, anche perché recentemente si sono aperti nuovi e preoccupanti fronti di guerra. In questa giornata del 4 novembre diamo seguito a un percorso che lo scorso anno, esattamente il 6 ottobre 2023, ha visto il Consiglio comunale di Carbonia conferire la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto e realizzare una targa in suo onore. Un’onorificenza che viene riconosciuta a coloro che hanno sacrificato la propria vita durante i conflitti armati e, nella grande maggioranza, sono rimasti anonimi in una tumulazione comune. Il Milite ignoto rappresenta un vero emblema storico nonché un monito per le nuove generazioni a non ripetere i drammatici errori della storia passata. La storia ci insegna, da sempre, che le guerre non producono vincitori, ma solo sconfitti. La guerra è una sconfitta per l’umanità. La guerra, per definizione, è il fallimento della pace. Noi tutti dobbiamo essere custodi e operatori di Pace, come ci insegnano due fari, due giganti assoluti come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Francesco. Ricordiamo e facciamo appello tutti noi al monito lanciato da papa Francesco per addivenire a una “Offensiva per la Pace” e, ancora al nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per far sì che il “Grido della Pace” si diffonda con sempre nuova forza, per costruire ponti di solidarietà e dialogo. Nella ferma consapevolezza che, come sostiene il nostro presidente Mattarella, che la pace si costruisce ogni giorno: si costruisce anzitutto a partire dalla vita di tutti in giorni, dall’incontro con chi ci è vicino, anche se chi ci è vicino in quel momento è uno sconosciuto, che incontra per caso la nostra strada», ha concluso il sindaco Pietro Morittu.
       

C’è anche un sardo, Alessandro Serafini, studente diplomato nello scorso anno scolastico all’Istituto Minerario Asproni-Fermi di Iglesias, tra i 25 Alfieri del Lavoro (10 donne e 15 uomini) che verranno premiati domani, 30 ottobre, al Quirinale, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 22 hanno conseguito un diploma liceale e 3 un diploma tecnico. Le medie dei venticinque Alfieri del Lavoro del 2024 vanno da 9,81 a 10; 24 hanno ottenuto la lode all’esame di Stato.

In occasione del conferimento dell’onorificenza in Quirinale ai neo Cavalieri del Lavoro, vengono premiati anche gli ‘Alfieri del Lavoro’, i più bravi studenti d’Italia. Istituito nel 1961 in coincidenza del centenario dell’Unità d’Italia, il Premio ‘Alfieri del Lavoro’ è promosso dalla Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro ed è destinato ogni anno a 25 studenti che abbiano terminato la scuola secondaria superiore con il massimo dei voti. Il numero dei premiati è legato a quello dei Cavalieri del Lavoro, a rimarcare la continuità dell’impegno nello studio e nella vita. Agli Alfieri del Lavoro va l’attestato d’onore e la Medaglia del Presidente della Repubblica.

Nato a Carbonia il 1° maggio 2005, Alessandro Serafini risiede a Bacu Abis. Ha conseguito il diploma di tecnico in Informatica con lode all’Istituto di Istruzione Superiore Minerario “Asproni-Fermi” di Iglesias, con la media nel quadriennio di 9,96 e frequenta il primo anno del corso di Laurea in Informatica all’Università degli Studi di Cagliari. Verrà premiato insieme al Cavaliere del Lavoro Matteo Bruno Lunelli, Amministratore Delegato del Gruppo Lunelli, che riunisce alcuni dei marchi più rappresentativi dell’eccellenza del bere italiano.

I 25 Alfieri del Lavoro sono stati scelti tra i 3.404 studenti segnalati dagli istituti di tutta Italia, tra i quali sono stati 3.225 (1.999 donne e 1.226 uomini) quelli risultati in possessi dei requisiti richiesti: votazione minima di 9/10 al diploma di licenza media; almeno 8/10 di media per ciascuno dei primi quattro anni della scuola superiore; la votazione di 100/100 all’esame di Stato è stata successivamente verificata solo per i candidati della graduatoria finale.

