19 November, 2024
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Li avevano dati per spacciati più volte considerandoli artigiani in via d’estinzione ma loro hanno resistito, studiato, adeguato l’offerta e sono diventati 4.0. Per questo i 92 calzolai sardi sono ancora sul mercato per crescere e competere con “l’usa e getta”.

In Sardegna queste imprese artigiane si occupano della riparazione delle calzature e di tante altre attività legate alla personalizzazione, riparazione, creazione, lavaggio, sanificazione e “manutenzione” di scarpe, valigie e piccoli capi in pelle.

Anche i numeri danno conforto alla categoria: ogni anno, in media, una famiglia sarda spende 370 euro per riparazioni e manutenzione di questi beni.

Sono questi i dati che emergono all’analisi dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte InfoCamere 2018, delle imprese registrate come “Aziende artigiane di riparazione calzature”. Dallo studio emerge come siano 4.141 le realtà a livello nazionale, con la Lombardia capofila con 808 attività, seguita dal Lazio con 467 e dal Veneto con 348.

Nell’Isola l’attività di calzoleria, negli ultimi anni sta registrandouna lieve ripresa, dopo che nei primi anni Duemila sembrava destinata al declino: un ritorno in auge, quindi, aiutato anche dall’ingresso di giovani leve che con entusiasmo hanno deciso di intraprendere questo antico mestiere artigiano.

«Il mestiere del “lustrascarpe” non è pronto per finire in un museo dell’artigianato o per restare ancorato al neorealismo cinematografico degli anni ’50 – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – se gli sciucià sono un ricordo che si perde nel tempo, il calzolaio vive una seconda giovinezza, fatta di formazione professionale, innovazione imprenditoriale e riscoperta del mercato della riparazione.»

«La crisi ha spinto i consumi verso la riparazione, il recupero e la manutenzione, con benefici notevoli anche per l’ambiente, oltre che per le tasche dei sardi – sottolinea Stefano Mameli, segretario regionale di Confartigianato Sardegna – “riparare è meglio che comprare” sembra essere il moto degli ultimi anni. A beneficiarne, per fortuna, sono le migliaia di imprese artigiane attive nel settore, che hanno visto crescere il fatturato e i guadagni”.

Per restare in sella serve un mix di continua specializzazione e conoscenze informatiche, indispensabili per riuscire a “vendersi” a un pubblico più ampio. Per i calzolai del nuovo millennio, il boom delle snakers (le scarpe da ginnastica per il tempo libero), l’“usa e getta”, la mancanza di remunerazione, problemi denunciati da tanti operatori, per coloro che si sono reinventati, vive una “seconda giovinezza” sono diventati punti di forza del rilancio del mestiere.

«La nostra professione è cambiata – sottolinea il veneto Paride Geroli, presidente nazionale di “Calzolai 2.0” di Confartigianato – per questo è importante non restare chiusi nel proprio negozio, ma aprirsi alle nuove sfide che la società ci chiede. E’ necessario perseguire con determinazione la rappresentanza, la salvaguardia, la valorizzazione, la crescita e la promozione intensiva verso il pubblico del mestiere del calzolaio e della produzione delle scarpe su misura, anche tramite fiere e mercati nazionali e internazionali, ma soprattutto con la formazione. Per aggirare le barriere dell’estinzione legata evidentemente alla mentalità “usa e getta” – aggiunge Paride Geroli – dal 2013, abbiamo creato “Calzolai 2.0”, che aggrega 430 calzolai di tutta Italia, anche della Sardegna, che lavorano insieme per dare dignità e far crescere il mestiere.»

Oggi i professionisti del tacco e della suola, si ritrovano a fare dei lavori completamente diversi rispetto al passato in cui ci si concentrava principalmente su mezze suole e sopratacchi. Negli ultimi anni, le richieste maggiori dei clienti hanno a che fare con il cambio dei fondi esterni che stanno sotto le scarpe (oggi perfettamente sostituibili grazie alle apposite presse in commercio se si è aggiornati per applicarle correttamente), tinture e puliture, sostituzione di cerniere su capi in pelle, sino alla riparazione di valigie. Per non parlare del fiorente mercato della personalizzazione: dalle suole colorate alle borchie la cui applicazione, sempre più, viene richiesta su scarpe nuove appena acquistate, sino alla messa a modello di calzature.

«Una fetta importante del nostro lavoro riguarda anche la calzatura su misura – continua il presidente di Calzolai 2.0 – con quella classica da uomo e donna che necessitano di competenze che solo una parte di noi hanno, ma modelli premontati (dalle clarks ai sandali gioiello passando per le ballerine) che possiamo facilmente personalizzare. Molti di noi stanno aggredendo il mercato anche grazie all’aiuto della tecnologia, attraverso l’uso del Foot-scanner che ci aiuta a realizzare scarpe su misura in modo più semplice e veloce e per qualunque parte del mondo. In poche parole si tratta di una nuova strumentazione che permette di realizzare calzature tecnologicamente personalizzate oltre che velocizzare e semplificare molte delle fasi necessarie alla loro realizzazione:»

Anche in Sardegna, Confartigianato crede nel settore e nei prossimi mesi promuoverà gli eventi di “formazione continua applicata” in materia di manutenzione, incollaggi, tinture, sanificazione e nuove tecnologie.

