22 December, 2024
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Animato dibattito, ieri sera, nella sala conferenze della Grande Miniera di Serbariu, sulla realtà del Poligono di Capo Teulada, come risorsa, fonte di economia e di sviluppo per il territorio. All’incontro, organizzato dal Consorzio Fieristico Sulcitano, hanno partecipato il Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale, Filippo Spanu; i sindaci di Teulada e Sant’Anna Arresi, Daniele Serra e Paolo Luigi Dessì; i deputati del Partito Democratico Emanuele Cani e Francesco Sanna; il senatore di Forza Italia Emilio Floris; l’ex comandante del 1° Reggimento di Teulada, colonnello Sandro Branca; i consiglieri regionali di Forza Italia Stefano Tunis e Ignazio Locci; l’ex comandante della Brigata Sassari, generale Nicolò Manca; il sindaco di Perdasdefogu, Mariano Carta; i sindaci di Carbonia e Calasetta, Giuseppe Casti e Antonio Vigo; il segretario della Camera del Lavoro del Sulcis Iglesiente, Roberto Puddu; amministratori locali, rappresentanti di associazioni e movimenti e semplici cittadini.

Diverse le posizioni emerse nel corso del dibattito. Da una parte la posizione del ministero della Difesa che rivendica il mantenimento dell’attuale situazione e degli oltre 7.000 ettari di demanio (demanio e non servitù, come ha rimarcato il colonnello Branca, in quanto i terreni sono stati acquistati dal ministero della Difesa da alcune centinaia di proprietari, ad un prezzo nettamente superiore a quello che allora era il prezzo di mercato, e solo in tredici casi si procedette con espropri) per lo svolgimento delle esercitazioni; da un’altra quella della Regione, manifestata dal governatore Francesco Pigliaru alla seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari e ribadita nell’occasione dal Capo di Gabinetto Filippo Spanu, in base alla quale «non si può essere gravemente sperequati da una prassi dello Stato di cui si fa parte non si può più ritenere scontato che la gran parte delle servitù militari della Repubblica italiana sia in Sardegna. Riequilibrio e bonifiche come grande occasione di lavoro, di educazione, di civiltà, di sviluppo, di recupero e riuso che vanno finanziate a valere sulla fiscalità generale della Repubblica»; e ancora quella delle comunità locali, con in prima fila i comuni di Teulada e Sant’Anna Arresi, i due comuni maggiormente coinvolti dalla presenza militare (Sant’Anna Arresi non ha suo territorio in area militare ma è direttamente a contatto con lo stesso), che rivendicano un alleggerimento del peso della servitù ed un maggior coinvolgimento in termini di ricadute economiche. Ci sono poi coloro che sono pienamente favorevoli alla presenza del poligono, vedi i pescatori, che ormai da anni usufruiscono degli indennizzi per il mancato esercizio della loro attività; e coloro che, viceversa, sono nettamente contrari, in quanto ritengono la presenza del poligono un freno allo sviluppo economico del territorio, soprattutto nel settore turistico.

Oggi – come ha sottolineato il colonnello Branca, il poligono rappresenta la principale azienda del territorio, con l’erogazione di ben 1.200 buste paga, tra militari e civili, e nelle considerazioni che vengono fatte circa la permanenza o meno del poligono, è una realtà della quale non si può non tenere conto, soprattutto in una fase di grave crisi economica come quella che vive il Sulcis Iglesiente. E nella prospettiva di un ridimensionamento anche parziale della servitù, con una restituzione di porzioni di territorio agli usi civili – come da parte sua ha rimarcato il senatore Emilio Floris – andrebbe affrontato preventivamente il problema delle bonifiche, per evitare il ripetersi delle situazioni vissute a La Maddalena, dove gli americani sono andati via ma il territorio, non essendo state effettuate le bonifiche, oggi è praticamente ancora inutilizzabile.

L’ipotesi più realistica, sostenuta tra gli altri, oltre che dal governatore Francesco Pigliaru, anche da Roberto Puddu, segretario generale della Camera del Lavoro del Sulcis Iglesiente, è quella di una riduzione della superficie destinata alle esercitazioni militari («perché niente è eterno – ha detto Puddu – come dimostrano i casi dell’industria e della stessa Carbosulcis, che sta chiudendo. E non si capisce perché debba essere eterna la superficie di territorio destinata alle esercitazioni militari»), con maggiori ricadute in termini economici per le comunità locali, possibili con il nuovo programma che prevede investimenti per ben venti milioni di euro.

Consiglio regionale 1 copia

Il Consiglio regionale ha concluso la discussione generale sul Dl 72 “Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione” e ha approvato con 26 voti a favore e 17 contrari il passaggio agli articoli. I lavori riprenderanno mercoledì, 19 novembre.
Il presidente Ganau, in apertura di seduta, ha chiesto all’Aula un minuto di silenzio per commemorare le vittime della strage di Nassiriya, un attentato contro la base “Maestrale” in cui persero la vita 28 persone, 19 italiani e 9 iracheni e rimasero feriti 19 carabinieri e un civile. Non tornarono dalle loro famiglie 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito e due civili italiani. Il presidente ha ricordato che quello di Nassiriya è stato il più grave attacco alle truppe italiane dalla Seconda guerra mondiale ed ha sottolineato che la pace è l’obiettivo che l’Italia e l’Europa devono perseguire.
Dopo la commemorazione dei caduti, il presidente ha aperto la discussione generale sul Disegno di legge della Giunta regionale su “Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione”.
Sull’ordine dei lavori sono intervenuti i consiglieri di minoranza Marco Tedde, Stefano Tunis, di Forza Italia, Attilio Dedoni (Riformatori sardi), Mario Floris (Uds), Gianluigi Rubiu (Udc) hanno chiesto di rinviare la discussione perché il clima teso, la complessità del disegno di legge e il fatto che è stato modificato e approvato dalla Prima commissione questa mattina, non consente alla minoranza di elaborare gli emendamenti. Il presidente ha ricordato che il testo non è stato modificato in maniera sostanziale, stamattina, e che era stato deciso in conferenza di capigruppo di proseguire oggi con l’esame del provvedimento. Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, si è detto contrario alla sospensione del provvedimento: «Non è sufficiente dire che non c’è il clima adatto. Abbiamo il dovere di intervenire sulla materia. Invito i colleghi di opposizione ad essere ligi al loro dovere». Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha quindi chiesto al presidente Ganau la convocazione di una Conferenza dei capigruppo per valutare le esigenze della minoranza, vista la buona disponibilità dell’opposizione che stamattina ha evitato di chiedere i cinque giorni previsti per le relazioni consentendo al testo di arrivare subito in Aula. «La proposta – ha spiegato Pittalis – è quella di fare la discussione generale, ma dare tempo a chi deve presentare gli emendamenti».
Il presidente ha sospeso i lavori e convocato i capigruppo. Alla ripresa dei lavori, il presidente Ganau ha annunciato che domani l’Aula proseguirà la discussione generale sul DL 72, gli emendamenti potranno essere presentati entro le 10.00 di martedì prossimo, 18 novembre. Alle 16,30 poi si riunirà la Prima commissione per l’esame degli emendamenti. Il Consiglio si riunirà poi mercoledì e, se necessario, giovedì per l’esame degli articoli e degli emendamenti.
Il presidente ha dato la parola al relatore di maggioranza, Salvatore Demontis (Pd), il quale ha evidenziato che il testo esitato presenta molti elementi innovativi rispetto alla prima stesura della Giunta. Si tratta – ha spiegato – di un primo tassello di una riforma più ampia del Sistema Regione, passando da una impostazione formale a manageriale, ossia sostanziale. «Vorremo passare da una Regione basata sulla produzione di atti, secondo il modello tipico degli anni ’90, a un’amministrazione basata sui risultati. Una pubblica amministrazione basata sugli anni ‘90 non solo scoraggia i cittadini ma anche gli investitori privati». La Regione così com’è funziona male a prescindere da chi la governa, ha spiegato Demontis. «Spesso, infatti, la classe politica non traduce le linee di mandato in obiettivi strategici chiari», e ha aggiunto, «insomma non viene attuato il ciclo di programmazione, gestione e controllo, oggi chiamato comunemente “ciclo delle performances”». «Da qui l’esigenza  – ha spiegato – di una macrostruttura sul “modello per missione”, quindi strutture che nascono “attorno” agli obbiettivi strategici di mandato, le “missioni” appunto, con le strutture che nascono in base agli obiettivi strategici e non il contrario». Tra gli obiettivi fondamentali: la creazione del Sistema regione, con mobilità volontaria interna, la  valutazione delle performance, con una migliore ottimizzazione del lavoro in Regione con una maggiore valorizzazione del personale.
«Sia la mobilità all’interno del Sistema Regione che la delegificazione sulle direzioni generali, ad oggi disciplinate invece per legge, sono propedeutiche alla modifica della legge n. 1 del 1977 e quindi della macrostruttura. Questo è l’obiettivo politico che si intende raggiungere. I servizi sono invece istituiti, modificati o soppressi dal direttore generale che poi dovrà però rispondere dei risultati raggiunti». Demontis ha poi spiegato che «spetterà al presidente della Regione presiedere il Comitato di coordinamento delle direzioni generali al fine di raggiungere gli obiettivi strategici trasversali. L’articolo 6 bis elimina le posizioni funzionali dirigenziali con compiti di studio, ricerca e consulenza che possono essere svolte da funzionari del Sistema Regione. Non occorre essere dirigenti». Il testo prevede inoltre l’introduzione della continuità amministrativa.
Il presidente, terminati i dieci minuti a disposizione del relatore, ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, in qualità di relatore di minoranza. Tunis ha spiegato ai colleghi che «abbiamo fatto un lavoro difficile all’interno della Prima commissione. Abbiamo lavorato articolo per articolo, inserendoli in una valutazione di sistema». Il consigliere di Forza Italia ha espresso rammarico per la visione che non mette la politica al centro dell’azione di governo, svincolandola dalla burocrazia, «ma si sta cercando una soluzione per dire che il sistema amministrativo e burocratico può vivere a dispetto dalla politica». L’assessore ha detto che va privilegiato l’efficacia della decisione. Per Tunis è un disegno non ricevibile da chi ha preso l’impegno con i cittadini e che ha visto ricoprire i più importanti incarichi di governo da persone prive del mandato dei cittadini. «Questo testo – ha aggiunto – è stato corretto nelle parti dove dava il colpo di grazia alla politica della Regione». La maggioranza sbaglia, secondo Tunis, ad andare avanti su un testo che è stato stravolto e ha esortato la Giunta e la maggioranza a dire esattamente cosa vuol fare: riaffermare il ruolo della politica o abdicare. «Vi chiedo di fare un passo indietro».
Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az) ha osservato che l’intento del provvedimento è apprezzabile ma fa emergere, a suo avviso, numerose perplessità. Già la legge Bassanini, ha osservato, «prevedeva la valutazione indipendente sull’operato della dirigenza, strumento che ha prodotto buoni risultati, così come il coordinamento dei dirigenti non è una novità, anzi mi stupisce che la Regione ci arrivi solo ora». Giusto, a parere di Orrù, «anche il tetto alle direzioni generali ma la Giunta ha accentrato il 30% delle direzioni nelle sue mani ed anche tutti gli interventi di accorpamento e soppressione superando il ruolo del Consiglio». Si tratta di un modo di procedere, ha continuato il consigliere sardista, «simile ad una “dittatura” del presidente e della Giunta, di questo passo l’Assemblea non potrà far altro che discutere mozioni e interpellanze e non conterà più nulla». Orrù, in conclusione, ha manifestato dubbi su «operazioni che potrebbero tradursi in favori rivolte a singole carriere anche esterne; nel complesso la valutazione sul provvedimento è negativa perché non c’è niente di rivoluzionario».
Il consigliere Mario Floris (Sardegna) ha affermato che «parlare in quest’Aula diventa sempre più difficile se non inutile ed il provvedimento in esame non appare rispondente ai bisogni sia dell’amministrazione che dei cittadini». «In questi decenni – ha ricordato – si è detto che la burocrazia ha avuto uno sviluppo abnorme a danno dell’efficienza dell’azione amministrativa e io stesso, da assessore, ho presentato un disegno di legge organico che purtroppo è andato perduto però, al di là dei titoli ad effetto, questo testo non fa altro che riproporre il decreto Brunetta: sarebbe stato più dignitoso limitarsi ad affermare che anche in Sardegna trova applicazione quel decreto». Nel merito, secondo Floris, «contiene un ulteriore svuotamento dei poteri del Consiglio ed ha un impianto verticistico; si va verso una Regione dirigenziale, senza parlare del resto del personale». Per il consigliere Floris, inoltre, «non sussistono motivi di urgenza, dato che molte decisioni possono essere adottate già oggi a legislazione vigente». Piuttosto, ha sostenuto ancora Floris avviandosi alla conclusione, «dobbiamo chiederci quale Regione vogliamo per la Sardegna di domani; da una parte registriamo una forte vocazione centralista dello Stato, dall’altra non possiamo sostenere noi, in Sardegna, un nuovo centralismo burocratico». Il problema, ha detto infine, «è tracciare un confine fra quello che deve fare la politica e ciò che devono fare i tecnici, altrimenti facciamo come Renzi e trasformiamo il Consiglio in un organismo di secondo livello come il nuovo Senato».
Il consigliere Francesco Agus (Sel) ha dichiarato che, a suo giudizio, «le differenze di opinione sono il sale della democrazia ma quello delle riforme deve essere un terreno comune per intervenire sul rapporto deteriorato fra istituzioni e cittadini, nel quadro di una consapevolezza che ha caratterizzato l’atteggiamento dell’opposizione in commissione, sempre propositivo e costruttivo». C’è una preoccupante tendenza centralista dello Stato, ha proseguito Agus, «mentre al contrario le funzioni delle Regioni vanno ampliate ma a patto di migliorare il rapporto fra queste istituzioni ed i cittadini, riconoscendo i nostri errori e lavorando da subito per difendere le nostre istituzioni». La nuova Regione e, soprattutto, gli uffici regionali devono semplificare la vita di famiglie e persone senza lasciare nessuno indietro, ha ammonito il consigliere di Sel, «ma non si faccia l’errore di considerare il testo una riforma a se stante, è solo l’inizio di un percorso più ampio di riforma dell’amministrazione regionale, che passa attraverso la riforma della 31 e del sistema degli Enti locali come del personale, perché oggi il sistema non regge più e vive di soluzioni temporanee rese definitive senza una vera programmazione». «Diciamo basta a rendite di posizione e veti incrociati – ha esortato Agus – perché solo così potremo recuperare il rapporto con i cittadini oggi profondamente logorato, anche da un processo nazionale che ha tolto e non ha dato frutti; seguiamo una strada diversa e questo testo, pur non risolvendo tutto, crea le condizioni per un percorso virtuoso, senza alibi, che privilegia meritocrazia e responsabilità».
Attilio Dedoni (Riformatori sardi) ha detto che il testo di legge l’ha ricevuto poche ore fa, alle 15 e 14 ma che anche da una prima lettura si è reso conto che, nonostante il titolo: “Disposizioni urgenti i materia di organizzazione della Regione”, non si tratta certo di una riforma. Per l’esponente dei Riformatori, invece, è necessaria una riforma seria e concreta, calata nel reale.
Per Gianluigi Rubiu (Udc) questo DL mina in maniera inequivocabile il potere degli enti a favore della Giunta regionale. Si tratta di un nuovo “Regime-Regione”. L’esecutivo – secondo Rubiu – acquista il potere decisionale su tutto. Insomma, una sorta di  “Commissariamento della politica”. Il capogruppo dell’Udc ha detto di essere favorevole ai principi che sono alla base di questo provvedimento ma  non condivide le azioni previste in questo testo. I dirigenti, infatti,  sembrano le “pedine di una scacchiera” che possono essere spostate a piacimento dal politico di turno.
Alessandra Zedda (Forza Italia Sardegna) ha detto che queste norme non attuano nessuna riforma dell’organizzazione della Regione. Si sta procedendo con una piccola manutenzione quando si ha bisogno  di una sonora ristrutturazione. Per Alessandra Zedda era necessario partire dall’analisi della legge 1 per attuare una vera riforma. Questo non è stato fatto e si sta  perdendo un’altra occasione. Per l’ex assessore al bilancio non c’è nulla di così urgente, c’è tutto il tempo per fare una riforma compiuta che snellisca realmente le procedure.
L’assessore degli Affari generali, Gianmario Demuro, iniziando il suo intervento, ha detto che «molte riforme di cui ha parlato il Consiglio fanno parte del programma di legislatura ed il disegno di legge, infatti, si limita ad intervenire su alcuni punti strategici «per far funzionare la macchina mentre la si riforma». Il primo degli elementi di fondo del provvedimento, ha sostenuto, è quello della mobilità, «cioè dare ai dipendenti la possibilità di spostarsi secondo le loro attitudini e le loro aspettative di miglioramento in modo da dare più valore all’amministrazione».
Finora, ha osservato Demuro, la mobilità «è stata un qualcosa di straordinario, in parte anche per la complessità di una macchina regionale composta da 23 controllate, 57 enti, 198 dirigenti, 136 servizi e 26 direzioni generali, dove non è ancora disponibile una “banca dati” delle competenze, per sapere dove sono le risorse umane della Regione, cosa fanno e cosa potrebbero fare di meglio». Poi, secondo elemento, la valutazione di “perfomance”; «E’ vero che ci sono norme nazionali in vigore da anni – ha sostenuto l’assessore – ma la Regione è rimasta come in una “bolla” separata dal mondo esterno, mentre il corretto uso delle risorse pubbliche è elemento chiave per restituire al cittadino ciò che dà attraverso le tasse». Inoltre, altro obiettivo strategico è la riorganizzazione «perché qualunque cosa, nella nostra Regione, ha una norma che la riguarda e questo ostacola il funzionamento dell’amministrazione; il Consiglio, in particolare, deve riappropriarsi di un ruolo di grande programmazione rivolto al futuro, a difesa della democrazia regionale e della funzione della rappresentanza». Di fronte a questo scenario, ha detto ancora l’assessore Demuro, «è necessario intervenire con strumenti semplici come il numero delle direzioni e dei servizi, di ciò che serve per far funzionare la macchina; questo non significa affatto mettere da parte le riforme di grande respiro ma agire concretamente per risolvere problemi da tempo nascosti, per risparmiare risorse e migliorare l’efficacia dell’azione amministrativa e darle una dimensione orizzontale, posto che i problemi non solo riferiti ad una materia ma talmente complessi da richiedere un approccio interdisciplinare».
Dopo l’intervento dell’assessore, il presidente ha aperto la fase delle dichiarazioni voto sul passaggio agli articoli.
Il consigliere Mario Floris (Sardegna) ha affermato di condividere lo schema generale illustrato dall’assessore e, in particolare, il riferimento al ruolo del Consiglio come luogo di “alta programmazione” ma, ha osservato, «emergono una serie di contraddizioni fra il testo licenziato dalla commissione e quello originario della Giunta, una su tutte riguarda le stabilizzazioni del personale precario che vengono ora rinviate al 31 dicembre 2016: queste sono le cose reali cui si deve rispondere, il mio voto sarà contrario».
Non essendoci altri iscritti a parlare il presidente Ganau ha messo in votazione il passaggio agli articoli del DL 72, che l’Aula ha approvato con 26 voti favorevoli e 17 contrari. Subito dopo, ha dichiarato chiusa la seduta, comunicando che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per martedì, 18 novembre, alle 10.00, mentre la Commissione si riunirà per esaminarli nella stessa giornata di martedì ma alle 16.30.
I lavori del Consiglio, infine, riprenderanno mercoledì 19 novembre, alle 10.00.