Gli altri 24 Alfieri del Lavoro selezionati nel 2024 insigniti della Medaglia del Presidente della Repubblica sono: Giovanni Antonucci (Bari), Mauro Alberto Avigliano (Potenza), Alessandro Bastarelli (Fermo), Francesca Bianchessi (Milano), Gabriele Sebastiano Cristaudo (Catania), Luca De Masi (Lecce), Alessandro Vincenzo De Vita (Siena), Franco Della Negra (Udine), Domenico Di Cristofano (Chieti), Maria Di Mauro (Caserta), Daniele Maria Falciglia (Enna), Camilla Fezzi (Verona), Gabriele Garofalo (Cosenza), Elisa Ipektchi (Roma),  Giovanni Lo Schiavo (Salerno), Victoria Moranduzzo (Trento), Lorenzo Murace (Bologna), Alessio Neri (Livorno), Chiara Pirazzini (Ravenna), Francesca Carla Prato (Torino), Matteo Severgnini (Cremona), Isabella Solari (Alessandria), Simona Taddeo (Brindisi), Sofia Vari (Frosinone).

Foto: https://www.cavalieridellavoro.it/attivita/alfieri-del-lavoro-2024/#section-6

La crisi della Portovesme srl, precipitata dopo l’annuncio fatto dalla Glencore sulla prossima fermata della linea zinco, ha portato oggi la RSU a rivolgere un accorato appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con una lettera che riportiamo integralmente.

Ill.mo Presidente della Repubblica,
ci permettiamo di mandarLe questa lettera come rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori della Portovesme srl fabbrica operante nel Sulcis Iglesiente e San Gavino Monreale per trasferirLe la situazione drammatica che il nostro territorio sta vivendo.
L’azienda è produttore di zinco in Italia e, sino a qualche mese fa, del Piombo e di alcuni derivati preziosi come oro e argento, presso lo stabilimento di San Gavino Monreale.
Il giorno 5 settembre la multinazionale Glencore, nostra capogruppo, comunica la decisione di interrompere le produzioni di zinco nel sito di Portovesme, fatta accezione per un piccolo reparto che tratta fumi di acciaieria. L’interruzione delle produzioni con il conseguente abbandono del sito, denota drasticamente il disimpegno da parte della società, verso un territorio che ha ospitato la multinazionale per oltre 25 anni con tutto quello che implica una “industria pesante” in termini di sacrificio ambientale.
Il nostro è uno stabilimento che arriva da 3 anni di cassa integrazione a rotazione e occupa 1.200 unità tra diretti e indiretti. Dopo la chiusura della linea piombo, ci viene comunicato che nel giro di qualche mese, nella migliore delle ipotesi, ci sarà lavoro solo per 200 persone.
Ci permettiamo di coinvolgerLa in questa vertenza per nome e per conto dei 1.200 lavoratori, delle 1.200 famiglie che vivono questo dramma, perché crediamo nelle istituzioni, per quello che rappresentano e possono fare, non solo in termini di solidarietà verbale, ma attraverso un concreto sostegno e un mirato intervento.
Un anno fa 4 lavoratori furono costretti a salire sulla ciminiera dello stabilimento e rimasero a 100 metri per 4 giorni ininterrottamente in condizioni al limite dell’umano, nel tentativo di attirare l’attenzione nei confronti di un’altra importante vertenza. Un gesto estremo, disperato ma necessario per dare risalto ad una situazione estremamente grave.
Molti dei temi che quotidianamente ci troviamo a discutere nel nostro territorio, come la denatalità, lo spopolamento, l’abbandono scolastico, la microcriminalità, crediamo abbiano tutti una soluzione di continuità, una matrice comune nel LAVORO.
Questa vertenza cade proprio in concomitanza con la Sua visita a Cagliari per l’inaugurazione del nuovo anno scolastico; siamo di fronte ad una situazione in cui non solo si sta mettendo in discussione il diritto al lavoro, ma anche il diritto allo studio per i figli di quei lavoratori. Si sta mettendo in discussione la tenuta sociale del Sulcis Iglesiente.
Molto brevemente abbiamo provato a rappresentarLe il quadro di questa condizione per la quale avremo, se ci fosse la possibilità, il piacere e l’onore di incontrarLa per approfondirne le tematiche e le possibili risoluzioni, o se questo non fosse possibile, nutriamo la speranza che la voce di 1.200 famiglie non resti inascoltata; per queste ragioni confidiamo nella concreta speranza di un Suo autorevole impegno.
Nel ringraziarLa per l’attenzione che vorrà riservare a questo sincero e accorato appello,
Le porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Rsu Portovesme srl

Sono quattro i sindaci del Sulcis, accreditati dall’Anci, per sfilare in occasione della parata del 2 giugno a Roma. San Giovanni Suergiu, Masainas, Santadi e Domusnovas rappresenteranno il sud ovest sardo nei festeggiamenti della Repubblica Italiana alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella.