Nel frattempo, a livello nazionale, l’Associazione lavora con le Istituzioni e con la Scuola per creare percorsi formativi adatti alla preparazione del mestiere, come accade in altri Paesi europei dove per diventare calzolai è necessario un diploma specifico.

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”.

Quasi un quinto delle imprese artigiane della Sardegna è coinvolto, direttamente o con l’indotto, nel mercato turistico regionale.

Sono ben 6.638 le piccole e medie realtà che si occupano di attività legate alle vacanze e allo svago. Dall’agroalimentare ai servizi turistici, dalla cura della persona alle attività ricreative, culturali e dell’intrattenimento, dai bar, caffè e pasticcerie alla somministrazione di alimenti e bevande, per arrivare ai trasporti, gestione di strutture ricettive e sportive ma anche produzione e vendita di monili, artigianato artistico, abbigliamento e calzature.

Grazie al trend positivo del turismo registrato anche quest’anno, per le realtà produttive cresce la domanda di beni e servizi generata dai 3 milioni di arrivi e 14 milioni di presenze. Infatti, rispetto agli anni passati, la percentuale delle aziende che lavora con le vacanze è cresciuta dal 17,1% del 2013, passando al 18,4% del 2015, per arrivare al 18,8% di quest’anno. La percentuale rilevata nella nostra regione supera del 2,9% la media nazionale del 15,9%.

Lo rileva l’elaborazione dell’Osservatorio di Confartigianato Sardegna per le MPI (fonte UnionCamere-InfoCamere 2018), sull’artigianato interessato dalle attività turistiche nell’isola, che sottolinea anche come queste rappresentino il 18,8% del totale delle imprese artigiane registrate negli albi.

A livello nazionale, la Sardegna occupa la sesta posizione dopo la Sicilia con il 22,2% e la Campania con il 21,2% seguite dalla Toscana con il 19,7%, Marche e Calabria con il 19,1%.

Tra le vecchie province della Sardegna, in testa quella di Cagliari con 2.656 imprese (interessato il 19,8% del totale delle imprese artigiane), segue Sassari 2.296 aziende (18,3%), poi Nuoro con 1.243 attività artigiane (19,4%) e, infine, Oristano con 443 (15,5%).

La nota negativa da registrare, secondo i dati Eurostat 2016, è data dal fatto che la nostra regione, con più di 14milioni di presenze, non sia nella Top 40 delle regioni europee con più presenze. In testa alla speciale classifica si trovano le Canarie con 102 milioni di presenze, seguite dalla Catalogna. In mezzo le italiane Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Bolzano e Trento. Al 40° posto, la regione francese di PoitouCharentes con oltre 15 milioni di presenze.

«In ogni caso i numeri continuano a dimostrare come artigianato e turismo siano molto più che complementari – affermano Antonio Matzutzi e Stefano Mameli, presidente e segretario regionale di Confartigianato Imprese Sardegna – e come questi due elementi, fondamentali per la nostra economia, debbano essere promossi e venduti insieme”. “Stare al quinto posto nazionale non è più sufficiente – continuano presidente e segretario – è necessario entrare nei primi tre posti in Italia. Ciò lo si può fare continuando a investire e a fare promozione e, soprattutto, credendoci.»

«Dal 2014 a oggi, la crescita dei flussi in arrivo, seppur lenta, è stata costante – sottolineano Matzutzi e Mameli – così come quella della disponibilità economica dei nuclei famigliari. E’ questo il momento per intensificare gli sforzi e incrementare la competitività della nostra offerta turistica e valorizzare le eccellenze del Made in Sardegna, quelle che hanno reso famosa la nostra isola nel mondo. E’ necessario, dunque, impegnarci a lavorare ancora più duramente per riguadagnare posizioni sul fronte dell’attrattività, dell’artigianato, dell’ambiente e della cultura, che rappresentano i motori della nostra economia.»

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Al cioccolato o alla panna, alla frutta o con ingredienti più ricercati, sempre più legati alle produzioni tipiche sarde, semplice o elaborato. Al gelato, anche in tempo di crisi, in Sardegna, non ci rinuncia quasi nessuno.

Dalla classifica più “dolce” dell’anno, tratta dal dossier “Gelaterie: le imprese artigiane e la spese delle famiglie per i gelati”, realizzata dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte ISTAT 2017, si scopre come nella nostra regione le gelaterie artigianali siano ben 291, su un totale di 414, impiegano circa 700 persone (quasi 1.000 addetti in totale), con una media di 1 impresa ogni 3.800 abitanti, per un giro d’affari di oltre 41milioni 800 mila euro.