Il Consiglio regionale ha approvato l’articolo 5 (Case della Salute) della proposta di legge 71/A (Cocco Pietro e più)  “Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale” ed ha concluso la discussione generale sull’articolo 6. I lavori riprenderanno mercoledì, 12 novembre, alle 10.00, con la conclusione dell’esame della proposta di legge, per poi passare all’esame del DL 72Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione”.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, l’Assemblea ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno, con la discussione dell’art. 5 e degli emendamenti alla proposta di legge 71/A.

Intervenendo sull’ordine dei lavori, il consigliere Lorenzo Cozzolino (Pd) ha ricordato che l’Aula deve ancora votare l’art. 4 e, in particolare, l’emendamento n. 248 sulla sanità penitenziaria. Il presidente ha precisato che l’emendamento non è ancora pervenuto e pertanto si può procedere sull’art. 5.

Prima di avviare la discussione generale, il presidente ha dato lettura degli emendamenti presentati e successivamente ha dato la parola al primo degli iscritti a parlare, il consigliere Lorenzo Cozzolino, del Pd.

Lorenzo Cozzolino, soffermandosi sulla novità della legge rappresentata dalle case della salute ha affermato che «queste strutture sono state programmate come un luogo in cui vengono erogate cure primarie da parte di personale sanitario e del servizio sociale, professionisti che hanno in carico il cittadino assicurando continuità assistenziale 24 ore al giorno e 7 giorni su 7, compreso il servizio di prenotazione». «Le case della salute – ha proseguito Cozzolino – sono parte integrante del distretto, il cui modello di base è dimensionato attorno ai 30.000 abitanti, in alcun realtà della Sardegna saranno quindi necessariamente più grandi».

Il consigliere Alessandra Zedda (Forza Italia) ha invitato l’Assemblea ad una riflessione su una legge con tante lacune ma comunque importante perché «per l’ennesima volta, con un emendamento successivo si sta completamente riscrivendo la legge: un modo di procedere censurabile che riduce il testo ad un aggregato di enunciazioni di principio». «Sarebbe opportuno – ha proposto – tornare almeno per una giornata in commissione per riflettere sul lavoro svolto». «Con questo modo di procedere – ha continuato Zedda – viene svilito il ruolo del Consiglio da una azione invasiva della Giunta che ha bacchettato la maggioranza richiamandola all’ordine costringendola a riscrivere le parti più importanti della legge; una legge che comunque resta piena di contraddizioni, da una parte si introducono nuove figure e addirittura nuove aziende ma non si dice nulla, ad esempio, di guardie mediche e poliambulatori».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) ha definito l’articolo «l’ennesimo tassello di un puzzle che non riesce a comporsi; le case della salute nascono con tante buone intenzioni che non si sono realizzate, ora si vuole raddrizzare la situazione ma occorre interrogarsi sul risultato di quella esperienza, purtroppo senza dati in grado di supportare una analisi approfondita». «Bisogna intervenire – ha sostenuto Cossa – con cognizione di causa e questa legge non lo fa, è impensabile ad esempio che ogni casa della salute debba sviluppare un proprio modello informatico, vuol dire che non abbiamo nemmeno una vaga idea di cosa comporterebbe mentre, casomai, dovrebbe essere il sistema Sisar ad occuparsi di informatizzare la rete territoriale».

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha sottolineato che l’istituzione delle “case della salute” è un processo irreversibile nel verso dell’integrazione dei servizi nel territorio. «Il punto – ha aggiunto l’esponente della minoranza – è scrivere una buona norma che ne espliciti funzioni e ne garantisca le finalità istitutive». Locci ha quindi affrontato il tema dei bacini di utenza per l’istituzione delle case della salute ed in riferimento alle affermazioni fatte in proposito dal consigliere Cozzolino ha espresso contrarietà all’ipotesi di assumere come bacino di utenza minimo quello dei 30mila abitanti. Ignazio Locci ha affermato che serve tener conto di tutti i territori dell’Isola, ad incominciare da quelli di frontiera. «Non perdiamo di vista i nostri paesi e le esigenze dei loro abitanti», ha dichiarato il consigliere Fi, che ha sollevato dubbi sull’effettivo inserimento dei medici di base all’interno delle costituende case della salute.

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha ribadito dubbi sulla Pl 71 e si è detto perplesso per quanto disposto dall’articolo 5 a proposito delle forme organizzative delle cure primarie all’interno delle case della salute. L’esponente della minoranza ha quindi insistito nelle critiche all’emendamento della maggioranza all’articolo 5 comma 5 («di fatto stravolge l’intera norma»). Cherchi ha inoltre invitato alla riflessione sui contenuti del comma 3, lettera c) dell’articolo 5, laddove si prevede la promozione di un lavoro di equipe tra le varie figure professionali con il coinvolgimento anche dei medici di base che – a giudizio dell’ex assessore dell’Agricoltura – sono già impegnati 24 ore su 24 con i rispettivi assistiti («meglio sarebbe stato rivolgersi agli specializzandi e specializzati di medicina interna»).

Cherchi ha chiesto lumi sul futuro delle guardie mediche ed ha concluso proponendo lo stop all’esame del testo di legge in Consiglio ed il ritorno della Pl 71 in Commissione.

Il consigliere dell’Udc, Giorgio Oppi, ha accusato la maggioranza di procedere con “giochi di prestigio” e ha ricordato lo stanziamento di 30 milioni di euro per l’introduzione delle case della salute. L’esponente della minoranza ha ricordato il piano dell’allora assessore Liori ed ha affermato che nessuna di quelle case è in funzione e addirittura a Giba la casa della salute si trova all’interno di un ambulatorio.

Oppi ha quindi invitato a considerare come indispensabile un supporto anche di tipo economico per il coinvolgimento dei medici di base nelle costituende case della salute. Il leader dei centristi ha dunque ribadito la necessità di prevedere un adeguato stanziamento di risorse e ha evidenziato la sua contrarietà al punto “i” dell’articolo 5 perché – a suo giudizio – si traduce in una disponibilità di immobili di grandi dimensioni. Giorgio Oppi ha concluso rivolgendosi direttamente all’assessore Arru perché garantisca una posta finanziaria adeguata ed ha definito “insufficiente” quella prevista per l’istituzione dell’Areu.

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha ribadito le critiche all’impianto normativo ed al modo di procedere attraverso l’approvazione di emendamenti che stravolgono nei fatti il testo esaminato nella commissione consiliare della Sanità. Nello specifico, l’esponente della minoranza ha denunciato il rischio che, così come è ipotizzata nella Pl 71, “la casa della salute diventi una Rsa senza testa e senza coda”. «Ho grandi dubbi sul palinsesto della legge – ha concluso Dedoni – una legge che non è utile perché non produce alcuna riforma».

Per il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, anche le case della salute rappresentano teoricamente una realtà importante, ma ha evidenziato che ai commi 1 e 2 vengono definite le funzioni teoriche, «copiate ma non pensate per il nostro territorio». Per Rubiu «mancano dati, percentuali, programmazione, non definisce una strategia, e non risponde ai bisogno dei sardi». Per quanto riguarda il comma 3 per l’esponente dell’opposizione, si tratta di pura fantasia. «Il più divertente è il comma 4», ha affermato, perché non individua «né le risorse né i soggetti di cui stiamo parlando». E ha aggiunto: «Siete bravi nel copia e incolla ma incapaci di pensare ai reali strumenti per dare risposte. L’aspetto che mi duole di più e che avremmo potuto discutere di misure urgenti per la sanità, invece abbiamo davanti un testo fittizio». Rubiu ha esortato la maggioranza a ritirare il testo e riportarlo in Sesta commissione. Il consigliere del Pd, Roberto Deriu si è detto confuso per le affermazioni della minoranza che parlano a loro volta di confusione con affermazioni contraddittorie. «Intervengo  – ha affermato Augusto Cherchi (Partito dei sardi) – perché stiamo cercando di discutere di argomenti importanti, seri, senza dare quel contorno di serietà che merita. Io riparto dal titolo: norme urgenti». Cherchi  ha affermato che il 118 va riformato in modo urgente e che l’assistenza territoriale, quella di cui tutti hanno più bisogno, deve essere riorganizzata, passando da un concetto di cura a quello di prendersi cura. Per il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis: «Se questo dibattito aveva bisogno di un momento di chiarezza lo ha fatto il collega Roberto Deriu, che mi dovrà spiegare il suo intervento». E ha aggiunto: «Questo è lo specchio di quello che la maggioranza ha in animo di fare con buoni propositi, con obiettivi pomposamente esaltati come enunciazioni» senza un piano concreto e operativo. Per Pittalis questa legge sta creando preoccupazione tra gli operatori sanitari, visto che la maggioranza non ha tenuto conto delle riflessioni fatte dagli organismi sindacali e di categoria in commissione. «Vi aspettiamo ai primi di giugno per vedere cosa riuscirete a fare. Se c’è confusione questa è dalla vostra parte», e ha concluso: «Per fare pasticci di questa natura sarebbe stato meglio non fare nulla».

Per la Giunta, l’assessore della Sanità Luigi Arru ha dichiarato che non si sta procedendo col metodo della tabula rasa e, quanto al confronto con gli operatori, ha annunciato che fin da domani partirà “una 48 ore” di confronto a tutto campo con gli addetti ai lavori in collaborazione con l’Università Sant’nna di Pisa, a partire dai medici di famiglia. «Il nostro obiettivo – ha spiegato – è quello di trovare una alternativa all’ospedale per le acuzie e per questo lavoreremo molto sugli uomini e sulla loro motivazione». Arru ha citato in proposito l’esempio della blue tongue, ricordando che «prima c’erano oltre 100.000 capi morti mentre oggi sono appena 15 ma non abbiamo fatto niente di speciale, abbiamo solo messo assieme le risorse umane esistenti». La tendenza internazionale, ha concluso Arru, «è quella di attivare alla luce delle dinamiche demografie negative una alternativa alla centralità dell’ospedale, anche perché in Sardegna avremmo l’indice di vecchiaia più alto di tutta Italia insieme alla Liguria».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi invitato il relatore della maggioranza ad esprimere il parere sugli emendamenti all’articolo 5. Il consigliere del Pd, Luigi Ruggeri, ha espresso parere favorevole all’emendamento 369 e ha formulato un invito al ritiro per l’emendamento 67 ed ha quindi espresso parere contrario per gli emendamenti: 187, 188, 221, 350, 82, 182, 220, 83, 183, 219, 84, 185, 234, 351, 189, 190, 87, 192, 191, 379.

Il presidente del Consiglio ha chiesto alla Giunta di formulare il parere di competenza. L’assessore della Sanità, Luigi Arru, ha dichiarato di rimettersi al parere espresso dal relatore di maggioranza.

Il presidente Gianfranco Ganau ha posto in votazione gli emendamenti: 64, 168, 275, 337. Sono intervenuti per dichiarazione di voto: Alessandra Zedda (Fi), favorevole; il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, contrario; il consigliere di Fi, Ignazio Locci, favorevole; il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, favorevole; il capogruppo del Centro democratico, Roberto Desini, contrario; il consigliere di Fi, Marco Tedde, favorevole; la consigliere del Cd, Anna Maria Busia, contraria; il consigliere di Fi, Oscar Cherchi, favorevole; il consigliere di Fi, Stefano Tunis, favorevole; il consigliere dell’Udc, Giorgio Oppi, favorevole; il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, favorevole. Concluse le dichiarazioni di voto, il presidente Ganau ha dichiarato aperta la votazione (52 votanti, 21 a favore e 31 contrari) con la quale l’Aula ha respinto gli emendamenti 64, 168, 275, 337.

Il presidente ha dichiarato inammissibile l’emendamento 262 ed ha proceduto con la votazione degli emendamenti 68, 169, 236, 338 (52 votanti, 20 a favore e 31 contrari) che sono stati respinti. Respinti con successive votazioni a scrutinio elettronico palese gli emendamenti 69, 170, 232, 339, 70, 171, 231, 340, 71, 172, 230, 341, 72, 173, 229, 342, 73, 174, 228, 343, 74, 175, 233, 344, 75, 176, 227, 345, 76, 177, 226, 346, 77, 178, 225, 347, 78, 179, 224, 348, 79, 180, 223, 80, 181, 222, 349, 81, 184, 221, 350, 82, 182, 220, 83, 183, 219, 84, 185, 234, 351, 85, 186, 235, 352.

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione l’emendamento 65. Per dichiarazione di voto sono intervenuti i consiglieri: Ignazio Locci (Fi), favorevole; Oscar Cherchi (Fi), favorevole; Alessandra Zedda (Fi), favorevole; Marco Tedde (Fi), favorevole. L’Aula ha quindi respinto l’emendamento 65 con 20 voti favorevoli e 31 contrari.

Il presidente ha proceduto con la votazione dell’emendamento 66. Sono intervenuti per dichiarazione di voto i consiglieri: Ignazio Locci (Fi), favorevole e Michele Cossa (Riformatori), favorevole. Il Consiglio ha respinto l’emendamento 66 con 20 voti a favore e 30 contrari. Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione l’emendamento 86 che a conclusione della dichiarazione di voto a favore del consigliere, Oscar Cherchi (Fi), è stato respinto con 21 voti a favori e 31 contrari. Respinto con 20 voti a favore e 31 contro anche l’emendamento 107.

Il presidente Gianfranco Ganau ha quindi posto in votazione l’emendamento sostitutivo parziale n. 369 (primo firmatario il capogruppo del Pd, Pietro Cocco), con parere favorevole della commissione e della Giunta che prevede la sostituzione del comma 5 dell’articolo 5 della Pl 71 con la seguente dicitura: «La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, disciplina funzioni e organizzazione della case della salute, prevedendo livelli e tipologie differenziati per la modulazione delle attività di cui al precedente comma 3, in base alle caratteristiche territoriali e alla programmazione delle reti assistenziali, garantendo una localizzazione equilibrata delle strutture in tutto il territorio regionale che tenga conto di quelle già esistenti o previste nei piani sperimentali approvati, nonché delle aggregazioni funzionali territoriali e delle unità complesse di cure primarie di cui alla normativa vigente». Sono intervenuti per dichiarazione di voto i consiglieri: Lorenzo Cozzolino (Pd), favorevole; Ignazio Locci (Fi), contrario; Alessandra Zedda (Fi), contraria; Giorgio Oppi (Udc), contrario.

L’emendamento 369 è stato approvato con 31 voti a favore e 20 contro.

Il presidente del Consiglio ha quindi dichiarato che a seguito dell’approvazione dell’emendamento 369 sono decaduti gli emendamenti: 67, 87, 192  e 191 ed ha proceduto con la messa in votazione dell’articolo 5 della proposta di legge n. 71.

In sede di dichiarazione di voto il consigliere, Ignazio Locci (Fi), si è dichiarato contrario ed ha ribadito le critiche espresse nel corso del dibattito verso l’intero provvedimento ed in particolare su quanto previsto per le case della salute soprattutto per ciò che attiene i cosiddetti bacini di utenza.

Il consigliere di Fi, Oscar Cherchi, ha dichiarato il voto contrario denunciato il pericolo che le case della salute si traducano in un caos con conseguenze dannose per la sanità sarda.

Il capogruppo dell’Udc, Luigi Rubiu, ha dichiarato il voto contrario ed ha ribadito la necessità di una vera riforma sanitaria vicina ai bisogni dei cittadini sardi ed ha paventato il rischio che le case della salute producano lo sfascio delle casse regionali.

Il capogruppo di “Sardegna Vera”, Efisio Arbau, non ha nascosto la parziale fondatezza di alcune perplessità espresse dai consiglieri della minoranza ma ha dichiarato il voto favorevole all’articolo 5 perché – così ha spiegato Arbau – rappresentano una sfida per una nuova classe dirigente sarda.

Il capogruppo dei Riformatori, Michele Cossa, ha dichiarato il voto contrario, sottolineando come il testo in esame rappresenti un “sistema disomogeneo e disarmonico”. «Non siamo contro le case della salute – ha spiegato l’esponente della minoranza – ma siamo contro le case della salute come sono normate all’articolo 5 della Pl 71».

Concluse le dichiarazioni di voto si è proceduto con la votazione dell’emendamento 369 che è stato approvato con 31 voti a favore e 19 contrari.

Il presidente Ganau è quindi passato alla votazione degli emendamenti aggiuntivi all’articolo 5 ed ha posto in votazione l’emendamento 187. Sono intervenuti per dichiarazione di voto i consiglieri Michele Cossa (Riformatori), favorevole; il capogruppo di “Sardegna Vera”, Efisio Arbau che ha espresso la disponibilità ad affrontare in sede di riforma l’ipotesi contenuta, nell’emendamento presentato da Cossa,  di inserire gradualmente nelle case della salute i servizi dell’area socio assistenziale. Il consigliere Ignazio Locci (Fi) favorevole; mentre la consigliere del Pd, Rossella Pinna, si è dichiarata “assolutamente contraria”. Il consigliere dei Riformatori sardi, Luigi Crisponi, ha dichiarato il voto a favore ed ha polemizzato con la consigliere del Pd, Rossella Pinna.

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi posto in votazione l’emendamento aggiuntivo 187 che è stato respinto con 20 voti a favore e 29 contrari.

Il presidente Ganau ha quindi aperto la discussione sull’articolo 6 “Ospedali di Comunità” e sugli emendamenti. Per il consigliere dei Riformatori sardi, Michele Cossa, si tratta di «un altro pezzo disarmonico di questo provvedimento legislativo. Tutte cose potenzialmente buone prese singolarmente, il quadro d’insieme che viene fuori è però disastroso. Vengono istituiti gli ospedali di comunità senza spiegare esattamente cosa sono, prenderanno il posto dei piccoli ospedali? Sono le cosiddette Rsa? Questo non è chiaro». Cossa ha poi aggiunto: «Se fossero un veicolo per eliminare quelle duplicazioni di offerta sanitaria che sono presenti in varie parti dell’Isola, allora ci potremmo anche ragionare. Però questo non è chiaro». Per l’esponente della minoranza si tratta di un testo è generico che crea confusione.