«Un grande onore portare simbolicamente le nostre fasce nella capitale – spiega la sindaca di San Giovanni Suergiu Elvira Usaiperché è come se portassimo con noi l’orgoglio e le speranze delle nostre comunità in un momento storico complicato. I comuni e i loro amministratori costituiscono l’ossatura democratica della Repubblica e a loro è affidato il ruolo più importante, quello di essere al servizio del cittadino anche nella periferia più lontana d’Italia.»

Si è svolta questa mattina nel reparto di Pediatria del CTO di Iglesias una semplice e commossa cerimonia di donazione di due poltrone letto e un cardiomonitor per la rilevazione della pressione arteriosa e della saturazione di neonati e bambini: attrezzature che serviranno a migliorare non solo l’assistenza ma anche l’accoglienza e il comfort del reparto. Tutto questo grazie all’associazione ‘Il sogno di Giulia Zedda’ per la prima volta nel Sulcis iglesiente, che insieme all’associazione ’Fantasia e cuore’ hanno voluto esaudire ancora una volta quello che era uno dei desideri della piccola Giulia, ossia quello di rendere meno gravosa la degenza ospedaliera dei bambini. Le numerose donazioni ai reparti pediatrici della Sardegna hanno infatti fatto nascere il progetto ‘Ci pensa Giulia’ portato avanti con tenacia e dedizione dai genitori, papà Alfio e mamma Eleonora che da poco è stata insignita del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica da parte del Presidente Sergio Mattarella.I progetti dell’associazione sono molteplici ma con un unico obiettivo: regalare un sorriso ai bambini meno fortunati. La donazione ha visto la collaborazione anche dell’Associazione “Fantasia e cuore” di Selargius che si occupa principalmente di organizzare spettacoli teatrali il cui ricavato va interamente in beneficenza.

«Questa donazione è solo la prima di una lunga serieha sottolineato Eleonora Galia, la mamma di Giulia nonché presidente dell’associazione -, abbiamo riempito i reparti pediatrici di giochi, attrezzature e colori perché questo era il desiderio di Giulia, vivere a colori.»

«E’ con profonda gratitudine che, come primo cittadino, accolgo questo bellissimo dono in nome di Giuliaha sottolineato il sindaco di Iglesias Mauro Usai -, il Reparto di Pediatria del CTO è un’eccellenza del Presidio, grazie agli operatori sicuramente ma anche alle Associazioni che ci supportano costantemente.»

«Le attrezzature che riceviamo oggi sono particolarmente graditeha concluso la direttrice generale dell’Asl Sulcis iglesiente Giuliana Campusun gesto che supporta la sanità pubblica in un momento così difficile. Gli ospedali sono luoghi di cura ma la qualità dell’assistenza deve sempre andare di pari passo con l’umanizzazione degli ambienti e la piena soddisfazione dei bisogni dell’individuo nella sua sfera psicofisica.»

 

Parlare di omofobia nel 2024 è ancora un qualcosa di complicato per via di vari punti di vista e delle definizioni che vengono date a questo fenomeno. Per alcuni è un problema marginale, per altri non esiste parlarne, per altri ancora si tratta di comportamenti schifosi. Il 18 gennaio 2006, a Strasburgo, il parlare sullo stesso piano del razzismo, della xenofobia, dell’antisemitismo e del sessismo. Tuttavia anche se ben descritto dal punto di vista della legge la società civile non risponde in modo concreto e corretto. Più della metà degli omosessuali denuncia atti di bullismo omofobico per lo più nelle scuole.

Finché si sentiranno frasi tipo «non ho nulla contro gli omosessuali, ma non tollero che si bacino in pubblico», saremo sempre tanto lontani dall’accettazione del fatto che l’amore non ha sesso. Secondo il report annuale di omofobia.org , gli episodi di omotransofobia denunciati in Italia tra aprile 2022 e marzo 2023 sono stati 115, e hanno colpito 65 vittime, distribuite in 62 località diverse. Nel nostro ordinamento non è prevista alcuna legge che tuteli l’omofobia. Nel 2023 in Italia, tra le vittime che hanno denunciato, 50 hanno subito aggressioni singole, 32 sono state vittime di aggressioni di gruppo o in coppia. Si sono registrati 2 omicidi, 4 suicidi, 1 tentato suicidio e 76 atti non aggressivi, ma comunque di grave rilevanza penale. I dati, ovviamente, non tengono conto di tutti quei casi che, per vergogna o per paura, non vengono denunciati. A queste forme si aggiunge poi la violenza domestica, specie a danno di ragazzi giovani che si trovano costretti ad abbandonare la famiglia perché questa non accetta la loro identità. Pertanto, appare lampante la necessità di emanare delle leggi che tutelino le persone che non chiedano altro se non di vivere serenamente la propria sessualità. Tanti ed eclatanti sono i fatti di cronaca che dovrebbero far riflettere sull’urgenza di legiferare in tale direzione..