«Ai piccoli piaceri della vita, non si rinuncia, neppure in tempo di crisi – afferma il segretario di Confartigianato Imprese Sardegna, Stefano Mameli – anzi, a fronte dell’austerità alla quale si è costretti, statistiche alla mano, si indulge più spesso ai propri capricci

Analizzando meglio i dati nazionali e regionali, scopriamo come la nostra regione sia al 14esimo posto come percentuale di aziende artigiane (70,3%) contro l’86,7% del Trentino, che occupa il primo posto, e una media nazionale 71,5%. Quanto al giro d’affari, i dati dicono come la spesa della Lombardia superi i 344 milioni di euro mentre in Italia si sfonda la quota di 1miliardo e 800 milioni.

Tra i consumatori in Sardegna, secondo il dossier di Confartigianato Sardegna, le famiglie sarde spendono, in media, 58 euro per coni, sorbetti e coppette.

«Da qualche anno registriamo un aumento costante delle gelaterie artigiane e non – aggiunge Stefano Mameli – a conferma di come i sardi continuino a preferire la qualità e la genuinità del prodotto delle nostre imprese e che non esiste limite alla fantasia dei gelatieri artigiani che sono riusciti a inventare centinaia di gusti. Quindi, non si rinuncia alla qualità e genuinità dei prodotti realizzati con materie prime, rigorosamente fresche, senza conservanti e additivi artificiali, e lavorati secondo le tecniche tradizionali. Inoltre, i gelatieri artigiani sono sempre più attenti a soddisfare particolari esigenze dietetiche o legate a intolleranze alimentari della clientela.»

Tra le province, Cagliari-Sud Sardegna ha un giro d’affari di quasi 20 milioni di euro da suddividere in 145 imprese gelatiere. Segue Sassari con quasi 13 milioni, poi Nuoro con 5,3 e Oristano con 3.9.

Anche in questo 2018, nelle gelaterie stravincono i sapori decisamente classici, a fronte dei 600 a disposizione: primeggiano “fragola”, “cioccolato” seguiti da “nocciola”, “limone”, “crema”, “pistacchio” e “stracciatella” anche se non perdono colpi neanche i sempreverdi “tropicana”, “limoncello”, “tè verde”, “arcobaleno” o addirittura “loacker”. Per chi ha problemi di dieta (uno su dieci), ecco il gelato alla soia. Nella nostra isola, invece, crescono anche i gusti sardi come “sebadas”, “mirto” e “pardula” o persino i gusti al formaggio.

Il gelato artigianale rappresenta insomma uno dei simboli del food made in Italy la cui produzione merita di essere sostenuta e valorizzata.

E proprio per tutelare e promuovere la lavorazione rigorosamente artigianale del gelato e garantire la genuinità di un prodotto simbolo della cultura alimentare italiana nel mondo, i gelatieri di Confartiganato sottolineano la necessità di un’adeguata qualificazione professionale per gli operatori del settore.

L’Associazione ribadisce come le produzioni di generi alimentari debbano essere realizzate in piena conformità alle norme di igiene, sicurezza e qualità degli alimenti in funzione della tutela del consumatore ed è, pertanto, assolutamente necessario garantire una professionalità adeguata ed un piena conoscenza delle complesse tecniche produttive e delle metodologie di autocontrollo del ciclo di produzione.

«A tutti i clienti, ricordiamo che – conclude Mameli – proprio per tutelare e promuovere la lavorazione rigorosamente artigianale del gelato e garantire la genuinità di un prodotto simbolo della cultura alimentare italiana nel mondo, Confartigianato gelatieri ha creato Artigelato, il marchio di garanzia che certifica l’adozione, da parte degli artigiani gelatieri, di un disciplinare di produzione che prevede l’impiego prevalente di materie prime naturali, fresche, selezionate direttamente presso il produttore

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Un settore in forte espansione, un’attività sulla quale hanno deciso di scommettere molti giovani imprenditori sardi. Da alcuni anni la produzione di birra artigianale in Sardegna è in continua crescita: nel 2012 si contavano nell’Isola 13 birrifici, oggi sono oltre 30 con un incremento del 130% e un fatturato di oltre 10 milioni di euro. Un fenomeno sul quale rivolge ora l’attenzione anche il Consiglio regionale della Sardegna. La Commissione “Attività produttive” ha iniziato l’esame di due diverse proposte di legge presentate dai Riformatori sardi (primo firmatario Luigi Crisponi) e dal Partito democratico (primo firmatario Luigi Lotto) con l’obiettivo di arrivare in tempi rapidi ad un testo condiviso.

Su queste due proposte di legge, il parlamentino presieduto da Luigi Lotto ha sentito in audizione i rappresentanti delle associazioni di categoria agricole e artigianali, i produttori, i vertici dell’Agenzia Laore e i ricercatori della società Porto Conte Ricerche.

Dalle associazioni di categoria, che hanno espresso un unanime apprezzamento per l’iniziativa assunta dalla Commissione, sono arrivati anche alcuni suggerimenti e proposte di integrazione del testo normativo.

Secondo Maria Antonietta Dessì della Cna, il settore mostra grande vivacità e per questo va sostenuto stando attenti a non introdurre nuovi vincoli e costi per le aziende. «Si deve tener conto che in Sardegna la birra viene prodotta quasi interamente con materie prime importate bisogna quindi tener conto della situazione attuale senza penalizzare i produttori e, allo stesso tempo, lavorare a lungo termine sulla filiera».