Per Ignazio Locci (Forza Italia) gli ospedali di comunità rappresentano il mezzo per razionalizzare la rete ospedaliera a discapito dei piccoli ospedali di periferia. «Mi auguro che non sarà così perché a me stanno molto a cuore gli ospedali di periferia, che non sono la causa di tutti i mali della sanità, anzi». Per Locci l’articolo 6 non è  uno strumento utile all’avvio della riforma sanitaria. Il vice presidente del gruppo di Forza Italia, Alessandra Zedda, ha ribadito che sarebbero serviti maggiori approfondimenti, perché gli ospedali di comunità sono una buona soluzione, ma manca un’analisi attenta delle strutture da riconvertire, dei costi, (“lo farà la Giunta in un secondo momento?”), in che modo incideranno sui piccoli ospedali, sui poliambulatori. Zedda ha proposto alla maggioranza di fare una pausa e ragionare insieme «per migliorare quello che stiamo andando ad approvare». L’esponente azzurro ha ricordato che alla base della norma c’era la riduzione dei costi, mentre finora è stata approvata soltanto l’istituzione di altre strutture. Il consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, ha affermato che nel merito si trovava d’accordo con quanto stabilito dall’articolo 6, ricordando che gli ospedali di comunità risalgono agli anni ’20 in Gran Bretagna e che i primi in Italia sono stati istituiti in Emilia Romagna (“loro ne hanno soltanto tre”). Cherchi ha manifestato preoccupazione per come possano essere recepite queste strutture nei territori che le vedranno contrapporsi agli ospedali di periferia e alla sanità privata. Lorenzo Cozzolino (Pd) ha spiegato che «gli ospedali di comunità garantiscono la cura di tutte quelle persone che necessitano di cure per non acuti, riducendo i ricoveri negli ospedali». E ha aggiunto che anche nel Patto della Salute ci sono gli ospedali di comunità, che nasceranno dalla riconversione di strutture già esistenti e nell’ambito della razionalizzazione della rete ospedaliera.

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd), relatore del provvedimento, ha invitato l’Aula ad interpretare correttamente la definizione di ospedali di comunità «come momento di ristrutturazione della rete ospedaliera ed anello di congiunzione fra territorio e rete ospedaliera, luogo in cui trattare in maniera efficace il paziente che ha un modesto bisogno di cure uscendo dalla visione ospedalo-centrica». «Su questo terreno – ha precisato – ci può essere un punto di incontro, fermo restando che ognuno che ognuno deve fare il suo mestiere in un certo territorio e che le funzioni dovranno essere svolte in raccordo con il bacino di utenza».

Il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni si è detto disponibile a convergere con quanto affermato da Ruggeri nell’ottica di una razionalizzazione ma il problema, ha avvertito, «è che questa razionalizzazione non c’è in una legge fatta di segmenti disomogenei: sul territorio, ad esempio, ci sono ospedali che vanno messi in rete restituendoli ad una funzione più efficace ma esistono anche territori privi di strutture, serve insomma una analisi molto approfondita che nella legge manca».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha richiamato l’attenzione dell’Aula sulle esperienze degli ospedali di comunità portati avanti nelle altre Regioni e successivamente ha messo l’accento sulla proposta della maggioranza parla che parla di interventi di “ristrutturazione” della rete ospedaliera. «Non vorrei – ha detto – che fosse una foglia di fico per nascondere operazioni di taglio dei posti letto, magari legati in qualche modo all’operazione San Raffaele». «Bisognerà pur dare qualche risposta – ha detto Pittalis – agli ospedali periferici di Bosa come di Sorgono, di Thiesi come di Iglesias e su questo occorre da parte dell’assessore una parola di chiarezza». Quanto all’emendamento che prevede il commissariamento delle aziende sanitarie, il capogruppo di Forza Italia, si è espresso in modo fortemente critico; «viene motivato con la riorganizzazione ma, oltre alla figura del commissario, si prevedono quelle di un coordinatore amministrativo e uno sanitario». Rivolto alla maggioranza, Pittalis l’ha invitata ad «evitare questa vergogna perché, fra l’altro, sarà difficile sostenere questa tesi davanti al giudice amministrativo, è una porcheria!».

L’assessore della Sanità, Luigi Arru, ha affermato che «tutto va visto nell’ottica della circolarità superando le tante barriere artificiali individuando il servizio migliore per il paziente che ha superato la fase di acuzie e deve poter restare in un ambiente protetto». «Non vogliamo tagliare – ha aggiunto – ma siamo obbligati a fare scelte complesse dal Patto della salute e comunque speriamo di poter accedere ad una quota di fondi nazionali ma, al di là di questo aspetto, non esistono alternative: o garantiamo integrazione e continuità delle cure o perderemo la battaglia, continuando ad avere un surplus di codici bianchi al pronto soccorso e reparti di geriatria non efficienti». Rispondendo all’osservazione del consigliere di Forza Italia Pittalis sul commissariamento delle aziende sanitarie, l’assessore ha affermato che «la Giunta ha fatto una riflessione, ritenendo necessaria la presenza di figure di supporto, accanto al commissario, per poter gestire in modo efficiente situazioni particolarmente complesse che caratterizzano le aziende di grandi dimensioni».

Dopo l’intervento dell’assessore il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta. I lavori del Consiglio riprenderanno mercoledì prossimo, 12 novembre, alle 10.00, con la prosecuzione della discussione sugli articoli della Proposta di Legge 71/A fino al voto finale sul provvedimento.  A seguire l’Aula sarà impegnata nell’esame del disegno di legge n. 72 (Giunta regionale) – Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione – che sarà esaminato dalla Prima commissione, per il parere, nella seduta convocata per lo stesso, mercoledì 12 novembre, alle 9.00.

Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Consiglio regionale 3 copia

E’ in corso, in Consiglio regionale, il dibattito sulla proposta di legge n. 71 “Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale”-

La seduta si è aperta stamane sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Il primo a parlare è stato il consigliere Raimondo Perra (Psi) che ha iniziato il suo intervento mettendo l’accento sull’urgenza del provvedimento, «che nasce dalla necessità di ridurre il deficit della spesa sanitaria con il contributo di tutti perché la salute è un bene collettivo e di uscire dall’immobilismo che ha caratterizzato finora la politica sanitaria in Sardegna; un compito che spetta a chiunque governi, quindi anche l’opposizione può e deve partecipare al processo decisionale, offrendo contributi e spunti di riflessione di cui la maggioranza non potrà che tener conto». Passando ad esaminare i contenuti della legge, il presidente della commissione Sanità ha messo in luce gli aspetti innovativi «della centrale committenza cui dovranno fare riferimento per tutte le aziende, della riorganizzazione della rete di emergenza-urgenza sul territorio, del servizio di elisoccorso che manca in Sardegna a differenza di tutte le altre Regioni, dell’adeguamento dopo la soppressione delle Province della presenza istituzionale sul territorio, delle case della salute come momento di promozione dei processi di riqualificazione tanto dei servizi quanto della spesa superando la visione ospedalo-centrica». Gli ospedali invece, secondo il consigliere, «devono puntare sull’eccellenza e sul contrasto alla mobilità passiva che in Sardegna vale circa 70 milioni l’anno, mentre quelli di comunità devono garantire adeguati livelli di cura per situazioni di non acuti; è importante inquadrare anche questi interventi in uno scenario di sostenibilità futura del sistema sempre più caratterizzato da un processo complessivo di invecchiamento della popolazione»«In definitiva – ha concluso Perra – siamo di fronte ad una riforma importante che non sarà la migliore possibile ma l’inizio di un percorso».

Il consigliere Edoardo Tocco (Forza Italia) ha ripreso in parte le argomentazioni del consigliere Perra che ha parlato di «coraggio e determinazione» ma ha affermato che «finora non si sono visti», in un quadro generale in cui «il riferimento deve essere quello di fornire buoni servizi ai cittadini, soprattutto in questo momento di crisi». Quello annunciato dalla maggioranza, cioè il taglio delle Asl, a giudizio di Tocco «non coincide con la razionalizzazione, si vuole solo tagliare anziché fare una vera riforma rivolta al futuro». «Ciò che manca – ha aggiunto Tocco – è un vero orientamento al servizio che non deve penalizzare i territori soprattutto quelli più piccoli e decentrati». Quanto alla nuova azienda per l’emergenza-urgenza, a giudizio dell’esponente di Forza italia, «è una sorta di corpo estraneo, sarebbe stato meglio rivedere l’organizzazione delle aziende a favore dei piccoli paesi, perché questo avrebbe davvero ridotto la spesa: così come è stata immaginata, la nuova azienda è un intervento senza logica, fa aumentare certamente la spesa arrivando dopo un processo in cui da una parte si taglia e dall’altra si prevedono nuove spese, ad un saldo negativo». Il Consiglio, dunque, «deve essere all’altezza di un problema che interessa davvero tutti, perché è giusto cambiare gli assetti di governo della sanità sarda ma non può essere l’unico obiettivo». 

Il presidente Ganau ha dato, quindi, la parola a Lorenzo Cozzolino, il quale ha sottolineato che sulla proposta di legge in discussione c’è ancora confusione e ha voluto puntualizzare alcuni aspetti del provvedimento. «Non è un nuovo piano del sistema sanitario regionale – ha affermato – ma è un primo passo verso il riordino della spesa sanitaria. Se non iniziamo adesso per bloccare la spesa non ne verremo fuori». Cozzolino ha sottolineato poi l’importanza della centrale unica di committenza, «perché pianifica e aggrega la domanda pubblica» e porterà a un importante risparmio. Sull’Areu secondo il consigliere «si è fatta troppa demagogia» e ha sottolineato che non creerà alcun aggravio per la spesa sanitaria. Importanti, secondo Cozzolino, anche la risposta periferica del sistema sanitario con le case della salute e gli ospedali di comunità. Secondo l’esponente del Pd si ridurranno le liste d’attesa, i costi e si daranno maggiori e migliori risposte al territorio.

Il consigliere del Psd’Az, Marcello Orrù, vice presidente della Sesta Commissione, nel suo intervento ha chiarito alla maggioranza di essere d’accordo con la sostituzione dei direttori generali delle Asl ma di essere, invece, preoccupato dei danni che si creano alla Sanità sarda con l’approvazione della Pl 71. Per Orrù il testo porterà un aggravio di spese e diverse criticità, ossia le case della salute e gli ospedali di comunità. Si creerà disoccupazione, perché, ha spiegato, verranno ridotta l’attività dei medici di base e verranno tolte loro le indennità per i collaboratori. «Gli ospedali di comunità ci faranno assistere alla chiusura degli ospedali esistenti, con il rischio di andare, come sta succedendo in altre regioni, verso la sanità a pagamento». Per Orrù «se questa riforma verrà attuata avremmo una decadenza della sanità» e soltanto chi avrà i soldi potrà farsi curare. Il consigliere ha affermato che la riforma sanitaria deve essere fatta assieme con i comuni e non calata dall’alto.

Il consigliere del Pd, Franco Sabatini, ha sottolineato l’importanza della riforma all’attenzione del Consiglio, sia per il “peso” che il settore ha nel bilancio della Regione e sia per l’incidenza che nella società sarda hanno i servizi sanitari.

Il presidente della Terza commissione ha dichiarato in apertura del suo intervento il suo favore alle disposizioni contenute nella proposta di legge 71, evidenziando però alcune perplessità. Sabatini ha quindi affermato la necessità di dar seguito alle disposizioni di legge e ai contenuti delle riforma. «Il problema – ha dichiarato il consigliere della maggioranza – non è solo fare una buona legge quanto garantirne la piena applicazione e la completa attuazione». Sabatini ha quindi denunciato la presenza all’interno del sistema sanitario sardo di veri e propri “centri di potere autoreferenziali” che contrastano ogni possibile cambiamento. L’esponente dei democratici ha inoltre rivolto critiche al sistema della cliniche universitarie. «Dobbiamo mettere in luce le tante anomalie che ancora sono presenti – ha spiegato Sabatini – perché è impensabile che al centro non ci siano i malati e la preparazione degli allievi ma solo le carriere di alcuni».

Il presidente della commissione Bilancio ha quindi sintetizzato i tre obiettivi che stanno alla base del Pl 71: contrasto alla spesa sanitaria («spesa sanitaria e spesa obbligatoria ingessano il bilancio regionale e impediscono investimenti per lo sviluppo»); miglioramento dei servizi («il sistema sanitario sardo garantisce un buon livello di sanità ma si può migliorare»); garantire la presenza capillare nei territori della Sardegna («perché è lì che si incontrano i bisogni dei sardi»).

Sabatini ha quindi lamentato livelli di spesa ospedaliera spropositati e al di fuori dei parametri nazionali, così come – a giudizio del consigliere Pd – sono fuori parametro anche i posti letto nelle strutture sarde («ne abbiamo 6800 contro i 5300 e ogni posto letto costa circa 1000 euro al giorno»). «I posti letto – ha aggiunto Franco Sabatini – si sono moltiplicati perché la Regione ha moltiplicato  le strutture complesse e si sono promossi tanti primari inutili».

L’esponente del Pd ha quindi dichiarato il proprio favore per la riduzione delle direzioni generali nelle Asl ma ha auspicato una puntuale verifica sullo stato di funzionamento delle otto Asl sarde.

Il consigliere di Fi, Ignazio Locci, ha dichiarato che la Pl 71 ha una visione incentrata sulla cancellazione dei presidi periferici. L’esponente dell’opposizione ha quindi criticato alcune anticipazioni di stampa su quelle che dovrebbero essere le intenzioni e le imminenti volontà dell’esecutivo in materia di sanità. «La Giunta – ha dichiarato Locci – dimostra di ignorare le esigenze dei sardi, di non tenere conto delle volontà delle associazioni di categoria e anche del confronto con la minoranza in Consiglio regionale». Il consigliere di Forza Italia ha quindi denunciato come fin dalle prime battute la maggioranza abbia rifiutato l’ipotesi di una collaborazione sui contenuti della Pl 71 ed ha affermato che con «il pretesto del disavanzo si cerca di motivare la nomina dei commissari nelle Asl della Sardegna».

Ignazio Locci ha sottolineato come il costo della Sanità sarda sia a totale carico del bilancio regionale e ha invitato tutti a considerare le indicazioni del Cipe come semplici indirizzi. Il consigliere dell’opposizione ha quindi dichiarato di considerare il disavanzo delle Asl nel 2013 come «un positivo contributo al sostegno del Pil sardo».  Locci ha concluso ricordando che la spesa sanitaria in Italia resterà tendenzialmente in crescita fino al 2016 e ha affermato che le soluzioni in materia di sanità sono rappresentate dall’introduzione dei costi standard e di efficaci strumenti di budget. Ignazio Locci ha inoltre affermato che «non sarà tollerato alcun aumento del ticket sanitario».

Il consigliere Stefano Tunis (Forza italia) ha criticato il testo che «vorrebbe essere il primo passo di una riforma che identifica la spesa come il problema centrale del settore, mentre già dalle dichiarazioni programmatiche si annunciava la volontà di voler revocare la fiducia nei manager controllando anche le spese più minute». «Ora siete tutti “indagati” – ha dichiarato Tunis – è sarà complicato dimostrare che ciò che si sta facendo non serve solo ad affondare le mani nel governo delle aziende». «Nel testo – ha poi osservato il consigliere – ci sono molti salti logici; da una parte promettete una riduzione delle figure apicali ma poi offrite un aumento, giustificate una nuova azienda per razionalizzare mentre sarebbe corretto il contrario, dite di saper fare di conto ma dimenticate che il 70% della spesa è per il personale e le risorse umane, come incidete sul resto?» Procedendo per esclusione, secondo Tunis, «non resta che attribuire tutto all’incapacità dei manager ma, anche per questo, già oggi a legge invariata, si possono cambiare i manager, ovviamente in presenza di certe condizioni». Al giudizio storico sulle persone non ci stiamo, ha avvertito infine il consigliere di Forza italia, «perché vogliamo ragionare su altro, non impegnarci in un inutile muro contro muro ma, nel merito, lavorare per trovare soluzione condivise, per una sanità non a misura dei politici ma a misura dei cittadini che pagano le tasse».

Il consigliere Marco Tedde (Forza italia) ha detto che «non è semplice discutere di una riforma che non cambia nulla; ci troviamo in un clima surreale, a meno che non ci sia un maxi emendamento della Giunta che fa arrivare in Aula la vera riforma all’ultimo momento, come si apprende dalla stampa». «Per quanto riguarda il testo – ha proseguito Tedde – si parla di norme urgenti mentre si afferma il contrario, si vuole razionalizzare ma nello stesso tempo si aumenta la spesa, di disegna una mappa della sanità che prescinde da quella istituzionale che segue la soppressione delle Province: dunque non si riforma nulla e non si va al di là di un pretesto per commissariare le Asl, come dicono anche autorevoli esponenti della maggioranza». Non è che il commissariamento in se sia un delitto, ha detto ancora Tedde, «ma certamente non lo si può spacciare per riforma, anche perché questa maggioranza sta commissariando un pò tutto, ultimo esempio in ordine di tempo l’Ente foreste, per il quale la Giunta traccia degli indirizzi che sottopone al Consiglio ma non fa una vera riforma, anche in questo caso solo per supportare la decisione di commissariare l’Ente». «Il centro sinistra – ha sintetizzato il consigliere Tedde – appare sempre più pantagruelico e vorace, mai sazio, pensa solo al potere e non al bene della Sardegna e lo stesso Consiglio sta delegando tutto alla Giunta: un contesto generale da cui scompare la sanità vicina ai cittadini e resta solo l’avvicendamento di qualche uomo che non può cambiare la sanità sarda, né realizzare la riforma strutturale e coraggiosa che serve alla Sardegna».

Il presidente ha dato, poi, la parola ad Angelo Carta (Psd’Az), il quale ha riconosciuto che i principi generali sono condivisibili, ma ha criticato la norma che non è in grado di risolvere i problemi della sanità sarda. Mancano, secondo, il consigliere gli elementi di valutazione sulla situazione esistente per comprenderne le criticità e le situazioni da potenziare o da eliminare. Secondo Carta la sanità è sempre stata una miniera di voti ed è stata gestita male, serve sicuramente una seria riforma sanitaria ma non c’è alcuna urgenza di approvare questo testo. «La sanità una materia seria», ha detto rivolgendosi al presidente Pigliaru e all’assessore, e richiede un confronto approfondito e costruttivo, se così sarà «in questa strada non sarete soli».

Per Alberto Randazzo (Forza Italia) non si può affrontare una riforma sanitaria senza avere i dati dell’esistente. Il consigliere ha dichiarato che ha chiesto più volte questi dati, gli stessi richiesti in sede di approvazione del Patto della salute, ma non li ha mai avuti. Per questo motivo non è possibile, ha continuato, affrontare un argomento di tale portata senza capire da dove si parte e dove si vuole andare. Ci vogliono certezze, secondo Randazzo, non si può delegare tutte la azioni alla Giunta senza avere conoscenza della situazione.