Basti pensare a Cloe, l’insegnante trans che nel giugno del 2022 si è data fuoco nel camper in cui viveva, esasperata dall’odio e sfinita dalle vessazioni subite in continuazione. Ad ottobre 2022 Chiara che decise di togliersi la vita a soli 19 anni. Sempre ad ottobre del 2022 l’omicidio di Massimo, in Sicilia, adescato per un rapporto sessuale e poi ucciso barbaramente. A marzo 2023, a Modena, è accaduto anche ad Alessandro. I report raccontano gli episodi più atroci, ma tanti sono gli atti di bullismo omofobico che vengono perpetrati ogni giorno in un clima di intolleranza di matrice culturale. Lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dichiara: «Omofobia, biofobia e transfobia costituiscono un’insopportabile piaga sociale ancora presente a causa di inaccettabili discriminazioni e violenze, in alcune aree del mondo persino legittimate da norme che calpestano i diritti delle persone. E’ compito delle istituzioni elaborare strategie di prevenzione che educhino il rispetto della diversità e dell’altro, all’inclusione».

Alla luce di queste parole non bisognerebbe girarsi dall’altra parte ma affrontare come paese civile un semplice diritto alla libertà sessuale. Tanti gli articoli di giornale…

20/05/2022 Picchiato dallo zio a 16 anni perché gay, costole rotte e minacce.

21/05/2022 Laura discriminata perché transessuale “Lavoro negato”.

23/05/2022 Insulti omofobi sulla spiaggia di Recco.

23/05/2022 Scappata da un padre violento: «Ora posso essere me».

Giugno 2022 Lei e lei, affitto negato perché sono gay: «A casa mia voglio solo eterosessuali».

11/06/2022 Gay picchiata dal branco: «Nessuno mi aiutava».

E’ ora che si inverta la rotta e che il rispetto arrivi per tutti, a prescindere dalle loro “scelte sessuali”. E’ quello che chiedono in coro i ragazzi come Massimo Pibia, ad esempio, cittadino di Carbonia, stanco di leggere fatti di cronaca che parlano di omofobia. Non si chiede niente di trascendentale, semplicemente di poter vivere serenamente la propria sessualità. Ogni persona deve essere libera di esprimere la propria identità, senza temere discriminazioni. Tutti hanno diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza. Accettare e capire l’identità di ognuno permetterà di sopprimere molti ostacoli imposti dagli stereotipi di genere, nocivi per l’intera società. In questo modo, ogni persona sarà libera di realizzarsi pienamente, senza essere vittima di esclusione economica e sociale. Lottare per aver leggi attente, in modo che ogni persona possa accedere ai propri diritti senza discriminazioni. Perché come scrive Confucio: «Tra le persone veramente istruite non c’è discriminazione».