Per Giovanni Sio di Confagricoltura: «La produzione di birra artigianale è in grande espansione e per questo merita una regolamentazione che garantisca trasparenza del mercato e tutela dei consumatori in modo da scongiurare il rischio di un aumento incontrollato dei produttori e dei prezzi per i birrifici agricoli apprezziamo la decisione di puntare sulla territorialità delle produzioni, concetto che incentiva la costruzione di processi di filiera».

Più chiarezza nella predisposizione del testo di legge ha chiesto invece il segretario regionale di Confartigianato Stefano Mameli: «Prevedere norme troppo rigide per la costituzione di un marchio di qualità potrebbe essere un boomerang l’incentivazione della produzioni nostrane è una buona idea ma nel frattempo deve essere tutelato l’esistente se si vuole sostenere il comparto».

Giudizio condiviso da Salvatore Carvone di Casartigiani: «Il settore rappresenta una grande opportunità per i giovani imprenditori è importante per questo non appesantire la legge. Serve una norma snella e immediatamente attuabile». 

Soddisfazione per l’iniziativa consiliare è stata espressa anche dall’Associazione dei Birrai, sodalizio appena costituito del quale fanno parte più della metà dei birrifici sardi. Gabriele Corraine e Giovanni Fele, titolari di due piccole aziende a Nuoro e Oliena, hanno auspicato una rapida approvazione del provvedimento e chiesto più attenzione su alcuni aspetti: l’abbattimento dell’accise sulle bevande alcoliche come accade in Valle d’Aosta (attualmente in Sardegna il costo è di 0,35 centesimi di euro a litro) e meno ostacoli per l’occupazione degli spazi commerciali nelle manifestazioni pubbliche.

Sui progetti di filiera, l’Associazione dei birrai si è detta favorevole a un grande piano per la produzione in loco della materia prima: «Alcuni di noi stanno già acquistando solo cereali sardi – hanno detto Gabriele Corraine e Giovanni Fele – l’orzo prodotto nella nostra Isola è di qualità eccelsa. La Sardegna potrebbe diventare il primo produttore di orzo da birra a livello nazionale con grande beneficio per gli agricoltori».  

Uno degli ostacoli maggiori per i produttori è rappresentato dalla quasi totale assenza di maltifici in Sardegna, se si eccettua un piccolo impianto sorto a Irgoli all’interno di un’azienda agricola. «Si tratta di un progetto finanziato con la misura 4.2 del Piano di sviluppo rurale – ha spiegato dal direttrice regionale di Laore Maria Ibba – un’esperienza molto positiva che ha permesso all’azienda agricola di chiudere la filiera. La birra prodotta a Irgoli è interamente sarda».

Sulla produzione di birra artigianale si concentra da tempo anche l’attività della società “Porto Conte Ricerche”. Luca Pretti, ricercatore ed esperto del settore, ha illustrato alla Commissione alcuni progetti sperimentali portati a termine in questi anni: dalla coltivazione del luppolo alla formazione di 28 maestri birrai, passando per l’incentivazione di alcuni prodotti tipici da destinare ai birrifici: orzo maltato, grano, avena e farro.

Luca Pretti è poi entrato nei dettagli dei diversi tipi di produzione: «La qualità della birra non dipende dalla bontà del prodotto quello è un giudizio soggettivo. Va misurata invece su altri parametri come il grado di fermentazione. La produzione di birra ha diversi stili e processi produttivi, prevedere un disciplinare di produzione sarà un compito arduo».

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Caldo o freddo, dolce o salato, tradizionale o 4.0, sardo, italiano o estero. Lo street food, soprattutto negli ultimi 5 anni, anche in Sardegna è riuscito a conquistare sempre più sostenitori, tra i produttori e tra i consumatori.

Panadas, focacce, pizzette sfoglia, culurgionis, sebadas ma anche pani frattau, fregula condita, gnocchetti, raviolini di ricotta oppure i più “trendy” prodotti gourmet bio o vegani di nuova concezione. Ormai quasi ogni prodotto tradizionale sardo può essere trasformato in un piatto da degustare passeggiando e, per fortuna dei palati, le proposte crescono e cambiano di giorno in giorno per la gioia dei numerosi aficionados del gusto che cercano e trovano, con sempre maggiore frequenza, i colorati “ristoranti” su quattro ruote., spesso legati a manifestazioni ed eventi.

«Tutto con il massimo rispetto delle materie prime e delle tecniche di lavorazione tradizionali, oltre a una continua attenzione verso le esigenze alimentari dei consumatori – commenta Stefano Mameli, segretario regionale di Confartigianato Imprese Sardegna – che sono le caratteristiche principali delle nostre produzioni artigiane, da sempre riconosciute per la loro genuinità e specialità.»

Nell’Isola, secondo i dati rielaborati dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte UnionCamere-Infocamere, nel 2018 le imprese registrate come “Attività di ristorazione ambulante” sono 156 e sono cresciute del 56% nell’ultimo quinquennio, contro un totale di 2.729 e una crescita media nazionale del + 58,9%.