Il consigliere, Augusto Cherchi (Soberania e Indipendentzia) ha affermato con nettezza che «la Pl 71 non rappresenta la riforma del sistema sanitario regionale e non è neppure una legge per procedere con la nomina dei commissari nelle Asl della Sardegna». «Sono norme – ha spiegato l’esponente della maggioranza – per avviare un processo di riforma che cancelli l’inefficacia e l’inefficienza dell’attuale sistema sanitario che si caratterizza anche per la sua antieconomicità, visto che assorbe il 60% circa dell’intero bilancio regionale».

A giudizio di Augusto Cherchi il sistema così come è strutturato attualmente non puo reggere e la Pl 71 getta le basi per procedere con un ridorino complessivo di servizi, funzioni e gestioni. Il consigliere del PdS ha quindi concluso con l’auspicio che l’intero Consiglio regionale partecipi a ridisegnare la sanità sarda.

Il consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, ha iniziato il suo intervento partendo dal titolo della Pl 71 “Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale”  per evidenziarne la contraddizione con quanto affermato dal consigliere Augusto Cherchi («non è una riforma ma un avvio di riforma») e per contestarne il requisito dell’urgenza. L’ex assessore dell’Agricoltura dell’ultimo esecutivo a guida Cappellacci è entrato quindi nel merito di quanto disposto dai singoli articoli della proposta di legge che ha come primo firmatario il capogruppo Pd, Pietro Cocco. Oscar Cherchi a domandato in tono polemico quale sia l’urgenza di una nuova azienda sanitaria per le urgenze e le emergenze e quale l’urgenza di procedere con l’istituzione della casa della salute.

L’esponente della minoranza ha quindi dato lettura di quanto disposto al comma 2 dell’articolo 7 della Pl 71, laddove si stabilisce che entro 120 giorni dall’approvazione della legge, la Giunta è tenuta alla presentazione di un apposito disegno di legge di riforma del sistema sanitario regionale. A giudizio di Oscar Cherchi è questo il dispositivo che consente all’esecutivo regionale di procedere con la nomina dei commissari nelle otto Asl della Sardegna («non ci sono ragioni per le quali si preveda in legge un successivo disegno di legge della giunta»). «Non ci sarebbe stato niente di scandaloso procedere con i commissari – ha concluso Oscar Cherchi – ciò che è invece non è opportuno è discutere e approvare una legge inutile per giustificare i commissariamenti».

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha ribadito l’intenzione della maggioranza di procedere alla riforma e respinto alcune interpretazioni provenienti dall’opposizione. «Tuttavia – ha sostenuto – pare che al di là delle forzature emerga una condivisione della necessità di intervenire per correggere lo squilibrio economico della sanità sarda, che incide pesantemente sul bilancio della Regione». Il problema, secondo l’opinione di Ruggeri, «non sono le case della salute o i tagli lineari dei costi ma dare vita ad un nuovo modello di sanità che va dall’ospedale al territorio, che sposta il servizio nel luogo più vicino al bisogno di salute, creando le condizioni per superare la situazione attuale in cui più che spendere troppo spendiamo male». «Il tempo – ha affermato ancora il consigliere – serve alla Giunta anche per supportare adeguatamente ogni intervento con dati certi, superando la logica che portava ad agire solo sull’offerta ospedaliera, trascurando l’offerta di salute complessiva extra ospedaliera ed è qui anche la ratio del nuovo sistema di emergenza urgenza». «Forse questa riforma non è la cosa più giusta – ha precisato Ruggeri – ma è la cosa migliore in questo momento, avremo un bilancio misurabile all’interno di una logica che cambia il sistema e non solo i manager». Sul piano politico, l’esponente del Pd ha affermato che «il centro destra può dimostrare, col suo dissenso, che può far riflettere e cambiare la maggioranza senza arroccarsi sul mantenimento di certe posizioni: se è così potremo condividere molte cose».

Il consigliere Gianluigi Rubiu (Udc) ha espresso imbarazzo «perché non si sa di quale proposta di legge si deve parlare dopo aver letto sui giornali di accorpamenti di Asl e di costituzione di distretti». La proposta in esame, ha aggiunto, «apparentemente contiene proposte interessanti, come la razionalizzazione del sistema ed il migliore utilizzo delle risorse umane ed economiche, ma le perplessità arrivano quando ci si sofferma sulle modalità con cui si vogliono realizzare questi obiettivi». Rubiu ha poi definito la proposta un provvedimento «in cui i problemi si citano senza risolverli e senza nessuna novità; la proposta della casa della salute, ad esempio, si trova integralmente sul sito del Ministero della Salute mentre, per gli ospedali di comunità, sono evidenti i richiami alla Regione Veneto». Quanto poi alla centrale di committenza ed ai distretti sanitari, per Rubiu «si tratta di cose già sentite da anni che non rappresentano novità e di cui non si capisce l’urgenza». La parte per certi aspetti più innovativa, a giudizio del consigliere dell’Udc, «è quella della nuova agenzia per l’emergenza-urgenza, peraltro scopiazzata dal Veneto, ma appare sottostimata la copertura finanziaria perché costa moltissimo e 600 mila euro l’anno non possono bastare, il suo vertice è eccessivo rispetto alle esigenze di semplificazione più volte richiamate, così come è elefantiaca la composizione della centrale unica di committenza con 20 persone e costi in proporzione». «In realtà – ha concluso – si vuole solo occupare il potere ingannando i sardi con una riforma che è solo un agglomerato di ipotesi fantasiose, una proposta virtuale che non può risolvere i problemi reali».

Per il vice presidente del gruppo di Forza Italia, Alessandra Zedda, questa proposta di legge non affronta ciò che cita in premessa ma crea soltanto confusione e ragiona ancora come gestione della sanità e non mette la centro il diritto alla salute dei cittadini. La Zedda ha evidenziato che non si era mai vista una legge che rimanda a un’altra legge per la cura definitiva del “malato” sanità. Zedda ha evidenziato che il testo è confuso e non agisce in modo organico, visto che non c’è alcuna menzione di cosa ne sarà dei poliambulatori, delle guardie mediche e dei piccoli ospedali. Il consigliere di Forza Italia ha anche evidenziato che, nella parte finanziaria, non si parla di risparmi ma soltanto di ulteriori costi, 600mila euro, per il funzionamento dell’Areu. «Credo che se veramente vogliamo dare un senso compiuto a una “pre-riforma”, possiamo impegnarci per migliorarla». Zedda ha auspicato che l’Aula voglia affrontare in modo concreto il problema e non voglia fermarsi soltanto alla sostituzione di medici con altri medici.

I lavori sono stati interrotti e ripresi alle 16.30 con gli interventi degli undici capigruppo e si concluderanno alle 19.00, termine ultimo per la presentazione degli emendamenti.

I lavori del Consiglio proseguiranno anche domani alle 15,30 con l’esame del disegno di legge 99 “Disposizioni transitorie in materia di riordino dell’Ente foreste della Sardegna”, se esitato dalla competete Commissione, diversamente si proseguirà con l’esame del Pl 71.

    

Consiglio regionale 3 copia

Sono state presentate questa mattina, in Consiglio regionale, le relazioni di maggioranza e minoranza della proposta di riforma del sistema sanitario regionale, la cui discussione generale inizierà martedì 28 ottobre, alle 10.30. Dopo la presentazione delle relazioni, inoltre, l’Assemblea ha esaminato le mozioni e gli altri argomenti all’ordine del giorno.

La proposta, ha iniziato Gigi Ruggeri (Pd), relatore di maggioranza «corrisponde all’esigenza di inserire un argine alla deriva finanziaria della spesa sanitaria, da sempre al centro del dibattito sui sistemi di tipo universalistico, senza diminuire qualità dei servizi e dell’assistenza». «Negli ultimi cinque anni in Italia – ha aggiunto Ruggeri – la spesa è cresciuta di crescita di 2 miliardi l’anno ed in Sardegna, rispetto tetto definito dalla conferenza Stato-Regioni, ha superato nel 2013 i 3 miliardi al netto di Irap mentre modello di assistenza non ha fatto significativi passi avanti rispetto logica ospedalocentrica. Problema vero è rinuncia a governare questi processi, se non attraverso nuove regole sulle procedure di acquisizione di beni e servizi e sui protocolli diagnostico-terapeutici che non hanno funzionato, ed anche alcune nuove leggi hanno lasciato intatto l’enorme spazio di potere riservato ai direttori generali». Così, secondo il consigliere del Pd, «il sistema non può reggere perché mancano una centralizzazione del governo clinico e della committenza, un ragionamento complessivo che va esteso alla ristrutturazione della rete ospedaliera perché siamo al di sopra della media nazionale, una offerta articolata in modo diverso». E’necessario poi «mettere in rete i sistemi ospedalieri – ha osservato Ruggeri – dato Sardegna terza in Italia per ipodensità dopo la Val d’Aosta e la Basilicata, una bassissima densità di popolazione del tutto peculiare di cui si deve tener conto nella programmazione di un sistema di emergenza-urgenza di migliore qualità». «Altro obiettivo qualificante della proposta – ha concluso il consigliere del Pd – quello di ridisegnare il sistema dell’assistenza territoriale, una realtà nella quale oggi esistono ampie quote di domanda di salute che restano senza risposta; una realtà che possiamo cambiare realizzando nuove case salute e ospedali comunità, questa legge è solo il punto iniziale di un processo di riforma molto articolato».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi), relatore di minoranza, ha affermato che, da un lato, «c’è l’esigenza condivisa di un processo radicale di riforma come dimostra la presentazione di diverse proposte di legge; dall’altro una proposta che viene portata all’attenzione dell’Aula senza una attenta analisi attività della realtà esistente ed una valutazione dell’impatto delle diverse misure sul sistema». «Sarebbe imperdonabile – ha avvertito Cossa – pensare che i problemi reali siano quelli delle persone che governano la sanità sarda e non bastano piccoli aggiustamenti ma servono interventi strutturali per dare vita ad un nuovo sistema adatto alla nostra specificità». In altre parole, secondo il consigliere, «la sanità sarda ha bisogno di meno aziende, meno spazi di potere, meno politica, più attenzione all’assistenza ed alla salute dei cittadini, ma di tutto questo non c’è traccia in un provvedimento insufficiente e forse dannoso». «Il sistema attuale – ha poi ricordato l’esponente dei Riformatori – risale agli anni ’70 e consisteva nel curare le persone nel momento del bisogno acuto; adesso è ora di cambiare passando dal curare al prendersi cura, con l’ospedale che deve diventare un incidente nella vita di persona mentre il servizio pubblico deve garantire altro, seguire la persone nelle diverse fasi della sua vita». «Inoltre – ha continuato il relatore di minoranza – serve un modello sardo della sanità che magari prende spunto da altri ma poi sa adattarsi alla nostre peculiarità insulari e geomorfologiche; questa è strada per ritrovare efficienza ed efficacia, prima un quadro chiaro, poi tutto il resto». Avviandosi alla conclusione, Cossa ha detto che «da questa legge non uscirà nulla di buono, perché cambiano i direttori ma resta uguale tutto il resto, fra qualche mese dovremo tornare sull’argomento, senza dimenticare che tutte le audizioni della Commissione sanità hanno dato un parere negativo su questa proposta, che di fatto blocca una riforma solo per cambiare i direttori».

L’Assemblea ha proseguito l’esame dell’ordine del giorno con l’illustrazione della mozione 79 (Truzzu e più) sulla mobilità giovanile. Il presidente Ganau ha dato, quindi, la parola al consigliere di Fratelli d’Italia, Paolo Truzzu, il quale ha spiegato l’importanza di dare ai giovani la possibilità di fare esperienze all’estero con il progetto Erasmus. Ma il consigliere Truzzu non si è fermato all’Erasmus nel suo intervento, ha infatti parlato di un progetto complessivo che dovrebbe avere la Regione per contribuire a formare i nostri giovani e dare loro la possibilità di acquisire nuove competenze e l’apertura mentale verso ciò che è diverso. Truzzu si è detto convinto europeista, ma di un’Europa di popoli e non di un’Europa delle banche.

Truzzu ha citato alcuni dati: un terzo dei giovani che hanno usufruito del progetto Erasmus hanno incontrato il proprio partner durante questa esperienza. «La Commissione europea ha anche evidenziato – ha continuato Truzzu – che la capacità occupazionale dei ragazzi che hanno fatto l’Erasmus è superiore del 50 per cento rispetto agli altri studenti». Dati importanti che, secondo il proponente della mozione, evidenziano l’impatto sull’economia, sul turismo, sulla cultura e sull’occupazione offerto dai progetti di mobilità europea. Per questi motivi ha chiesto alla Giunta di istituire un «tavolo di lavoro (a cui saranno invitati a partecipare gli assessori competenti per materia, il presidente della Commissione competente, i Magnifici Rettori dell’università di Cagliari e Sassari, i presidenti dell’ERSU di Cagliari e Sassari, il presidente dell’ANCI e dell’ASEL Sardegna, i sindaci dei Comuni di Cagliari e Sassari e i rappresentanti delle associazioni di mobilità studentesca internazionale di maggiore rappresentatività) che per oggetto avrà l’individuazione degli interventi strutturali e finanziari per far crescere il numero dei giovani che potenzialmente potrebbero arrivare nella nostra Isola tra il 2014 e il 2020 per effetto dei programmi e dei fondi per la crescita inclusiva istituiti dall’Unione europea o dagli strumenti regionali derivanti da fondi indiretti«.

Truzzu ha anche ricordato che la Comunità europea ha finanziato un progetto Erasmus anche per gli imprenditori e ha ricordato l’importante evento che si terrà a Cagliari, il meeting internazionale Agora, a cui parteciperanno 800 giovani provenienti da tutta Europa, grazie all’associazione Aegee, voluta dallo scomparso Paolo Carta e da Stefano Tunis.

Il presidente ha dato, quindi la parola a Stefano Tunis, consigliere di Forza Italia, il quale ha condiviso l’assoluta importanza del progetto Erasmus, ma anche di tutti i progetti di mobilità europea non soltanto finalizzati all’istruzione. Tunis ha ricordato i notevoli risultati avuti grazie al programma Move (mobilità opportunità e volontariato in Europa). L’obiettivo, secondo l’esponente della minoranza che ha proposto di trasformare la mozione in un ordine del giorno unitario, è di «accompagnare e agevolare la crescita delle risorse umane, con un bagaglio di competenze certificato e spendibile».

Ignazio Locci (Forza Italia), d’accordo con il collega di partito, ha ricordato di essere stato uno di quei ragazzi sardi «ad aver avuto la fortuna di fare questa esperienza e di avere acquisito un patrimonio culturale di cui mi sento arricchito, grazie all’opportunità che mi è stata data dall’Università». E ha aggiunto che «dovrebbe essere obbligatorio per i giovani partecipare alla mobilità europea». Locci ha apprezzato anche l’iniziativa di sostegno messa in campo dal sindaco di Elmas, il quale sta aiutando i residenti a formarsi all’estero e cercare nuove opportunità. Da questi viaggi i nostri giovani rientrano in Sardegna più arricchiti, ha affermato Locci, ma è necessario che la Regione Sardegna sostenga il diritto allo studio, le Università, il volontariato e l’associazionismo sardo che si occupa di fare l’accoglienza dei giovani europei che vengono a fare esperienza nell’Isola.

Il capogruppo del Psd’Az, Christian Solinas, ha dichiarato condivisione per i temi trattati nella mozione 79 ed ha sottolineato come il testo all’esame dell’Aula abbia il pregio di introdurre, all’attenzione del Consiglio, uno dei pochi strumenti che mira alla costruzione degli europei prima ancora dell’Europa. L’esponente della minoranza ha dichiarato apprezzamento per i progetti Erasmus e verso tutte le iniziative che favoriscono la mobilità giovanile ed in particolare gli scambi tra gli studenti delle Università. «Sono scambi fondamentali – ha insistito il capogruppo dei Quattro Mori – per costruire una vera integrazione tra i popoli europei attraverso un percorso che parte dal basso con i giovani». Christian Solinas ha concluso il suo intervento con l’invito all’Aula perché proceda con l’approvazione della mozione 79 (Truzzu e più).

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi concesso la parola all’assessore degli Affari Generali, Gianmario Demuro, per l’intervento riservato alla Giunta. Demuro ha riaffermato l’importanza del tema trattato dalla mozione in discussione ed ha espresso apprezzamento per le attività e le azioni dei progetti Erasmus. L’assessore ha quindi riconosciuto la validità della richiesta di interventi di supporto da parte della Regione sarda e ha preannunciato una particolare attenzione in sede di Piano regionale di sviluppo. Il delegato agli Affari Generali della giunta presieduta da Francesco Pigliaru ha quindi ribadito l’importanza della nuova programmazione europea per offrire prospettive ancor più concrete ai progetti Erasmus ed ha quindi dichiarato il favore dell’esecutivo regionale per i programmi inerenti la mobilità giovanile. «Mobilità a tutto tondo – ha concluso l’assessore Demuro – che riguarda cioè gli studenti ma anche artigiani, professionisti e più in generale lavoratori».

Il consigliere Paolo Truzzu (gruppo “Sardegna”) nello spazio al dibattito riservato alla replica del presentatore della mozione ha ringraziato l’assessore Demuro per il favore espresso verso i contenuti del documento all’esame dell’Aula ed ha precisato che la mozione tratta il tema dell’Erasmus e anche quello della mobilità giovanile in termini più ampi e generali.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, sull’ordine dei lavori, ha chiesto un minuto di sospensione per verificare la possibilità di un ordine del giorno unitario.

Alla ripresa dei lavori è stata data lettura dell’ordine del giorno in cui, fra l‘ altro, si impegna il presidente della Regione ad attivare un tavolo di lavoro formato dagli assessori competenti e dai presidenti di commissione interessati, insieme ai rappresentanti del mondo universitario, per l’individuazione di interventi strutturali e finanziari in grado di accrescere il numero dei giovani che potranno partecipare a programmi di mobilità internazionale in diversi settori.

A nome della Giunta, l’Assessore degli Affari generali Gianmario Demuro ha espresso favorevole.

Non essendosi altri iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato all’unanimità. Il documento, sottoscritto da tutti i capigruppo del Consiglio, impegna il presidente della Regione «a convocare un tavolo di lavoro per l’individuazione degli interventi strutturali e infrastrutturali finanziari per far crescere il numero dei giovani che potenzialmente potrebbero partecipare in entrata e in uscita a tutti i programmi di mobilità internazionale, non più e non solo rivolti all’istruzione, ma alla crescita complessiva dell’individuo, attraverso esperienze di studio, lavoro e volontariato».

Proseguendo nell’ordine del giorno l’Aula ha poi iniziato l’esame della Mozione n. 59 (Tatti e più) “Sull’attuazione dell’articolo 4 della Legge regionale 21 gennaio 2014 n. 7, in materia di stabilizzazione del personale precario dell’Ente foreste della Sardegna”. Il presidente ha quindi dato la parola al primo firmatario Ignazio Tatti.