Nadia Pische

Oggi, sabato 4 novembre 2023, è stata una giornata densa di emozioni, valori e significati, snodatasi tra la città di Carbonia e il capoluogo della Sardegna, Cagliari, ove sono stati commemorati i caduti di tutte le guerre ed è stata celebrata la giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate. A Cagliari, il sindaco di Carbonia Pietro Morittu ha partecipato alla manifestazione che ha visto la Sardegna alla ribalta nazionale delle cronache per la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dalle più alte cariche politiche e militari, tra cui il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. Una cerimonia emozionante con la sfilata delle Forze Armate, gli inni musicali e la parata delle frecce tricolori. Un’occasione per rendere onore e merito alle Forze armate che, con grande spirito di sacrificio e abnegazione, profondono quotidianamente il loro impegno, mettendo spesso a repentaglio la propria vita per garantire la sicurezza, l’incolumità delle persone e per affermare il valore della Pace.
Nella città di Carbonia, il vicesindaco Michele Stivaletta, accompagnato dal presidente del Consiglio Federico Fantinel e dal Comandante della Polizia locale Andrea Usai – ha reso omaggio, insieme ai partecipanti alla celebrazione odierna, a tutti quegli italiani, uomini e donne, che si sono immolati, perdendo la vita per la Patria, per la libertà, con l’obiettivo di costruire un futuro di pace duratura. Un futuro di pace che purtroppo, stando anche alle cronache attuali, è ancora lontano da raggiungere, basti pensare alla recrudescenza della guerra israelo-palestinese e del conflitto russo-ucraino, di cui ogni giorno leggiamo il triste bollettino dei caduti, tra cui tanti civili, donne e bambini.
In piazza Rinascita, ai piedi della lapide ai Caduti di Serbariu e ai piedi del Monumento ai caduti di piazza Chiesa a Bacu Abis, è stata deposta una corona d’alloro per ricordare i caduti di tutte le guerre e coloro che hanno indossato con orgoglio e coraggio le divise delle Forze Armate.

Ampia partecipazione stamane in piazza Roma, a Carbonia, per le celebrazioni del 25 aprile, 78° anniversario della Liberazione dal nazifascismo (1945-2023).
Alla cerimonia, organizzata dall’assessorato agli Affari Generali nella persona di Katia Puddu e dal comandante della Polizia locale Andrea Usai, hanno preso parte tanti nostri concittadini, le autorità civili, militari, religiose, i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’Arma con i labari e il gonfalone della città di Carbonia.
Grande emozione al momento dell’inno nazionale, mirabilmente suonato dalla Banda Vincenzo Bellini di Carbonia. A seguire, la deposizione della corona d’alloro presso la targa dedicata ai caduti della Liberazione d’Italia, da parte del Corpo infermiere volontarie “crocerossine”.
Nel corso della mattinata, si sono tenute le allocuzioni di Riccardo Pietro Cardia (presidente della Sezione ANPI Carbonia), di Mauro Pistis (componente del direttivo regionale FIAP con competenza nel Sulcis Iglesiente).
Per l’Amministrazione comunale sono intervenuti il presidente del Consiglio comunale Federico Fantinel con un toccante e accorato discorso in cui ha messo in luce i valori trasmessi dall’esperienza del 25 aprile, che costituiscono i pilastri alla base della sua educazione familiare e del suo impegno politico-amministrativo, il sindaco Pietro Morittu, che nella sua oratoria ha citato Papa Francesco, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella,  il già presidente della Repubblica nonché partigiano Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Il sindaco ha rilanciato un appello per la pace e per la fine del conflitto russo-ucraino.

 

Nella giornata dedicata al ricordo della tragedia delle foibe e degli esodati dalmati, fiumani e istriani, giovedì 10 febbraio il comune di Carbonia ha commemorato le oltre 300mila persone che tra il 1943 e il 1947 furono inghiottite nelle voragini carsiche per mano dei miliziani di Tito.

Il vicesindaco Michele Stivaletta e l’assessora della Cultura Giorgia Meli, in rappresentanza di tutta l’Amministrazione comunale, hanno voluto rendere un omaggio simbolico alle vittime deponendo dei fiori ai piedi della lapide nella piazza cittadina a loro dedicata, tra via Sanzio e via Santa Caterina.

«Nel rispetto delle normative vigenti, non è stato possibile organizzare una cerimonia pubblica con il coinvolgimento di tutta la cittadinanza, ma vorremmo tuttavia che questa nostra doverosa iniziativa di oggi portasse un messaggio ben preciso contro ogni discriminazione e disuguaglianza», ha commentato l’assessora della Cultura Giorgia Meli.

«Abbiamo organizzato questa manifestazione simbolicaha spiegato il vicesindaco Michele Stivaletta per contestare ogni azione di intolleranza, un tema per noi ancora drammaticamente attuale. Quello di oggi è un gesto semplice, ma che esprime profondo rispetto per la dignità umana, sincera vicinanza a chi ha visto calpestare i propri diritti, è stato perseguitato e torturato fino a perdere la vita per i suoi valori e per la provenienza geografica.»

I fiori ai piedi della lapide cittadina che racconta di una “sciagura nazionale”, così come è stata definita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è «un segnale alle generazioni presenti e future perché certi episodi vergognosamente taciuti nel corso della storia non accadano più», ha concluso il vicesindaco Michele Stivaletta.