«Ovviamente i numeri reali di questo fenomeno sono molto maggiori – continua Stefano Mameli – perché sono ormai tantissime le attività di produzione, ristorazione e somministrazione presenti  “on the road”In ogni caso siamo molto contenti della crescita di questo nuovo settore dell’alimentazione – aggiunge il segretario – perché è sinonimo di opportunità sia per le imprese tradizionali che innovano e diversificano, sia per le nuove realtà che propongono innovativi stili gastronomiciLo street food è una realtà viva e creativa – sottolinea Stefano Mameli – fatta di cuochi, fornai, pizzaioli e rosticcieri, di imprenditori giovani e meno giovani ma tutti accomunati dall’orgoglio di conservare tradizioni familiari o di proporre nuovi sapori. Insomma, è l’artigianato che esprime i valori più veri e autentici della nostra e di altre culture.»

I dati raccontano anche di 38 attività gestite da under 35 nel 2018 (24,4% sul totale delle imprese) e di 4 imprese gestite da stranieri (2,6%).

Tra le province, 56 sono registrate a Cagliari, 48 a Sassari, 15 a Nuoro e 14 a Oristano.

Il cibo di strada, oltre ad essere un elemento basilare della storia regionale dell’arte culinaria, è anche un elemento che, più di altre realtà consumate “al piatto”, permette letteralmente di “gustare il territorio”, osservarlo e goderselo mangiando un prodotto che ne è l’espressione socioculturale.

Secondo Confartigianato Sardegna «per il settore della ristorazione ambulante e itinerante è necessaria una maggiore semplificazione delle procedure di adeguamento alle norme sanitarie e del commercio, per consentire al patrimonio storico cultural-gastronomico regionale, rappresentato da una miriade di cibi di strada, sia sempre più forte e competitivo e riesca a contrastare l’avanzata di cibi apolidi capofila di un’errata tendenza a globalizzare i sapori».

«Il cibo di strada e le tipicità sono due aspetti vitali di una importante cultura agroalimentare artigiana sarda che non si devono escludere ma integrare a vicenda . conclude Stefano Mameli – imprese, consumatori e prodotti sono le tre realtà attorno a cui si esplica il cibo di strada italiano ed è importante individuare le strade da seguire per l’interdipendenza e collaborazione fra queste realtà

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Se anche a Mosca, San Pietroburgo, Baku, Minsk e Almaty berranno i vini di Nuragus lo sapremo solo fra qualche settimana. Di certo c’è che 10 importatori, ristoratori, distributori e giornalisti, provenienti da Russia, Kazakhstan, Azerbaijan e Bielorussia hanno potuto conoscere le produzioni vinicole della “Cantina Agricola Soi”durante il “wine incoming tour” organizzato da Confartigianato Imprese Sardegna nel progetto “StoreSardinia”, finanziato dall’assessorato regionale dell’Industria a valere sul POR FESR Sardegna 2014-2020, e realizzato dall’associazione artigiana, con la collaborazione tecnica di Deloitte, con il suo esperto in internazionalizzazione e mercatiesteri, Marcello Romano, e BegApps.

La delegazione proveniente dai Paesi Euroasiatici, è stata ricevuta nel centro della Marmilla-Sarcidano da Stefano Soi, titolare della Cantina.

Subito dopo aver visitato le vigne e gli impianti dell’azienda, la delegazione ha ricevuto informazioni su prezzi e quantità prodotte.Durante le degustazioni, i compratori sono stati rapiti dagli aromi delle produzioni e dai quattro ettari di vigna posti su terreni ricchi di scheletro, formato da pietrame ed arenarie. Come sottolineato da Stefano Soi, «i tre vini della Cantina, infatti, sono il frutto del lavoro di una squadra di professionisti, agronomi, enologi che in un anno produce circa 12mila bottiglie di prezioso nettare».

Particolare interesse hanno suscitato il “Soi”, un cannonau di Sardegna vinificato solo in acciaio e il “Lun”, l’Igt ottenuto da assemblaggio delle altre varietà presenti in azienda e, ultimo nato, il “Lillò” un rosso passito da uve cannonau frutto della vigna più vecchia, impiantata su terreni sabbiosi e ricchi di ciottolame di fiume.

«Anche il vitivinicolo, così come l’agroalimentare, è un settore strategico e da valorizzare ulteriormente – ha commentato Stefano Mameli, coordinatore del progetto – quello del vino, infatti, è un comparto in cui sono presenti moltissime aziende con una produzione di tipo artigianale che, grazie all’alta qualità dei propri prodotti, stanno già conquistando i mercati esteri. Per gli imprenditori – aggiunge Stefano Mameli – gli incoming tour che abbiamo organizzato in queste settimane sono fondamentali per sfruttare le occasioni d’internazionalizzazione. Iniziative di questo genere, infatti, possono garantire nuove e proficue opportunità di espansione in altri mercati, come quelli dell’Est. A condizione che, nonostante le piccole produzioni, la qualità e la preparazione delle aziende siano molto alte.»