Il consigliere Tatti (Udc), illustrando il documento, ha dichiarato che «la Sardegna non è solo coste ma anche zone interne anzi il patrimonio ambientale della nostra Regione deve tornare al centro della nostra politica; questo è il questo contesto opera l’Ente Foreste». «Però, a causa dell’invecchiamento del personale e del blocco del turn-over – ha lamentato Tatti – dal 2007 c’è un momento di grande difficoltà, nonostante un numero sempre crescente di Comuni abbia concesso terreni all’Ente». «Il sistema insomma – secondo Tatti – sta scricchiolando, il problema della stabilizzazione non deve essere visto come esercizio di clientelismo: la crisi è stata violenta soprattutto nelle fasce più deboli della comunità sarda ed è necessario dare certezza ai nostri cittadini, agendo secondo coscienza e secondo i nostri doveri morali». La scelta di oggi, ha precisato il consigliere Tatti, «deriva dalla concreta possibilità di trasformare la mozione in atti concreti, infatti nella finanziaria 2014 all’art 4 con un provvedimento bipartisan è stato individuato un fondo di 6 milioni per stabilizzazione». E’vero, ha riconosciuto l’esponente dell’Udc, «che questo tipo di interventi è sempre sotto osservazione ma la norma regionale non è stata impugnata e i termini sono scaduti; ora servono procedure di attuazione precise, dall’ aggiornamento degli organici all’esame di  situazioni territoriali ora piuttosto squilibrate, inquadrando questa azione in quella più generale di prevenzione delle calamità naturali e contrasto del rischio idrogeologico». «La norma della scorsa finanziaria – ha concluso Tatti – prevede la stabilizzazione con graduatorie triennali per un massimo di 500 unità per anno, da 2014 fino al 2016, si tratta di un primo intervento per dare alla Sardegna un Ente foreste nuovo, giovane e dinamico per difendere il nostro ambiente e farne un fattore di sviluppo per tutta la Sardegna».

Il presidente ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Edoardo Tocco, il quale ha ricordato di aver presentato un’interpellanza sullo stesso argomento. L’esponente della minoranza ha chiesto all’assessore quali siano le sue vere intenzioni: «E’ fondamentale dare risposte celeri alle tante persone che vivono in una situazione di precarietà». D’accordo anche Oscar Cherchi, consigliere di Forza Italia: «I colleghi hanno sollevato un problema che chiede di essere risolto, anche per una questione di giustizia». Per Cherchi si tratta di una realtà fondamentale per il nostro territorio e che, dall’istituzione dell’Ente foreste, ha dato importanti risultati. Il consigliere azzurro ha ribadito che non si sta parlando di stabilizzazioni per accontentare qualche amico ma per risolvere un problema che esiste da troppi anni. Ci interessa che la Giunta e l’assessore, ha proseguito, preveda che i lavoratori a tempo determinato, in base alle regole, abbiano risposte nel più breve tempo possibile per la stabilizzazione.

E’ poi intervenuto il leader dell’Udc, Giorgio Oppi, ex assessore dell’Ambiente, il quale ha ripercorso le varie fasi che hanno attraversato le iniziative di stabilizzazione degli operai. Oppi ha spiegato all’Aula che l’Ente foreste assorbe il 70-75 per cento dei fondi dell’assessorato dell’Ambiente, circa 180 milioni di euro, con un avanzo di esercizio annuale di circa 20-30 milioni. Le stabilizzazioni, ha continuato, vanno affrontate all’interno di un quadro generale che comprenda anche i 400 amministrativi. Allo stato attuale le stabilizzazioni riguardano circa 1600 addetti, principalmente distribuiti nei territori dell’Ogliastra, Nuoro, Oristano e Cagliari, mentre in altri territori, il Sassarese e la Gallura, ci sono soltanto una ventina di addetti ancora con contratto a tempo determinato. L’ex assessore ha anche spiegato che fu avviata una procedura di  stabilizzazione, ma con difficoltà, in parte perché l’Ente non aveva i fondi necessari e in parte, ha spiegato, perché molti non avevano voluto essere stabilizzati perché avrebbero avuto una perdita economica. Oppi ha anche esortato la Giunta ha intervenire con Roma affinché il Corpo forestale, che costa alla Sardegna circa 25 milioni, sia a carico dello Stato come avviene nelle altre regioni.

Il consigliere del gruppo Pd, Antonio Solinas, ha invitato il Consiglio a “fare il punto” sulla situazione in cui versa il personale (e non soltanto) dell’Ente foreste. L’esponente della maggioranza ha ricordato l’importanza del ruolo e dei compiti propri dell’ente strumentale della Regione ed ha invitato i presentatori a valutare che il percorso della stabilizzazione degli operatori è stato avviato con le norme del 2007 e che nel 2008 si è dato corso ai bandi di stabilizzazione per circa 800 lavoratori precari. «Significa – ha precisato il presidente della Quarta commissione – che nella legislatura che va dal 2009 al 2014 non si è fatto molto per proseguire nel percorso intrapreso a suo tempo dal centrosinistra». Antonio Solinas ha quindi ricordato la partecipazione del consigliere Tatti (primo firmatario della mozione) al consiglio di amministrazione dell’ente foreste ed ha evidenziato che «forse qualcosa in più anche quel Cda poteva fare». Solinas ha fatto riferimento alle diverse iniziative consiliari intraprese nella scorsa legislatura dalle opposizioni per sollecitare la ripresa del percorso di stabilizzazione. Il consigliere dei democratici ha ricordato la scarsa efficacia e la difficile situazione organizzativa dell’Ente foreste ed ha dichiarato di condividere le ipotesi di commissariamento. Antonio Solinas ha quindi affermato di valutare positivamente la possibilità di redigere un ordine del giorno unitario a conclusione della discussione della mozione 59.

Il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, ha ricordato i diversi incontri e le numerose iniziative intraprese nella scorsa legislatura per favorire la stabilizzazione dei circa 1.200 operai semestrali che prestano servizio all’Ente Foreste. L’esponente della maggioranza ha quindi evidenziato le difficoltà incontrate, ad incominciare da quelle inerenti la complicata individuazione della tipologia contrattuale che regola il rapporto di lavoro dei “semestrali” con l’ente regionale che si occupa anche dell’anticendio. Il consigliere di Sel ha quindi ricordato la presenza del consigliere Tatti nel Cda dell’Ente foreste ed ha evidenziato come «le volontà allora espresse dall’assessorato all’Ambiente guidato dall’onorevole Oppi (compagno di partito di Tatti) non siano state recepite dai vertici dell’Ente Foreste». Daniele Cocco ha auspicato “un cambio di marcia” ed ha espresso favore per le ipotesi di commissariamento dell’Ente foreste, nonché favore per la predisposizione di un ordine del giorno unitario a conclusione della discussione della mozione 59.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha sottolineato come la Sardegna sia la Regione con la più vasta superficie forestale con 221.000 ettari. A giudizio dell’esponente della minoranza è forte il rischio di una generale sottovalutazione del ruolo dell’Ente foreste e dell’urgenza di procedere con le stabilizzazioni degli operai semestrali. «L’Ente foreste – ha spiegato Rubiu – deve tutelare il patrimonio boschivo più importante del Mediterraneo». Il consigliere dell’Udc ha quindi evidenziato le gravi carenze organizzative dell’ente e ha denunciato il rischio di pesanti contenziosi legali. Rubiu ha concluso con l’auspicio che sia data rapida applicazione alle norme del 2007 e che gli operai in servizio all’Ente foreste possano essere stabilizzati.

L’Assessore dell’Ambiente Donatella Spano, esprimendo il parere della Giunta sulla mozione, ha apprezzato i riferimenti del Consiglio al nuovo ruolo dell’Ente Foreste. Il problema della stabilizzazione, ha spiegato, «è legato, infatti, alla riforma dell’Ente, che è un obiettivo strategico del Governo regionale». «E’già stato individuato – ha aggiunto – un percorso di riordino complessivo della materia forestale, attraverso un disegno di legge che punta sul potenziamento delle politiche del comparto boschivo in Sardegna e introduce significativi elementi di modernizzazione e attualizzazione dei compiti istituzionali, inquadrando le politiche forestali nella più vasta tematica ambientale». «L’Ente deve essere valorizzato dal punto di vista economico e sociale – ha proseguito l’assessore – per gestire il patrimonio boschivo secondo principi di qualità e fruizione delle risorse, ma per fare questo servono rinnovamento tecnologico, la ridefinizione dei compiti istituzionali, la razionalizzazione delle attività, degli obiettivi, delle strutture, della governance, la distribuzione del personale con flessibilità superando logica dei cantieri». In poco meno di 6 mesi la Giunta ha lavorato con grande impegno su questi problemi, ha detto ancora l’esponente della Giunta, «anche grazie al fondamentale supporto di un tavolo interassessoriale di tutti i settori della Regione a vario titolo interessati». Si tratta di un percorso virtuoso, secondo l’assessore, «che in breve tempo porterà alla riorganizzazione dell’Ente, alla revisione della contrattualistica ed alle stabilizzazioni, per le quali però manca ancora una definizione esatta dei numeri e delle sedi, dei livelli retributivi, situazione di incertezza che in questa fase richiede il commissariamento dell’Ente».

In sede di replica, il consigliere Tatti (Udc) ha affermato di aver sollevato il problema solo per assicurare la corretta destinazione dei fondi assegnati all’Ente foreste, aggiungendo che il consiglio di amministrazione dell’Ente ha sempre rispettato gli indirizzi della Giunta in materia, «attivandosi anche per chiedere alla Giunta quello stanziamento che poi è stato inserito nella finanziaria del 2014». I sindacati, ha sostenuto ancora Tatti, «dicono che le stabilizzazioni possono essere fatte in breve tempo ed occorre chiedersi perché si vuole parlare prima della riforma ed esaminare il problema a più lunga scadenza». Oggi, ha concluso il consigliere dell’Udc, «ci sono necessità reali ed occorre soprattutto superare la logica del passato in cui si sono fatte stabilizzazioni in Comuni dove non c’era un metro di terreno dell’Ente foreste».

Il consigliere Antonio Solinas, del Pd, ha chiesto una sospensione per verificare la possibilità di predisporre un ordine del giorno unitario.

Il presidente Ganau ha accolto la richiesta, sospendendo i lavori.

Alla ripresa della seduta, il presidente ha dato lettura dell’ordine del giorno in cui, richiamato l’art 4 della legge finanziaria 2014, si riconosce la rilevanza dell’Ente foreste nelle attività di prevenzione delle calamità naturali e del dissesto idrogeologico ed inoltre, dopo aver ricordato il disegno di legge di riforma che a breve arriverà in Consiglio, impegna il presidente della Giunta a ricomprendere nella riforma anche la prosecuzione del processo di stabilizzazione iniziato nel 2007.

La Giunta, attraverso l’assessore Spano, ha espresso parere favorevole.

Per dichiarazione di voto, il consigliere Franco Sabatini ha manifestato apprezzamento per presenza degli Assessori dell’Ambiente e degli Affari generali, «metodo giusto perché tema va affrontato di concerto per arrivare a soluzioni positive». Dopo aver ricordato la volontà unanime della commissione Bilancio «di superare con la stabilizzazione un passato di lavori semestrali che nascondevano spesso un secondo lavoro e addirittura un lavoro  in nero», ha invitato l’Aula a «tenere presenti le osservazioni del consigliere Oppi; le stabilizzazioni, cioè, vanno fatte con criterio per renderle sostenibili, anche per sconfiggere “la macchina della disinformazione”, che distorce sistematicamente la verità».

Il consigliere Mario Floris (Sardegna) ha annunciato il suo voto contrario, ricordando che l’interruzione delle stabilizzazione è stata provocata prima dai decreti Brunetta e Tremonti, poi  per il rapporto sbilanciato fra spese personale e correnti, problema superato con l’inquadramento di tale rapporto nell’intero comparto regionale». Poi, ha continuato, «bisognava intervenire sul Governo per assegnare alla Regione i fondi della disoccupazione finora erogati dallo Stato». Quanto alla riforma, ha detto Floris concludendo, «Non ha niente a che vedere con la mozione e con il problema delle stabilizzazioni: basta verificare anzianità, stato familiare e situazioni economiche».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha condiviso gli argomenti Sabatini, sostenendo che «ci sono sciacalli in giro che rendono la situazione ancora più pesante; abbiamo due problemi, l’organizzazione della macchina pubblica ed il trattamento lavoratori, bisogna vederli insieme con una nuova legge ma anche con la ridefinizione complessiva del lavoro pubblico».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha detto che «è risaputo che le nostre campagne sono teatro di chiacchiere da bar che spesso esulano dalla verità, ma il Consiglio regionale non può essere accostato a Pinocchio, non si può procrastinare tutto dopo il voto unanime della scorsa legislatura, non si può giocare sulla pelle delle persone, ricordando anche la fragilità Sardegna sul piano forestale e ambientale». Abbiamo votato proprio ieri due nuovi parchi, ha aggiunto Crisponi, «ed è un discorso che non possiamo interrompere».

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) ha ribadito il suo voto a favore ma ha invitato l’Assemblea a considerare con molta attenzione le situazioni dell’Ogliastra, Nuoro ed Oristano «che hanno molti terreni e poco personale: serve un riequilibrio, una  razionalizzazione seria perché l’Ente non ha dirigenti e questo vuoto ne compromette la funzionalità, e servono persone che si impegnino a fondo in un percorso di stabilizzazioni difficile che però va fatto».

Il presidente Ganau ha dato, poi, la parola al presidente della Quarta commissione, Antonio Solinas, il quale ha annunciato il suo voto favorevole, ma ha anche condiviso alcune perplessità sollevate dai consiglieri e ha esortato l’assessore a tenerne conto. Solinas ha rilevato che, di fatto, chi non ha ancora fatto il bando è stato il consiglio amministrazione dell’ente. «Oggi l’Ente foreste è nel caos più totale, non c’è il direttore regionale e ci sono problemi – ha concluso – anche per i responsabili di servizi che svolgono mansioni superiori ma non vengono loro riconosciute».

Per il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, è necessario  fare un «quadro complessivo degli enti regionali e liquidare quelli inutili».  Per il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, questo ordine del giorno ha accolto al suo interno il merito della mozione. «È inutile guardare indietro – ha detto – qui c’è l’impegno a riorganizzare un ente: abbiamo un ente con 6.500 dipendenti e soli 5 dirigenti e questo non può andare bene». Per Cocco si tratta di un ente gestito in maniera maldestra a livello dirigenziale e di consigli di amministrazione. Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ricordato che il processo di stabilizzazioni ha preso il via nel 2007 e che per diverse vicende non è stato possibile avviarle. «Oggi – ha affermato – al 22 ottobre ancora quel processo non si è concluso ed è stagnante». Pittalis ha ricordato che i ritardi sono stati dovuti anche alla politica.

Il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato con 48 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto. Il documento sottoscritto da tutti i capigruppo impegna il presidente della Regione «a far sì che la riforma di riorganizzazione e rilancio dell’Ente foreste comprenda, in attuazione dell’articolo 4 della legge 7|2014, la prosecuzione del processo di stabilizzazione iniziato nel 2007». 

L’assemblea ha quindi proseguito nell’esame della mozione n. 66 (Ledda e più) ed il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha concesso la parola al consigliere, Gaetano Ledda (gruppo “Sardegna Vera”) per l’illustrazione.

L’esponente della maggioranza ha quindi proceduto ad illustrare il documento sottoscritto da 58 consiglieri regionali (sia del centrosinistra che della minoranza) e che impegna il presidente della Giunta a ricondurre in ambito regionale la gestione del libro genealogico del cavallo anglo arabo sardo. Ledda ha ripercorso il testo della mozione nel quale si evidenzia l’importanza del cavallo anglo arabo sardo nella produzione zootecnica, nello sport e la sua rilevanza culturale e identitaria. Il consigliere di “Sardegna Vera” ha quindi rimarcato il ruolo dell’associazione nazionale allevatori del cavallo anglo arabo (Anacaad) e ricordato che la stessa è in possesso di tutti i requisiti previsti dalle norme nazionali e comunitarie per la tenuta del libro genealogico. «Ma – ha proseguito Ledda – nonostante le opportune istanze e le migliaia di firme raccolte, è stato negato all’Anacaad la tenuta del libro genealogico».

Il presidente della commissione Agricoltura, Luigi Lotto, ha dichiarato di condividere il testo della mozione illustrata dal consigliere Ledda e ne ha auspicato l’approvazione. «Serve che la Regione si riappropri del tema – ha spiegato Lotto – e così l’interlocuzione col ministero avrà un maggiore grado di autorevolezza, evitando così che sia solo l’associazione Anacaad ad occuparsi del problema della tenuta del libro genealogico del cavallo anglo arabo sardo».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha dichiarato pieno sostegno alla mozione ed ha ribadito l’urgenza di iniziative adeguate per la risoluzione del problema inerente la tenuta del libro genealogico del cavallo anglo arabo sardo. L’esponente della minoranza si è quindi detto fiducioso nell’operato del neo commissario Agris ed ha concluso evidenziando la rilevanza economica del settore.

Il consigliere del gruppo “Soberania e Indipendentzia”, Pier Mario Manca, ha evidenziato come il problema della tenuta dei libri genealogici riguardi anche il settore delle razze ovine in Sardegna. «I libri genealogici dei cavalli come delle pecore e delle capre sono tenuti a Roma – ha dichiarato Piermario Manca – ed è necessario riportarli in Sardegna».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza italia) ha affermato di condividere la mozione, avvertendo però «che non sarà semplice arrivare a risultati concreti, ma ci dobbiamo impegnare, come ha ricordato il consigliere Manca, anche per ricoscere in modo tangibile il grandissimo lavoro fatto in questi anni dall’Istituto di incremento ippico per rilanciare la filiera».

Il consigliere Efisio Arbau, capogruppo di Sardegna Vera, ha detto che la mozione è legata ad un progetto di riordino del settore predisposta anch’essa dal consigliere Ledda e «riguarda da vicino l’economia reale della Sardegna, per la capacità del settore di creare effetti moltiplicatori su un vasto indotto; l’iniziativa è poi molto tempestiva perché proposta ad inizio mandato».

Il consigliere Pietro Pittalis, capogruppo di Forza italia, ha osservato che, ove fosse necessario un approfondimento, sarebbe opportuno rinviare ad un’altra seduta.

A nome della Giunta l’assessore dell’Agricoltura Elisabetta Falchi si è dichiarata favorevole alla mozione, «in linea con gli indirizzi del Governo regionale che ha individuato da tempo le grandissime potenzialità del comparto, in grande crescita sia nella disciplina dell’endurance che nell’equitazione, ma ancora privo di una programmazione incisiva».

In sede di replica, il consigliere Ledda (Sardegna Vera) ha espresso soddisfazione per l’andamento del dibattito ed ha sollecitato tutto il Consiglio ad impegnarsi per il raggiungimento di risultati concreti.

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione la mozione che è stata approvata all’unanimità e, successivamente, ha dichiarato chiusa la seduta. I lavori del Consiglio riprenderanno martedi 28 ottobre alle 10.30 con la discussione generale della proposta di legge 71/A (misure urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale) e proseguiranno nei giorni successivi.

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Chiusa ieri la discussione generale sul D.L 111 “Assestamento alla manovra finanziaria per gli anni 2014-2016”, il Consiglio esamina oggi l’articolato del disegno di legge approvato dalla Giunta. Subito dopo le formalità di rito, il presidente Gianfranco Ganau ha dato la parola al primo iscritto a parlare, il consigliere di Forza Italia Marco Tedde.

Secondo l’esponente azzurro, l’assestamento di bilancio arriva in un momento difficile per l’Isola, alle prese con crisi epocale, aggravata dai problemi nei collegamenti aerei e marittimi e dal gap infrastrutturale. «Nel provvedimento ci sono scelte obbligate – ha detto Tedde – comprendiamo le difficoltà della Giunta ma non possiamo non rilevare un neo: la necessità di contribuire al bonus da 80 euro che Renzi ha concesso agli italiani. Il bonus ha fatto ottenere ottimi risultati elettorali al premier ma comporterà un deficit per le casse dello Stato di 6,7 miliardi di euro per quest’anno e  di 10 miliardi per il 2015».

Tedde ha poi puntato l’indice contro l’azione dell’esecutivo regionale che «in sette mesi non è riuscito a spendere risorse ma è stato impegnato in trattative estenuanti con il Governo Nazionale». «Di fatto – secondo il consigliere della minoranza – la Giunta ha firmato la resa nei confronti dello Stato: la prova è il famigerato decreto del 16 settembre sulle riserve erariali che comporterà un mancato introito di 130 milioni di euro per le casse regionali». L’aspetto più negativo dell’assestamento in discussione è però un altro: «L’impresa è scomparsa dai programmi della Giunta Pigliaru – ha concluso Tedde – i tagli più pesanti riguardano l’economia e il lavoro (circa il 22%). Le difficoltà economiche si stanno trasformando in disagio sociale».

Mario Floris (Uds) ha definito “singolare” l’enfasi con la quale la Giunta ha presentato il Dl di assestamento di bilancio. «Si tratta di un intervento di poco più di 216 milioni di euro – ha detto Floris – ciò che colpisce è piuttosto la linea adottata dall’esecutivo che non  coglie le istanze provenienti da tutte le componenti della società sarda». Il decano del Consiglio regionale ha citato in Aula la preoccupazione manifestata dalla Quinta Commissione per la scelta di tagliare gli incentivi alle imprese artigiane e commerciali. «E’ un segnale allarmante – ha aggiunto Floris – così come la decisione di tagliare gli stanziamenti per i “cantieri verdi”, unico sbocco per i disoccupati dei piccoli Comuni». Floris ha poi denunciato l’incremento degli stanziamenti per le spese di funzionamento della Giunta (+500mila euro) e per quelle di rappresentanza (+600mila euro). Dal leader dell’Uds, infine, un attacco alla “debole” azione della Giunta nei confronti del Governo: «Paci ha annunciato che al bilancio 2014 mancheranno 130 milioni di euro per le riduzioni delle entrate erariali. A questo si aggiunge il concorso della Regione alla riduzione del deficit statale (550 milioni di euro) e la copertura del debito della sanità (110 milioni). Serve un nuovo patto con lo Stato e un’azione più forte della Giunta per rilanciare i temi dell’insularità e della zona franca». 

Alessandra Zedda (Forza Italia) ha invocato “un’operazione verità” sui conti della Regione. L’ex assessore al Bilancio della Giunta di Ugo Cappellacci, ha invitato l’attuale esecutivo ad assumersi le proprie responsabilità sulle scelte effettuate. «Ognuno di noi quando è andato a governare ha ereditato situazioni problematiche e ha provato a risolverle secondo la propria capacità e coscienza politica. Comprendiamo che alcune decisioni sono obbligate ma in ogni caso ognuno si deve assumere la responsabilità delle scelte».

Zedda è poi tornata sugli 80 euro deliberati dal Governo Renzi a favore dei redditi bassi. «Operazione – ha affermato l’esponente dell’opposizione – che costerà 65 milioni di euro alle casse regionali». Dubbi anche sui 103 milioni di euro per sanare il deficit della sanità: «Quanti serviranno per gli ammortamenti “non sterilizzati” e quanti per i debiti commerciali? – si è chiesta Zedda – questo non è ancora chiaro». Un accenno, infine al Fondo Unico per gli enti locali («Bene l’incremento di 35 milioni di euro, meglio sarebbe stato arrivare a 49 milioni») e al fondo di perenzione («la cifra indicata non è significativa, occorre verificare meglio le somme».

Il consigliere Salvatore Demontis (Pd) ha annunciato un emendamento all’art. 1 a costo zero che tende a superare un contrasto normativo in materia di cultura fra due leggi regionali. L’Ente Concerti Marialisa De Carolis di Sassari così come altre realtà del settore, ha spiegato Demontis, «è rimasto vittima di un corto circuito fra diverse leggi regionali che, da una parte, vincolavano la possibilità di ottenere finanziamenti alla definizione della programmazione strategica del Consiglio regionale e, dall’altra, il Consiglio regionale che dal 2008 non ha approvato la sua programmazione strategica», di fatto impedendo a molte realtà di operare. La proposta di Demontis, quindi, «consiste nelle possibilità che nelle more della nuova programmazione possano essere finanziate le diverse attività, con particolare riferimento al De Carolis di Sassari che, forte di una antichissima tradizione, dispone di due teatri, il Politeama ed il nuovo Auditorium, strutture che grazie alla stagione lirica potrebbero generare anche un interessante indotto economico».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha ricordato in apertura «i quaderni delle libertà del professor Paolo Maninchedda caratterizzati da grandi contenuti per il rilancio dell’autonomia, mentre invece siamo ancora qui a discutere di sudditanza rispetto al governo centrale e alle sue politiche, che comportano ulteriori sacrifici per le Regioni». L’assestamento, ha sottolineato, «arriva in aula in un clima non troppo sereno per l’insofferenza di qualcuno al dibattito democratico, ma non abbiamo nemmeno i testi delle modifiche proposte dalla Giunta in commissione e andiamo al buio». Sul piano generale, Locci ha osservato che «si tenta di intervenire su settori che non meriterebbero neanche un euro a favore di enti non virtuosi che non fanno nemmeno parte della Regione; secondo noi si poteva avere uno scatto di orgoglio e impegnare risorse per motivi diversi evitando regalie immeritate, bisognava puntare sul lavoro e giovani, categorie verso le quali questa Regione non vuole guardare, al di là delle solite prediche sul cambio di passo».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd), riprendendo l’osservazione di un autorevole funzionario della Regione che rilevava l’irritualità di un relatore di maggioranza che non intervene sull’assestamento, ha detto di condividere il rilievo. «In realtà – ha aggiunto – il mio intento era quello di dare un segnale di accelerazione, perché c’è la necessità di fare velocemente e c’è anche poco da discutere, tralasciando le polemiche inutili». Nessuno, ha precisato, «avrebbe voluto questa manovra, men che meno la Giunta, la maggioranza e i sardi, è una strada obbligata per dare copertura al fondo perenzioni per pagare i debiti con le imprese, al fondo per i Comuni per garantire i servizi essenziali, al sistema sanitario, anche qui, per pagare debiti e appalti, oltre al taglio che deriva dallo Stato». Il resto, per Sabatini, «è insignificante, è chiaro che ci devono essere tagli per 216 milioni, esattamente come è stato fatto nella legislatura precedente proprio per ripianare nel 2013 i debiti delle Asl». Anche allora, ha concluso il consigliere del Pd, «si è tagliato su programmazione negoziata, politiche attive del lavoro, trasferimenti ai comuni, biblioteche, lingua sarda, sistema idrogeologico, protezione ambientale, aree urbane, piani urbanistici, volontariato, disabilità, famiglia, sport, cinema, categorie produttive e tanto altro: i tagli sono gli stessi, il vero banco di prova per il quale auspichiamo un metodo collaborativo con l’opposizione sarà la Finanziaria».

Il presidente ha dato, poi, la parola al consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, per il quale dare sempre le colpe a chi ha governato precedentemente è puerile. «Anziché essere propositivi ci si scaglia contro gli altri». Per Cherchi: «E’ una manovra che non dà respiro all’economia della Sardegna» e ha ricordato che i 35 milioni di euro per il Fondo unico non erano stati stanziati perché era in corso la trattativa con lo Stato per ottenere più risorse. «Sull’articolo 1 ci siano alcune considerazioni positive ma che non danno risposte come i sardi si attendono». E ha aggiunto: «Non si deve però tagliare in modo indiscriminato, in particolare serviva più attenzione verso il sistema agricolo». Cherchi ha poi concluso: «Dimentichiamoci del passato e ragioniamo sul futuro».

«Accolgo l’invito del presidente Sabatini e, per primo, avrei avuto il piacere di affrontare in maniera più serena la discussione sull’assestamento – ha affermato il consigliere di Fratelli d’Italia, Paolo Truzzu – se non siamo arrivati a una soluzione è perché la logica è quella dei blitz e della prevaricazione della maggioranza nei confronti dell’opposizione». E ha aggiunto: «Noi vogliamo dare soltanto il nostro contributo». Secondo Truzzu i tagli di oggi sono dovuti ai 300 milioni in meno di cui ha parlato il consigliere Alessandra Zedda, «perché la Giunta ha supinamente accettato le scelte del governo Renzi». Secondo l’esponente dell’opposizione «questo assestamento manifesta confusione» e ha citato il taglio effettuato al progetto Iscol@, cavallo di battaglia della maggioranza.

Il presidente Ganau ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Antonello Peru: «Caro assessore non è il gioco delle parti. La minoranza è preoccupata, ma accettiamo volentieri la richiesta di collaborazione dell’on. Sabatini». Peru ha affermato che in tutti i territori della Sardegna i sindaci sono fortemente preoccupati per i tagli che il governo centrale sta facendo e ha esortato l’Aula a «non proseguire su questa linea». Per l’esponente della minoranza la Giunta e la maggioranza non hanno “un’idea di Sardegna”. «Vorremo si proseguisse su iniziative prese dell’altra Giunta per il sostegno alle imprese». Per Peru la Sardegna sta pagando l’accordo con Prodi che ha portato l’onere dei trasporti e della sanità in capo alla Regione. «Oggi c’è la scadenza della Tasi, fra qualche settimana la Tari e i Comuni non riescono a sostenere le famiglie e le imprese». Il consigliere azzurro ha annunciato che la Provincia di Sassari, a cuusa dei tagli dei trasferimenti dei fondi agli enti locali, ha dovuto tagliare alcuni servizi e i presidi del Sassarese hanno minacciato la chiusura degli istituti per la mancanza del servizio di manutenzione. «Oggi ha chiuso i battenti un istituto di Ozieri». Peru ha proposto all’Aula di intervenire su questa emergenza: «Spogliamoci della casacca di partito».

Giorgio Oppi (Udc), in apertura del suo intervento, ha offerto la propria disponibilità a dare un contributo costruttivo alla discussione purché fatta “su basi serie”.

Il consigliere di minoranza è poi entrato nel merito  delle disposizioni finanziarie e di settore disciplinate dall’art.1 del Dl 111 avanzando alcune proposte operative. «Il comma 5 – ha detto Oppi – consente alla Regione di assumere impegni anche in mancanza della presentazione dei programmi triennali da parte dei comuni. Ci sono amministrazioni che non hanno programmato, sarebbe utile orientare le risorse disponibili su interventi immediatamente realizzabili».

Giorgio Oppi ha poi espresso perplessità sull’incremento del Fondo Unico degli Enti locali: «Anche i Comuni devono contribuire alla riduzione del deficit. Meglio prima verificare i bilanci. Necessario – secondo il leader dell’Udc – istituire l’Osservatorio degli Enti Locali per definire il quadro delle risorse da destinare alle amministrazioni civiche ed evitare che piccolissimi comuni abbiamo avanzi di amministrazione di 600mila euro». Da rivedere, infine, anche lo stanziamento di 6,3 milioni di euro per il miglioramento dell’offerta turistica: «Somme – ha concluso Oppi – che difficilmente potranno essere erogate entro l’anno».

Il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha invece segnalato la mancanza di interventi per limitare il rischio idrogeologico della Sardegna. «La situazione in molte aree dell’Isola rimane grave, il pericolo alluvioni è sempre presente». Dedoni si è poi soffermato sulle politiche economiche del Governo Renzi che rischiano di penalizzare ulteriormente la Sardegna: «E’ stata presentata una manovra che prevede una spending review di 15 miliardi di euro per finanziare la riduzione delle tasse. In queste condizioni sarà davvero difficile per la Giunta presentare una manovra di bilancio seria per il 2015». 

Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha contestato le dichiarazioni dell’assessore al bilancio Raffaele Paci sulle cause del deficit regionale. «E’ ingeneroso addossare all’ex assessore alla programmazione della Giunta Cappellacci, Giorgio La Spisa, l’origine del buco di bilancio – ha detto Pittalis – La Spisa, in maniera seria e responsabile, ha ritenuto di dover fare qualcosa, in un momento di crisi, per sostenere lo sviluppo, finanziando il de minimis, gli ammortizzatori sociali in deroga e gli interventi per le calamità naturali. Tutto questo è servito ad evitare ulteriori danni al sistema economico e sociale della Sardegna». Rivolgendosi poi al presidente della Commissione Bilancio del Consiglio Regionale, Franco Sabatini, che aveva definito “fisiologico” l’assestamento di bilancio, Pittalis ha ricordato la dura opposizione fatta dal centrosinistra nella passata legislatura: «Se noi abbiamo sbagliato perché voi perseverate? – ha chiesto Pittalis – Noi cerchiamo di riportarvi alla realtà e di rappresentare il profondo disagio vissuto dalla società sarda che oggi chiede alla politica soluzioni urgenti per limitare gli effetti devastanti della crisi. Siamo comunque pronti a dare il nostro contributo perché abbiamo a cuore le sorti dei nostri cittadini. Sarà la Finanziaria il vostro vero biglietto da visita – ha concluso il capogruppo di Forza Italia – ci confronteremo anche su questo. Oggi sarebbe stato utile non mettere in discussione i fondi per contrastare il disagio sociale».

Il presidente ha dato la parola all’assessore della Programmazione e Bilancio, Raffaele Paci, il quale ha subito preso atto delle precisazione fatte nel corso della discussione. L’esponente della Giunta, auspicando una collaborazione con l’opposizione,  ha chiarito di non avere detto che i residui passivi sono il risultato della cattiva volontà dei precedenti amministratori, ma che sono stati dovuti ai vincoli. Paci ha ribadito che si tratta di «una manovra tecnica perché siamo obbligati a dare una serie di risposte» e ha aggiunto rispondendo al consigliere Floris: «Abbiamo ridotto tutte le spese di rappresentanza, le abbiamo azzarate completamente». Rispondendo al consigliere Alessandra Zedda ha aggiunto: «C’era un obbligo di legge per i fondi sterilizzati della Sanità», sottolinenando che se non avessero provveduto la Regione sarebbe stata commissariata. «So bene – ha proseguito Paci – che non deriva dalla precedente amministrazione ma è un problema che la Regione si trascina dal 2000». «Ho apprezzato intervento dell’on. Oppi – ha affermato Paci – sugli enti locali su chi dobbiamo ragionare nella manovra del 2015. Si tratta di un intervento importante che però va razionalizzato e messo a sistema». L’assessore ha ribadito che la Giunta ha tentato di rendere minimo l’impatto negativo sui cittadini e ha affermato che, sicuramente, in alcune parti, con la collaborazione di tutti, il testo possa essere migliorato.

Il presidente del Consiglio Ganau, terminato il dibattito generale, ha dato la parola al presidente della Terza commissione Franco Sabatini che ha elencato i 20 emendamenti su cui l’organismo consiliare ha dato parere favorevole. Questi emendamenti sono: 9, 2, 5, 6, 7, 1, 8, 11, 13, 10, 17. Sul 12 e sul 16 il parere è negativo con richiesta di ritiro. Sul 32 la commissione si è rimessa all’aula.

L’aula ha bocciato tutti gli emendamenti, su cui c’era il parere negativo della commissione e della giunta, fino al 110.

Sull’articolo 1 e sugli emendamenti sono intervenuti i consiglieri:  Michele Cossa Cossa (Riformatori sarda) che ha fatto rilevare il problema dell’uso della carta. «Bisogna sostituire l’uso della carta – ha detto – con degli e book». Il presidente Ganau ha risposto che si sta procedendo verso una informatizzazione del Palazzo e che presto il problema dell’uso della carta sarà superato. Sono intervenuti, inoltre, anche più volte:  Stefano Tunis (Forza Italia Sardegna), Paolo Truzzu (Sardegna), Oscar Cherchi (Forza Italia Sardegna), Efisio Arbau (Sardegna Vera), Alessandra Zedda (Forza Italia Sardegna), Gigi Ruggeri (Pd), Giorgio Oppi (Udc), Pietro Pittalis (Forza Italia Sardegna), Pietro Cocco (Pd), Gianluigi Rubiu (Udc), Michele Cossa (Riformatori sardi), Ignazio Locci (Forza Italia Sardegna), Alberto Randazzo (Forza Italia Sardegna).

I lavori riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16. In votazione l’emendamento 54 all’articolo 1.

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La seduta del Consiglio regionale, questo pomeriggio, si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito l’Assemblea ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno, con l’interpellanza n. 35/A (Azara e più) «sui gravi problemi causati dalle numerose riduzioni e sospensioni del servizio ferroviario in diversi comuni sardi». Il presidente ha quindi dato la parola al consigliere Michele Azara, primo firmatario dell’interpellanza.

Il consigliere Michele Azara (Sardegna Vera) ha sottolineato in primo luogo la gravità dei disservizi di Trenitalia sul territorio regionale, con particolare riferimento a Sanluri e Pabillonis e in generale sulla linea Oristano-Cagliari, a partire dal mese di giugno, «con decisioni avvenute senza comunicazione e consultazione delle amministrazioni interessate, in alcuni casi dopo la realizzazione di una nuova stazione con annessa biglietteria». Per gli utenti, ha ricordato Azara, «ci sono state conseguenze molto negative, non attenuate dall’intervento sostitutivo, in alcuni casi, attraverso un mezzo gommato; una donna, dopo la soppressione della linea con Cagliari, ha perso il lavoro perché impossibilitata a raggiungere Cagliari nelle prime ore del mattino». Tutto ciò, secondo il consigliere, «richiede un intervento tempestivo della Regione, a cominciare dal nuovo contratto di servizio con Trenitalia».

Ha assunto la presidenza dell’Assemblea il vice presidente Antonello Peru che ha dato la parola, per la riposta, a nome della Giunta, all’assessore dei Trasporti, Massimo Deiana.