«Le nostre imprese – ha spiegato il coordinatore – attraverso questi incontri in azienda e grazie ai B&B, hanno concrete opportunità di far conoscere ed esportare le loro produzioni perché domanda e offerta s’incontrano sul territorio. Abbiamo voluto mettere le imprese nelle condizioni di essere pronte a ricevere richieste anche da mercati distanti ma importanti. Per questo continueremo il percorso d’internazionalizzazione iniziato quasi 2 anni fa, accompagnando le aziende e continuando a supportarle con iniziative di questo tipo.»

«La speranza, e la certezza – ha ripreso Stefano Mameli – è quella che, dopo aver presentato, e fatto degustare, i prodotti delle nostre imprese nelle manifestazioni e nelle iniziative a Mosca, Minsk e negli altri Paesi euroasiatici, il ciclo di vendita possa concretizzarsi direttamente nelle aziende, facendo vedere, conoscere, degustare e far “toccare con mano” ai buyer la qualità e la cura che le aziende mettono per realizzarli.»

«Già alcuni di questi vini sono presenti sulle tavole di ristoranti e sugli scaffali dei negozi specializzati – ha concluso il coordinatore e siamo certi che nei prossimi giorni, grazie a questi tour, le vendite non potranno che aumentare.»

Con questo “wine tour”, gli operatori dei Paesi Euroasiatici, hanno chiuso così un percorso export, durato 10 giorni, dedicato alla scoperta ed all’acquisto, di  pane, pasta, dolci, vino, formaggi, olive, olio, panadas e dei territori di Oliena, Lanusei, Oschiri, Lanusei, Siamanna, Gonnosfanadiga, Lula, Benetutti, Sorso e, appunto, Nuragus.

Il progetto StoreSardinia, nel percorso durato 2 anni, ha selezionato alcune eccellenze agroalimentari artigiane della Sardegna, raggruppate sotto un unico marchio promozionale e di supportate nell’export versoimportanti acquirenti del mercato euroasiatico di Russia, Azerbaijan, Kazakistan e  Bielorussia. Il marchio, infatti, ha valorizzato e promosso a livello internazionale i prodotti del pastificio Sa Panada di Oschiri (SS), dei panifici Porta 1918 di Gonnosfanadiga (SU), Ferreli di Lanusei (NU), Mula Graziano Forno Carasau di Oliena (NU), e Filia di Illorai (SS), delle cantine Colle Nivera di Lula (NU), Agricola Soi di Nuragus (SU), Nuraghe Crabioni di Sorso (SS), Arvisionadu di Benetutti (SS), dell’Azienda Agricola olearia Marco Zurru di Gonnosfanadiga (SU) e del caseificio “Su Grabiolu” di Siamanna (OR).

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Abbattimento della tassazione, riduzione dell’imposizione contributiva, sgravi per le giovani imprese, rifinanziamento della storica legge regionale 51 del 1993, che per oltre 2 decenni ha finanziato le imprese artigiane della Sardegna, ma anche lotta senza quartiere all’abusivismo e maggiore spazio agli operatori artigiani dell’agroalimentare, del tipico e del tradizionale nel suolo pubblico.

Sono queste le principali richieste che Antonio Matzutzi e Stefano Mameli, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna hanno presentato, pochi minuti fa, in Consiglio Regionale a Cagliari, ai componenti la “Commissione speciale sulla grave situazione delle imprese dell’artigianato e del commercio”, per supportare le oltre 35mila imprese dell’Artigianato, un comparto che, in 10 anni di crisi, ha registrato una diminuzione di 7.456 realtà e lasciato senza lavoro oltre 20mila persone.

«Anche quest’anno l’Artigianato sardo non vede ancora la luce in fondo al tunnel – ha affermato Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Sardegna alla Commissione presieduta dal consigliere Roberto Deriu – imprese ancora in calo e comparto che perde altre 784 realtà produttive, risultanti tra 1.626 nuove iscrizioni e 2.410 cessazioni. Nel 2016 la diminuzione fu di 541 unità mentre dal 2008 a oggi ne sono scomparse definitivamente 7.456 – ha aggiunto Matzutzi – i dati ufficiali di UnionCamere parlano di 35.562 imprese artigiane sarde registrate negli albi delle Camere di Commercio al 31 dicembre 2017

Nel documento presentato alla Commissione, Confartigianato Sardegna ha sottolineato come l’obiettivo primario del lavoro comune debba essere quello di “ridare dignità ad un settore strategico per lo sviluppo economico e sociale della Sardegna”, intervenendo, in primis, per alleviare il peso asfissiante della tassazione, sia fiscale che contributiva. Contemporaneamente occorre puntare sui giovani, incentivandoli ad avviare un percorso sull’artigianato, con l’abbattimento del costo previdenziale, per almeno due anni, per le imprese artigiane di nuova costituzione. Sostegno anche al passaggio generazionale all’interno delle aziende famigliari, con interventi sugli sgravi contributivi e fiscali.

L’associazione di categoria ha premuto anche per il rifinanziamento della storica, apprezzata ed indimenticata, legge regionale 51 del 1993, che per decenni ha sostenuto le imprese dell’artigianato. Per gli Artigiani, poi, appare strategico prevedere la definizione di bandi a valere sul POR FESR che contemplino piccole pezzature (fino ai 15 mila euro o fino ai 50 mila) con procedure snelle (es. modalità voucher) pensate a misura di piccola impresa.