In apertura, l’Assessore ha ricostruito brevemente le vicende del contratto di servizio Trenitalia-Regione, stipulato prima con lo Stato, poi trasferito alla Regione nel 2012, e perfezionato alla fine del marzo scorso, per un importo di circa 40 milioni. L’azione della Giunta, ha detto Deiana, «è consistita sia nell’ottenere che questa somma sia considerata al netto del patto di stabilità, poi per aumentare il plafond di chilometri a disposizione, dato che quello attuale, di oltre 3 milioni di chilometri, è insufficiente». Il contratto, comunque, a giudizio di Deiana, «dovrà essere rivisto a breve, tenendo presente l’entrata in funzione dei nuovi treni veloci». Per quanto riguarda la soppressione di alcuni collegamenti, Deiana ha comunicato che, in base ai numeri forniti da Trenitalia, «si tratta di linee con un bassissimo numero di utenti, in alcuni casi inferiore alle 5 unità: sono, dunque, scelte dolorose ma non sostenibili».

Il consigliere Azara si è detto soddisfatto ma ha rilevato che Trenitalia, titolare di ha un contratto con la Regione sia pure in corso di revisione, «deve comunque avvertire delle sue decisioni, a cominciare dalle amministrazioni interessate: cosa diciamo alla donna che ha perso il lavoro? Occorre che queste cose non si ripetano, individuando soluzioni condivise».

Successivamente il vice presidente Peru ha dato la parola al capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni, primo firmatario dell’interpellanza n. 60/A «sulla partecipazione della Sardegna all’Expo 2015».

Dedoni ha esordito ribadendo l’importanza per la Sardegna dell’Expo di Milano, rassegna che può rappresentare una grande opportunità per regione, il suo tessuto economico e il turismo. «Tuttavia – ha sottolineato – in molte occasioni, come accade negli Usa, Italia viene rappresentata solo con la Sicilia e spesso si confonde la Sardegna con la Costa Smeralda, questo lascia in ombra molte caratteristiche della nostra isola sul piano economico e culturale». Le stesse scoperte di Mont’ i Prama, di valore mondiale, rischiano per Dedoni «di essere l’ennesima occasione mancata, della quale comunque dovremo riparlare: ora siamo ad un anno dall’Expo e non sappiano cosa intende fare la Giunta, mentre c’è una Sardegna che ha bisogno di confrontarsi con il mondo ed occorre sapere sulla base di quali indirizzi e quali scelte, perché è anche su questi temi è in gioco il futuro della nostra comunità regionale».

L’assessore del Turismo Francesco Morandi, riassumendo le attività svolte dall’Esecutivo, ha ricordato il lavoro avviato nel 2013 per progettare la partecipazione sarda alla manifestazione, che conteneva fra l’altro un preciso mandato operativo all’Agenzia Sardegna Promozione. «Expo – ha dichiarato l’assessore Morandi – è forse la più grande opportunità per Sardegna cui partecipano 130 nazioni chiamate a confrontarsi sul tema Nutrire il pianeta, energia per la vita; non solo rassegna espositiva, dunque, ma un network di relazioni internazionali in grado di consentire alla Sardegna di creare una rete di relazioni. Rispetto al primo tema individuato, quello della longevità, la Giunta ha prima deciso di riportate le competenze dell’Agenzia all’interno dell’Assessorato e poi di integrare il tema principale con altri, come qualità della vita, eccellenza naturale, produzioni alimentari ed innovazione sostenibile, capace di esprimere la grande forza dell’identità. Su questa impostazione -ha proseguito Morandi – hanno lavorato sia un tavolo tecnico e un pool interassessoriale, presso la presidenza della Giunta, con il compito aggiuntivo di riavviare i rapporti con padiglione Italia Expo e l’unità di missione di Roma».

Il consigliere Dedoni si è detto sorpreso dalla risposta dell’Assessore, ritenendo che la materia fosse di competenza del presidente della Giunta, «la task force, infatti, fa capo alla presidenza della Giunta». «Piuttosto – ha rilevato il consigliere – a fronte di questi impegni, oggi accade che se uno entra nel sito Expo manca il logo della Sardegna; non so che tipo di lavoro sia stato svolto, l’impressione è quella di agnelli allo sbaraglio in mezzo ad un branco di lupi». «Forse – ha suggerito – occorre ripensare alla decisione di cancellare l’Agenzia, ma in ogni caso la Regione si è mossa con grave ritardo mentre è il momento del fare, affrontando concretamente i problemi».

Il vice presidente del Consiglio regionale, Antonello Peru, ha messo in discussione le interpellanze 64/A (Dedoni e più) e 69/A (Christian Solinas e più) sulla situazione in cui versano i circoli degli emigrati sardi all’estero.

Solinas, capogruppo del Psd’Az, ha subito evidenziato l’importanza dell’argomento in discussione. L’emigrazione ha segnato, ha detto il firmatario del testo, pagine dolorose per le famiglie sarde. Questo triste fenomeno ha trovato un suo riconoscimento normativo nel 1991. Solinas ha ricordato quanto sia importante il lavoro di promozione della Sardegna che svolgono i circoli, 130 in tutto il mondo, vere e proprie ambasciate dell’Isola che possono contare su circa un milione e mezzo di sardi, se si contano quelli di seconda e terza generazione. «Sono comunità vive, luoghi di promozione della cultura e valorizzazione dell’economia della Sardegna». Solinas ha poi evidenziato come, a causa dei ritardi nell’erogazione dei fondi previsti per il 2013 e gli anticipi per il 2014, abbiano chiuso i circoli storici di Parigi, Toronto, Bruxelles e Aia e tanti altri chiuderanno. Solinas ha chiesto alla Giunta quale politica voglia porre in essere per salvaguardare questa importante risorsa della Sardegna e per quale motivo non siano ancora stati nominati i componenti della Consulta per l’emigrazione.

Il vice presidente Peru ha dato, quindi, la parola al capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, primo firmatario dell’interpellanza n. 64/A per l’illustrazione. Dedoni ha condiviso quanto affermato dal collega di minoranza, in particolare sulla funzione che i circoli hanno svolto nei confronti del popolo sardo che sta riprendendo a emigrare. Dedoni ha evidenziato come i circoli siano un punto importante per i sardi che arrivano nei paesi stranieri, «veri presidi di umanità e cultura in terra straniera». «Eravamo invidiati – ha affermato – perché avevamo la legge più importante di tutta Italia sull’emigrazione». Dedoni ha ricordato che «gli emigrati sono stati i primi a portare il turismo in Sardegna portando parenti e amici e hanno cercato di presentare e, per così dire, “vendere” la Sardegna in quei teatri lontani. Quella promozione che i governi sardi non hanno mai fatto». La risposta di riduzione dello stanziamento da 4 milioni e mezzo a due milioni è grave e svilisce, secondo il relatore, l’azione svolta da questi sardi in terra estera. Dedoni ha infine ricordato che tra loro ci sono persone che in quei paesi hanno raggiunto importanti posizioni professionali e politiche, ci sono sindaci e deputati. Un patrimonio che la Giunta si deve impegnare, per Dedoni, a non perdere e a non svilire.

Per rispondere all’interpellanza ha preso la parola l’assessore regionale del Lavoro, Virginia Mura, la quale ha spiegato che «la Giunta regionale riconosce il valore dei circoli, pertanto la nostra politica è volta a preservare e difendere questo patrimonio culturale e sociale che può diventare un’importante risorsa soprattutto per i giovani». Mura ha sottolineato che la Giunta vuole  valorizzare le associazioni più attive nella promozione e ha rassicurato i firmatari delle interpellanze che, a breve saranno nominati i componenti della Consulta dell’emigrazione e ha spiegato che il ritardo è stato dovuto a problemi con i circoli dell’Olanda e degli Stati Uniti. Mura ha anche annunciato che la Giunta proporrà un disegno di legge di riordino di tutto il settore dell’emigrazione, «visto che dal ‘91 a oggi ci sono stati molti cambiamenti».

L’assessore Mura ha affermato che ieri ha incontrato i rappresentanti delle Federazioni per un primo incontro, e ha spiegato loro che, visti i tempi, tutte le associazioni sarde hanno avuto un taglio dei contributi del 20 per cento. L’esponente della Giunta ha poi annunciato che in tempi rapidi sarà erogato il saldo 2013 per 400mila euro e sarà valutata l’erogazione di contributi per alcune iniziative particolarmente importanti. La linea della Giunta è comunque quella di  premiare le iniziative più utili per la promozione dell’Isola e che creino opportunità di lavoro e di economia per la Sardegna.

Nella replica Solinas (Psd’Az) si è detto soddisfatto delle parole, ma non dei fatti e delle azioni della Giunta, insufficienti. Solinas ha chiesto di trasformare l’interpellanza in mozione. D’accordo con la richiesta del collega anche il consigliere Dedoni (Riformatori sardi) che ha apprezzato le parole ma non ritiene ci sia la volontà politica a risolvere il problema. «Vorrei chiedere al presidente del Consiglio – ha concluso – che i capigruppo incontrino le rappresentanze degli emigrati. Credo sia un fatto importante di raccordo e comprensione».

A sostegno della richiesta dei firmatari delle interpellanze si è espresso il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, il quale ha evidenziato come un argomento di tale importanza non possa concludersi in questi pochi minuti di discussione. «C’è il mondo dell’emigrazione che in questi giorni hanno voluto richiamato l’attenzione dei gruppi sulla drammaticità in cui si trovano i circoli e sul rischio di chiusura dei circoli storici». Pittalis ha chiesto una sospensione di cinque minuti per terminare di scrivere la mozione e portarla subito in aula.

Sulla proposta il vicepresidente Peru ha chiesto un intervento a favore e uno contro sulla richiesta di sospensione. A favore si è espresso il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, il quale ha affermato come «sia indispensabile discutere questa mozione per il valore enorme che hanno questi circoli per l’Isola».Rubiu ha ricordato che gli emigrati portano circa 30mila turisti ogni anno in Sardegna. «Sono gli ambasciatori della Sardegna – ha detto Rubiu – il taglio del 55 per cento dei contributi è una beffa». Contrario si è espresso il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, il quale ha annunciato all’Aula che il suo partito ha già previsto un incontro con i rappresentanti degli emigrati che si terrà nei prossimi giorni e, soltanto dopo, si potrà affrontare l’argomento in maniera compiuta. Il vice presidente ha messo in votazione la richiesta di sospensione, che è stata respinta dall’Aula.

Si è poi passati alla discussione dell’interpellanza n. 22/A, presentata dal gruppo Udc, «sulle azioni poste in essere dalla Giunta per ottenere il trasferimento al demanio regionale dei beni dismessi dalle aziende statali». Ad illustrare il documento il primo firmatario, Giorgio Oppi. In apertura del suo intervento Oppi ha sottolineato la necessità di dare piena attuazione all’articolo 14 dello Statuto che prevede la successione della Regione nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo.

Il consigliere dell’Udc ha ricordato i protocolli d’intesa sottoscritti negli anni scorsi per il trasferimento alla Regione dei beni delle Saline di Stato, delle strutture militari di La Maddalena e l’accordo del 2008 con il quale Stato e Regione concordarono il passaggio automatico alla Sardegna dei beni statali dismessi. «Occorre adesso guardare anche ai beni appartenenti alle aziende di Stato non più utilizzati come quelli delle Poste o delle Ferrovie  – ha detto Oppi – il loro patrimonio immobiliare acquisito prima della loro trasformazione in Spa deve essere trasferito alla Regione».  L’esponente dell’Udc ha quindi chiesto alla Giunta quali azioni, politiche e legali,  intende porre in essere in difesa dei propri diritti.

L’assessore agi Enti locali, Cristiano Erriu, rispondendo a Oppi, ha detto di condividere nel merito il contenuto nell’interpellanza. «La Regione segue con attenzione tutta la questione – ha detto l’esponente della Giunta – e per questo ha avviato le opportune azioni legali». Erriu ha quindi illustrato la strategia della Giunta in accordo con l’area legale della Regione: «Si è deciso – ha detto l’assessore – di avviare una prima causa per ottenere un indirizzo interpretativo univoco che consenta poi di portare avanti tutte le altre iniziative giudiziarie. Vogliamo verificare se ci sono le condizioni per mandare avanti le cause evitando di pagare costi legali elevatissimi in caso di soccombenza in giudizio». Erriu ha quindi rassicurato l’interrogante sulle azioni della Giunta: «Riteniamo  prioritario – ha concluso – dare piena attuazione all’articolo 14 dello Statuto e ottenere il rispetto dell’accordo sottoscritto nel 2008 per il passaggio dei beni dismessi dallo Stato alla Regione».

 In sede di replica, il consigliere Oppi si è detto parzialmente soddisfatto della risposta della Giunta. L’esponente dell’Udc ha indicato le priorità da tenere presenti: il trasferimento alla Regione dei beni dismessi dalle Saline di Stato, un nuovo  protocollo sui beni militari, la piena attuazione dell’accordo del 2008 che prevedeva il passaggio di tutti i beni dismessi alla Regione e un’azione decisa nei confronti delle Ferrovie e delle Poste per l’acquisizione dei loro beni inutilizzati.

Il vicepresidente Antonello Peru ha quindi dato la parola al consigliere Rossella Pinna (Pd) per l’illustrazione dell’interpellanza n. 6 «sulla necessità di realizzare con urgenza gli interventi di messa in sicurezza nella strada statale 197 tratto Sanluri – Guspini e la realizzazione dell’intersezione a rotatoria al km 13,500 incrocio strada provinciale 61 con viabilità urbana del Comune di San Gavino Monreale».

In apertura del suo intervento, l’esponente del Partito Democratico ha sottolineato la pericolosità della strada in questione: «Si tratta di un’importante arteria che collega i principali centri del Medio Campidano con la Marina di Arbus e la S.s.131 sulla quale si riversa giornalmente un’ingente mole di traffico. E’ una strada che presenta numerosi incroci a raso dove in questi anni si sono verificati diversi incidenti mortali» L’interpellante ha quindi ricordato che la messa in sicurezza dell’asse viario era stata finanziata nel 2008 dalla Giunta Soru con uno stanziamento di cinque milioni di euro, poi ridotti a quattro. Fondi ai quali si aggiunse poi uno stanziamento della Provincia del Medio Campidano che finanziò con 340mila euro la costruzione di una rotatoria al km 13,500, tra la strada provinciale e la viabilità del Comune di San Gavino Monreale. Nel 2014, ha evidenziato ancora Pinna, fu approvato il progetto preliminare da parte della Conferenza dei Servizi poi ratificato dalla Provincia e dal Comune di San Gavino.

«Nonostante tutto – ha rimarcato Pinna – i lavori non sono mai iniziati, il finanziamento di 5 milioni è ancora in carico alla Provincia del Medio Campidano oggi commissariata». Il consigliere del Pd ha quindi chiesto alla Giunta quali azioni intenda avviare per accelerare l’avvio dei lavori e mettere in sicurezza la strada.

L’assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, in prima battuta, ha messo in evidenza i problemi in cui si trovano le strade sarde per la cui messa in sicurezza servirebbero centinaia di milioni di euro. Maninchedda è poi passato all’esame del caso specifico: «L’opera in questione fu finanziata nel 2008 con 5 milioni di euro, poi diminuiti a quattro – ha ricordato l’assessore – la Regione stipulò in seguito una convenzione con la Provincia del medio Campidano. Tra la firma dell’intesa e l’approvazione del progetto preliminare sono passati quattro anni. I lavori dovevano essere appaltati entro il mese luglio di quest’anno. Non è stato possibile, la messa in sicurezza della strada  è attualmente definanziata. Siamo nel caso, non isolato, per cui un’opera non può essere realizzata per incuria amministrativa».

Rossella Pinna, nella replica, si è detta soddisfatta della risposta della Giunta ma ha espresso preoccupazione per «una situazione che permane in tutta la sua criticità». L’esponente del Pd ha quindi sollecitato l’esecutivo regionale a fare uno sforzo per rifinanziare il progetto: «Lasciando da parte le questioni tecniche – ha concluso Pinna – ritengo che sia in ogni caso necessario intervenire per tutelare gli automobilisti. L’opera va rifinanziata con l’assestamento di bilancio»

Successivamente, il vice presidente Peru ha avviato la discussione dell’interpellanza n°41/A (Tocco e più) «sullo stato di precarietà del personale dell’Ente Foreste della Sardegna». Essendo assente il consigliere Tocco, l’interpellanza sarà illustrata dal capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis.

Pittalis ha espresso in avvio una dura critica contro l’atteggiamento della Giunta che, ha detto, «non può continuare con la politica degli annunci e delle promesse alimentando aspettative che poi non vengono mantenute: ora serve una parola chiara dell’Assessore per i circa 1700 lavoratori dell’Ente Foreste per i quali nella legislatura precedente si era avviato un piano di stabilizzazione su base triennale,  con una previsione di circa 500 unità per anno». Ma ora, ha lamentato Pittalis, «scopriamo che le risorse destinate a quello scopo, 8 milioni, vengono tolti all’Ente Foreste; siete professori negli annunci cioè fate chiacchiere su ipotesi di riordino dell’Ente senza dire una parola sui lavoratori». Il capogruppo di Forza Italia ha inoltre contestato la decisione di commissariare l’Ente: «Lo avete fatto nelle more di una legge, ma la legge ancora non c’è, come se Delfo Poddighe, già comandante del corpo dovesse imparare qualcosa, o come se ci fossero irregolarità, in realtà siamo di fronte ad un commissariamento che ha una motivazione ridicola e, se queste sono le premesse, la stabilizzazione dei precari non comincerà mai».

L’assessore dell’Ambiente Donatella Spano ha respinto «i toni offensivi» del consigliere Pittalis. Ripercorrendo le vicende della stabilizzazione l’Assessore ha ricordato il piano di riordino degli organici previsto da una legge del 2007, un successivo provvedimento del 2008 per 850 unità, ed un altro nel 2009 per altre 215 ma, ha tenuto a precisare, «dopo non ci sono stati atti conseguenti e solo nel gennaio di quest’anno si è intervenuti con una nuova norma relativa a 500 unità annue per 3 anni incrementando risorse fino a 6 milioni annui per fare fronte ai compiti di prevenzione delle calamità naturali e contrasto ai fenomeni dissesto idrogeologico». «Le risorse c’erano e ci sono – ha sostenuto l’assessore dell’Ambiente – ma non sono stati definiti i contingenti di personale e procedure: su questi problemi abbiamo avviato un confronto con l’Assessore e con i sindacati, che abbiamo incontrato ad aprile, ad agosto e ad ottobre, si continuerà a seguire questa strada compatibilmente con la nuova legge di riorganizzazione dell’Ente».