L’associazione ha anche denunciato come due imprese artigiane su tre, il 65,3% di quelle regolari, soffrano la concorrenza sleale delle aziende in nero e “sommerse”. Il tutto si traduce in 23.222 imprese artigiane regolari sarde, delle 35.562 registrate negli Albi, che, rispettando le leggi e pagando le tasse, devono “combattere” contro un numero imprecisato di “non imprese”, che operano fuorilegge ed in modo scorretto e fraudolento. Stessa sorte tocca ai dipendenti regolari: ognuno di loro compete quotidianamente contro 1,4 “occupati non regolari”. Per questo, i circa 56mila occupati regolari artigiani, ogni giorno, devono combattere un vero e proprio “esercito” di quasi 9mila lavoranti sconosciuti a tutti, che si traduce nel 15,4% del totale della forza lavoro del settore.

«Ci auguriamo che la Commissione – concludono Matzutzi e Mamelilavori celermente e arrivi a risultati tangibili, soprattutto attraverso la messa a disposizione di adeguate risorse finanziarie per il settore

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Sbarca a Cagliari per il quarto anno consecutivo l’evento di moda più atteso: Looking for Fashion 4. Il prossimo 29 giugno, infatti, il Made in Italy sfilerà nella fantastica cornice del porto turistico di Cagliari.

L’evento è stato ideato, creato e fortemente voluto da Camera della Moda Sardegna. Un’idea che si concretizza anno dopo anno, con l’obiettivo di dare il giusto spazio ai talenti emergenti sardi.

Madrina della serata sarà Michela Zio, giornalista MFF – Esquire, Creative special project White Milano – Confexport.

Diverse le Guest Designer attese, tra cui spicca il nome di Anna Mattarocci fashion designer cagliaritana, accompagnata da tanti altri nomi dell’Altamoda come Raffaella Curiel, Michele Miglionico e Franco Ciambella, ai quali verrà consegnato un premio speciale alla carriera.

Ospiti speciali saranno Fabio Pietrella, presidente del settore Moda e Stefano Mameli, segretario regionale di Confartigianato imprese.

Nel corso della serata gli ospiti incontreranno i giovani stilisti delle scuole coinvolte, affinché si crei un legame tra chi ha scritto pagine importanti della moda e chi, invece, sta muovendo timidamente i primi passi in questo mondo.

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Elettricisti, idraulici, domotici, termoidraulici, manutentori di ascensori, scale mobili ed impianti a gas ma anche installatori di circuiti d’allarme e videosorveglianza. Un settore, quello dell’impiantistica, anche in Sardegna profondamente legato al “Sistema casa”, influenzato dall’andamento del mercato degli immobili e incentivato dai “bonus”.

Soprattutto negli ultimi anni, la crisi ha costretto, da una parte, tante imprese a chiudere definitivamente i battenti mentre, dall’altra, ha spinto sempre più abusivi a “inventarsi” impiantisti ed installatori e ad eseguire lavori nelle abitazioni senza rispettare i requisiti di sicurezza complice, in molti casi, anche la vendita al pubblico, nei centri commerciali o nella grande distribuzione, di generatori di calore e di componentistica per gli impianti elettrici, con tanto di pubblicità che invita al fai da te.

«Non è più accettabile che personaggi improvvisati o con poche ore di corso in negozio o, addirittura, seguendo dei video tutorial sui canali web – denuncia Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – abbiano la presunzione di aver acquisito la competenza impiantistica e la cultura della sicurezza delle aziende che, negli anni, si sono formate, certificate, aggiornate. Abbiamo il dovere di sensibilizzare i clienti anche sui rischi per la sicurezza da parte del committente. Questo è un nostro impegno quotidiano.»

Confartigianato Sardegna ricorda che la realizzazione di impianti e la loro manutenzione, o l’installazione di qualsiasi altro sistema deve essere eseguito da imprese registrate alla Camera di Commercio ed abilitate alla professione. Infatti, se il lavoro non è realizzato a regola d’arte e certificato, oltre a non rispettare la legge, in caso di incidenti, il proprietario ne risponde penalmente e non potrà beneficiare del risarcimento previsto dalla stipula di eventuali assicurazioni sulla casa.

Nell’isola, al I trimestre di quest’anno, le imprese del comparto Installazione di impianti elettrici, idraulici e altri lavori di costruzione e installazione sono state 4.261, di cui il 70,2%, pari a 2.993 unità sono artigiane.

Sono questi i dati dell’analisi dell’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha esaminato i numeri del settore delle “Imprese di installazione” su fonte Unioncamere-Infocamere 2017-2018.

«Dobbiamo sempre ricordare che se l’impiantistica non è totalmente collassata – afferma Stefano Mameli, segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – ancora una volta dobbiamo dire grazie agli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni e sulla riqualificazione energetica, due fondamentali e insostituibili sostegni alle famiglie e alle imprese, perché hanno consentito di aiutare chi ha fatto gli investimenti e chi ha eseguito i lavori. Speriamo che anche il nuovo Governo mantenga i benefici fiscali per le ristrutturazioni.»

In Sardegna nel 2016, secondo di dati forniti dal MEF e tratti dalle dichiarazioni dei redditi 2017 dei 31.456 contribuenti interessati, le detrazioni connesse agli interventi per l’efficientamento energetico hanno ammontato a 15 milioni di euro, pari al 16,5% delle detrazioni che interessano la filiera della casa e allo 0,9% dell’ammontare del totale delle detrazioni.

«C’è bisogno, tuttavia, di interventi a livello regionale finalizzati a rilanciare il settore artigiano, da troppo tempo dimenticato dalla politica – sottolinea Stefano Mameli – confidiamo molto nei provvedimenti della Commissione speciale che il Consiglio regionale ha appena costituito proprio sull’artigianato, sperando che finalmente si destinino risorse ad hoc per gli artigiani.»

L’analisi dimostra come, rispetto allo stesso periodo del 2017, si contino 24 imprese artigiane in meno, pari ad un calo dello 0,8%.

A livello provinciale le imprese artigiane del settore si concentrano principalmente a Cagliari (38,5%) e a Sassari (36,9%). L’incidenza maggiore delle imprese artigiane sul totale nelle Installazioni di impianti la rileviamo a Nuoro (80,9%) e a Sassari (73,7%). Rispetto allo stesso periodo del 2017 si osserva una dinamica delle imprese artigiane del settore positiva per Sassari (+0,5%) e Nuoro (+0,4%) e negativa per Cagliari (-1,8%) e Oristano (-4,5%).

In particolare, nella regione, al I trimestre 2018 le imprese artigiane del comparto Installazione di impianti elettrici sono 1.692, il 66,9% delle 2.530 imprese totali del settore e rispetto al I trimestre 2017 registrano una flessione del1’1,3%; le imprese del comparto Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento dell’aria sono 1.141, il 78,3% delle 1.457 imprese totali del settore e rispetto al I trimestre 2017 registrano una tenuta con una variazione tendenziale prossima allo zero (-0,3%); e le imprese del comparto Altri lavori di costruzione e installazione sono 155, il 59,6% del numero totale di imprese del settore e rispetto al I trimestre 2017 registrano un incremento dell’1,3%.

Gli addetti nel settore delle installazioni in Sardegna sono 5.381, di cui 2.424, il 45,1% del totale, sono lavoratori dipendenti e 2.956, il 54,1% del totale, sono indipendenti. Rapportando gli addetti al numero di imprese delle Costruzioni si osserva che la dimensione media delle imprese del comparto presenti sull’Isola è di 2,2 addetti per impresa.

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In Sardegna sono 930 le attività di panificazione di prodotti freschi.

Un sistema, costantemente sotto attacco da parte della concorrenza sleale e degli abusivi, che quotidianamente sforna circa 3.000 quintali di prodotto, per totale annuo che sfiora le 110mila tonnellate.

L’allarme lo lancia Confartigianato Imprese Sardegna sottolineando come il pane, sardo o no, nell’isola sia uno dei prodotti maggiormente copiati, prodotti e venduti in rivendite “in nero”, sulle strade all’aperto e durante manifestazioni ed eventi oppure on line. In questo periodo, anche con l’intensificarsi delle cerimonie, come i matrimoni o le cresime, il fenomeno è ancora più grave.

«Non possiamo più tollerare le situazioni di abusivismo e di non rispetto delle regole – sottolineano Antonio Matzutzi e Stefano Mameli, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – soprattutto chiediamo che si intervenga per tutelare la salute dei cittadini e per rispetto nei confronti di panificatori e rivenditori che pagano le tasse e si attengono alle leggi. Oggi più che mai, in termini di sicurezza degli alimenti, e quindi disponibilità per i cittadini di cibo sicuro, il fenomeno della vendita di pane abusivo è un pericolo – aggiungono Antonio Matzutzi e Stefano Mameli – il suo commercio e somministrazione, al di fuori delle regolari linee di distribuzione, non garantisce la sicurezza, perché non si conoscono le materie prime utilizzate, le condizioni igieniche dei luoghi di produzione e le metodiche di panificazione

Per Confartigianato Sardegna è necessario proteggere l’attività di panificazione e migliorare l’informazione al consumatore, la sua salute e, soprattutto, è fondamentale tutelare le imprese che, anche in questi anni di crisi e calo dei consumi, hanno comunque tenuto con forza e determinazione, sorrette dalla loro qualità. Sopravvivenza messa in pericolo però, negli ultimi anni, non solo dalla concorrenza del pane precongelato nei supermercati ma, anche, dalla concorrenza sleale di quello “fatto in casa”, poi venduto dappertutto.

Per Confartigianato Sardegna un discorso analogo a quello del pane va fatta anche per i dolci e tutte le altre paste alimentari: «Oggi sono vendute senza nessun rispetto della normativa igienico sanitaria e fiscale, utilizzando alla luce del sole anche i social network, ormai invasi di abusivi che propongono i loro prodotti senza pudore».