Nella replica, il consigliere Pittalis si è dichiarato non soddisfatto, ribadendo i contenuti della sua critica politica sulla motivazione del commissariamento. «Il generale Gilberto Murgia, direttore generale che avete esautorato – ha aggiunto il consigliere – è stato reintegrato dal Consiglio di Stato, occorre fare attenzione su atti di cui qualcuno sarà chiamato a pagare le conseguenze». E’ giusto invece, secondo Pittalis, «che dove si rilevano professionalità serie, come nel caso dell’Agenzia del lavoro, che siano riconosciute evitando soluzioni sbagliate e commissariamenti affrettati e immotivati, perché ciò avviene a danno dei lavoratori che, anche oggi, non hanno ottenuto risposte».

Il vice presidente Peru, proseguendo nell’ordine del giorno, ha poi dato la parola al consigliere Daniela Forma, prima firmataria dell’interpellanza «sul ripristino del potenziale produttivo del settore agricolo danneggiato da calamità naturali».

Il consigliere Forma (Pd), ha evidenziato la difficoltà di assegnare una corretta destinazione ai 30 milioni stanziati dalla Regione dopo calamità naturali del novembre 2013 per favorire il recupero del tessuto produttivo agricolo. «Dopo la presentazione delle domande e la predisposizione della graduatoria unica regionale in base risorse disponibili – ha ricordato il consigliere Forma – sono stati finanziati 317 progetti ma ben 930 sono stati dichiarati ammissibili ma non finanziabili, creando un profondo malessere nel mondo agricolo». «Forse sarebbe stato meglio – ha suggerito Forma – restringere il campo degli interventi sugli 80 comuni, magari con meno contributi ma divisi su una platea più ampia di beneficiari, così come è apparsa di difficile attuazione il criterio del punteggio massimo». «Occorre chiarire questi aspetti a trovare nuove risorse – ha concluso l’esponente del Pd – e voglio dare atto che l’Assessorato ha raccolto queste sollecitazioni con disponibilità e tenacia».

L’assessore dell’Agricoltura Elisabetta Falchi ha condiviso le osservazioni del consigliere Forma sulle criticità del bando a cominciare dalla possibilità di risarcire il 100% del danno data l’esiguità delle risorse disponibili e le richieste pervenute per almeno 70 milioni. Ora, ha annunciato l’Assessore, «si sta procedendo a far scorrere la graduatoria per impegnare risorse della prossima programmazione se riusciremo a spendere tutti fondi disponibili entro il 31 dicembre; è un traguardo alla nostra portata, abbiamo chiesto il supporto di Argea per la presentazione delle domande ora in fase di istruttoria, in questi giorni stiamo pagando stati di avanzamento del 25% in modo da accelerare spesa». Al momento, ha precisato l’Assessore, «le domande sono 1271, 1081 i progetti e 465 i finanziamenti assegnati, confidiamo concludere entro l’anno queste procedure per cominciare lo scorrimento della graduatoria».

Il consigliere Forma ha ringraziato per la completezza della riposta dell’Assessore, ed ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di rafforzare gli uffici di Argea per istruire pratiche entro 2014, soprattutto in alcune zone della Sardegna, «come Nuoro dove si opera con organici ridotti all’osso e dove è concentrata la metà delle domande». Bisogna accelerare inoltre, ha continuato Forma, «l’iter autorizzativo per aziende ricadenti in aree sottoposte a vincoli, serve perciò la collaborazione degli Assessorati dell’Ambiente e degli Enti locali».

L’Aula ha poi esaminato l’interpellanza n. 65/A (Zedda Alessandra e più) «sull’attività di vigilanza venatoria».

Il consigliere Zedda ha evidenziato in apertura che quella degli agenti venatori «è una attività centrale nella prevenzione nel contrasto agli incendi, un grande lavoro di volontari a costo zero che viene limitato perché non si rilasciano attestati ma si rinnovano solo quelli vecchi perché non è stata ricostituita la commissione; è paradossale». «Occorre quindi accelerare la soluzione del problema – ha concluso Zedda – ed è necessario sapere cosa intende fare la Giunta e in quali tempi».

L’assessore dell’Ambiente ha ricordato che i compiti relativi agli agenti venatori sono stati trasferiti alle Province e attualmente esiste una situazione di incertezza dovuta alla mancanza di direttive alle province. «Si verificherà – ha detto – se a risorse a risorse invariate si potrà procedere alla nomina delle guardie venatorie volontarie in una ottica di semplificazione amministrativa».

Il consigliere Zedda ha definito apprezzabile il rilievo assegnato alle guardie venatorie ma, ha avvertito, «per essere davvero incisivi bisogna accelerare processo, tanto più che siamo in fase di riordino delle normativa degli enti locali e i tempi potrebbero allungarsi».

Dopo la conferenza dei capigruppo, il presidente Ganau ha messo in discussione il successivo punto all’ordine del giorno: il Dl n. 111 sull’assestamento alla manovra finanziaria per gli anni 2014-2016. Il presidente ha dato la parola al relatore di maggioranza, Franco Sabatini (Pd), presidente della Commissione Bilancio, il quale ha dato per letta la relazione allegata al disegno di legge.

Il presidente ha dato la parola al relatore di minoranza, Alessandra Zedda, vice presidente del Gruppo di Forza Italia. Un giudizio critico quello dell’opposizione nei confronti della Giunta Pigliaru debole nei confronti del Governo Renzi, con la Manovra definita «una legge disordinata e inadeguata». Zedda ha evidenziato alcuni «aspetti salienti», per la minoranza, di questo disegno di legge «come il rapporto di subordinazione al governo viziato da appartenenze partitiche», evidenziando anche la profonda crisi in cui versa “l’Italia a rischio default”. Zedda ha poi sottolineato che si tratta di una manovra in cui «la maggioranza non ha voluto il confronto con la minoranza» e che «questa legge non è un collegato in senso tecnico, non una manovra bis, ma una norma che modifica numerose Upb e capitoli di bilancio». Zedda ha accusato la Giunta di aver perso tempo e non essere intervenuti con urgenza «per quelle sacche di disagio, emergenze dei territori colpiti dalle calamità naturali, alle situazioni di disagio sociale, delle aziende, del lavoro, attività produttive, commercio, agricoltura e artigianato». Zedda si è poi scagliata contro la resa della Giunta davanti al taglio dei 34 milioni di euro «operato per trovare la copertura ai famosi 80 euro inefficaci». L’esponente della minoranza ha definito «la manovrina spot-giocattolo del presidente Renzi una iattura per regioni ed enti locali, che come noi ne hanno subito il peso».

Alessandra Zedda è poi tornata sulla vertenza entrate: «Un assestamento di bilancio parziale e senz’anima, reso ancora più arido dall’accordo Pigliaru-Padoan, che per noi non è affatto rispettoso dei diritti della Sardegna, sia in termini di entrate dovute, sia di risoluzione dei vincoli del Patto di stabilità. Che lo condividiate o meno, nel 2014 impegnate in bilancio meno del 2013 e soprattutto spendere 300 milioni in meno rispetto all’esercizio passato».

La Zedda ha evidenziato che ci sono tagli per tutti i settori senza creare opportunità di lavoro per i sardi. Il relatore di minoranza ha però annunciato un leale confronto vista l’urgenza del provvedimento.

Il presidente Gianfranco Ganau ha quindi aperto la discussione generale dando la parola al primo iscritto a parlare, il vice capogruppo del Pd, Roberto Deriu.

Secondo Deriu, l’assestamento di bilancio non può essere considerato il primo atto di politica finanziaria di questo governo: «Il nome stesso – ha sottolineato il consigliere della maggioranza – richiama l’esigenza di acconciare precedenti decisioni utilizzando il poco denaro rimasto. Intravediamo comunque la volontà di riqualificare e razionalizzare la spesa. Attendiamo di vedere applicata la filosofia della Giunta nella prossima manovra finanziaria».

Michele Cossa (Riformatori) ha ribadito il giudizio negativo sulla manovra espresso nei giorni scorsi. «E’ un provvedimento che non introduce novità e conferma la debolezza della Giunta nei confronti del Governo nazionale. Lo Stato – ha detto Cossa – continua a manifestare la volontà di succhiare risorse alla Sardegna. I famosi 80 euro di Renzi non hanno avuto nessun impatto sull’economia, sono serviti solo a far ottenere al premier  un buon risultato elettorale alle elezioni europee ma non hanno rilanciato i consumi. Ora anche la Sardegna è chiamata a fare la sua parte per pagare un intervento di politica economica che è stato “a ricaduta zero”».

Entrando nel merito del provvedimento all’attenzione dell’Aula, Cossa ha espresso preoccupazione per lo stato delle finanze regionali. «L’assestamento di bilancio rappresenta un anticipo di quello che accadrà il prossimo anno. Passando dai vincoli del Patto di stabilità al sistema del pareggio di bilancio non ci sarà nessun incremento della spesa pubblica. Le entrate negli ultimi mesi sono andate calando e ciò comporterà una contrazione di risorse spendibili». Il consigliere dei Riformatori sardi, infine, ha segnalato i tagli operati dalla Giunta per le famiglie (-5 milioni), per il reddito di comunità (-3,5 milioni), per il potenziamento del trasporto pubblico locale nelle aree vaste dove insistono sedi universitarie (-500mila euro all’anno). Cossa ha quindi annunciato la presentazione di diversi emendamenti al disegno di legge della Giunta.

Marcello Orrù (Psd’Az) ha bocciato senza mezzi termini l’assestamento di bilancio: «E’ un attacco alle famiglie e all’intera economia isolana – ha affermato Orrù – settori chiave come la cultura, l’istruzione e le politiche sociali vengono colpiti pesantemente». Il consigliere sardista ha poi accusato la Giunta di non aver dato seguito agli annunci fatti in sede di dichiarazioni programmatiche: «Avete tagliato i fondi anche a quei settori ritenuti da voi strategici come la ricerca, l’edilizia scolastica e le politiche per l’occupazione. Non ci sono fondi per il rilancio dell’edilizia abitativa e della pastorizia». Orrù ha quindi invocato più attenzione per le famiglie («sono sempre di più quelle che si rivolgono alla Caritas») e per le politiche sanitarie («sono stati ridotti i fondi per la formazione degli infermieri e del personale del 118 e i ricoveri dei malati psichici»). Quindi l’affondo finale: «Questo assestamento – ha concluso Orrù – non viene incontro al disagio sociale della Regione».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha definito la manovra del tutto priva di elementi nuovi, «una semplice rimodulazione di capitoli di spesa; ne è venuto fuori uno strumento inutile per la soluzione dei veri problemi della Sardegna, peraltro molto rimaneggiato dalla maggioranza rispetto al testo originario della Giunta». Alcune cose, secondo Locci, «appaiono francamente assurde, come il contributo al consorzio industriale di Tortolì per spese di depurazione di acque civili che, casomai, dovrebbero essere di Abbanoa, invece sono l’esempio di un rattoppo che cerca di nascondere scarse capacità di governo». Meritavano certamente più attenzione, ha dichiarato il consigliere di Forza Italia, «disoccupati, giovani professionisti e piccole e medie imprese che tirano la carretta di questa Regione: il giudizio nel complesso non può che essere negativo, perché ci si preoccupa solo di mettere risorse da una parte o dall’altra con un sistema che appartiene al passato».

Il consigliere Ignazio Tatti (Udc) si è chiesto «a che serva esprimere un parere come quarta commissione il 7 di ottobre quando la terza commissione ha esitato il provvedimento il 3 ottobre». Rivolgendosi poi all’Assessore della Programmazione Paci, «da Sindaco che ci mette la faccia», ha affermato che «la manovra è una offesa alla Sardegna, come dire che non ce ne sbatte niente dei sardi, quando si tolgono 10 milioni ai Comuni per i cantieri verdi per i quali il governo nazionale ha derogato consentendo le assunzioni in Sardegna; era una boccata d’ossigeno per i Comuni e soprattutto per i disoccupati dei centri più piccoli, per chi non ha niente non sarebbe stato poco». Soffermandosi poi sui tagli del tutto privi di giustificazione, Tatti ha elencato «i 40 milioni contro il dissesto idrogeologico, quelli per la bonifica dall’amianto, per i cimiteri, per le università diffuse come Oristano, perfino per gli agricoltori colpiti da calamità naturali». Qui si fanno cose, ha concluso Tatti, «senza uscire dal palazzo e vedere cosa c’è in Sardegna».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia), ha sottolineato con rammarico che «di fronte ad crisi drammatica e di difficile soluzione c’è una classe dirigente disattenta». Occorre intanto chiarire una volta per tutte, secondo l’opinione di Cherchi, «qual è stata la reale  necessità di presentare questa manovra perché la tesi dello strumento tecnico non esiste». La verità, ha proseguito, «è che non ci sono soluzioni nuove, è un assestamento parziale e senz’anima che non rappresenta niente di buono per i sardi». Che senso ha, si è chiesto il consigliere di Forza Italia, «tagliare i fondi contro il dissesto idrogeologico, frutto di una battaglia fortissima subito dopo l’alluvione del novembre 2013, mentre c’era la delibera dell’Assessore per impegnarli entro l’anno: e poi ancora tagli su, commercio, artigianato, imprenditoria femminile, blocco delle opere cantierabili, risarcimenti dei danni alle colture dopo otto mesi senza dati, né bandi». Ma allora questa Giunta cosa ha fatto in tutto questo tempo, ha concluso Cherchi, «a parte parlare male di quanto fatto nella legislatura precedente?».

Il presidente ha dato, quindi, la parola all’ex presidente Ugo Cappellacci (Forza Italia): «L’assestamento di bilancio entra in aula in un clima in netta contrapposizione tra maggioranza e opposizione che crea un blocco a suggerimenti e proposizioni della minoranza». In passato, ha ricordato l’esponente di Forza Italia, la logica di contrapposizione ha sempre creato danni alla Sardegna, e ha quindi auspicato che nel dibattito in aula ci sia un’apertura da parte della maggioranza per avviare un confronto, «perché così non va bene».

Ugo Cappellacci ha evidenziato che la maggioranza ha i numeri per evitare il confronto, ma non potrà evitarlo con la Sardegna, con i sindaci, gli agricoltori, le famiglie, le imprese. «L’assessore dice che il taglio è del 10 per cento ossia i 300 milioni di cui avevamo parlato noi».

Per l’ex presidente della Giunta «quello che indicate come il paradiso inizia ad avere i connotati di un inferno». E ha chiesto alla Giunta, visto che  oltre ai tagli di risorse, ci saranno 130 milioni di euro di entrate in meno «come credete di arrivare al pareggio di bilancio?» Per Cappellacci la contrazione dei mutui serve soltanto per coprire il flop del governo regionale, mutui che ricadranno sulla prossima giunta e sulle nuove generazioni.

«Ancora una volta vi chiedo di invertire la rotta prima che sia troppo tardi, perché già questa manovra risente dell’accordo Pigliaru-Padoan-Renzi». Cappellacci ha ricordato che mentre lo Stato continua a scippare la Sardegna, l’Esecutivo regionale annuncia di ritirare i ricorsi contro il Governo. «Auspichiamo che la volontà dell’Aula venga rispettata, che ha sconfessato quell’accordo con un ordine del giorno». Per l’esponente della minoranza l’unico a beneficiare di questo assestamento è il governo Renzi, e ha giudicato «la Giunta arrendevole con il governo e arrogante verso di noi e verso i sardi».

Per Luigi Crisponi (Riformatori sardi) «riuscire a dare una definizione compiuta a questo assestamento è un’impresa improba. Un assestamento modesto, con tantissime voci che mancano, che avrebbe invece dovuto dare una svolta a famiglie, giovani, scuola e imprese». Crisponi ha evidenziato il paradosso di una Giunta che nell’assestamento di bilancio presenta il taglio dei fondi per combattere il rischio idrogeologico e, contemporaneamente, presenta due disegni di legge per istituire due parchi.  Crisponi ha evidenziato che non ci sono risorse per il comparto artigiano, turismo, commercio, imprenditoria giovanile e femminile. Critico anche verso la destinazione dei 6 milioni per la destagionalizzazione del turismo. «Sappiamo che sono momenti davvero difficili ed è difficile ottenere risorse», ma la grande preoccupazione è che si sia andati a colpire quel patrimonio ancora presente tra gente sarda che sta ancora resistente. «Un taglio fatto con le forbici». E poi ha accusato la Giunta di danneggiare gravemente il settore produttivo facendo sparire i soldi per i consorzi fidi. «Il risultato – ha concluso – è mandare le nostre imprese nelle mani degli usurai».

Angelo Carta (Psd’Az) stigmatizzando un atteggiamento «da commedia» da parte di maggioranza e opposizione ha detto che quello che manca «è la consapevolezza di cosa c’è fuori dall’aula». Per Carta sembra quasi ci sia un disegno contro i sindaci che non sanno più come fare perché devono amministrare i territori senza poter contare su fondi sufficienti. «Il disagio che dilaga sembra un corpo estraneo a questo assestamento. Nei nostri territori c’è emergenza. Alla fine di questo assestamento – ha concluso – sarà necessario dare un segnale reale ai comuni e ai nostri territori».

Piermario Manca (Soberania e Indipendentzia) ha parlato di «assestamento cospicuo» in quanto ammonta a oltre 216 milioni di euro. «Ma come mai – ha chiesto – siamo arrivati a un assestamento così cospicuo?» Per Manca sicuramente c’è  una responsabilità di chi non ha utilizzato i fondi in passato. Il consigliere di Soberania e Indipendentzia ha affermato che non si tratta di un assestamento perfetto e ha annunciato la presentazione di emendamenti.

Surreale, secondo Stefano Tunis (Forza Italia) la situazione che si sta delineando in Consiglio con maggioranza e opposizione costrette a recitare una parte. Tunis ha incentrato il suo intervento sul ruolo che ogni consigliere regionale dovrebbe svolgere, rivolto soprattutto alla rappresentanza delle istanze provenienti dai territori. «Chi ha avuto la fortuna di essere eletto ha il dovere di esprimere la propria opinione – ha detto Tunis – nel leggere questo documento non rivolgo accuse alla Giunta. Dal loro punto di vista è naturale l’approccio di tipo ragionieristico, staccato dalla necessità di dare risposte alle persone che ci hanno eletto. Noi abbiamo invece il dovere di esercitare il nostro ruolo di rappresentanza». L’esponente azzurro ha quindi annunciato la presentazione di numerosi emendamenti al disegno di legge di assestamento di bilancio e rivolto un appello ai consiglieri della maggioranza: «Rimettiamo la politica al centro della scena. Lo dovete alle istituzioni e alle persone che vi hanno mandato qua dentro».

Alberto Randazzo (Forza Italia) ha invece espresso rammarico per la mancanza di dialogo con la maggioranza. «Ho assistito a tante discussioni in quest’Aula – ha esordito – in ogni assestamento di bilancio si sono trovate le coperture per le urgenze. Se non finanziamo le leggi di settore non riusciamo a dare un minimo di ossigeno alle imprese». Randazzo ha quindi segnalato alcune aspetti negativi del provvedimento come i tagli alle bonifiche dell’amianto. «Abbiamo ascoltato per anni il grido d’allarme delle associazioni. E’ un problema serio che mette a rischio la salute pubblica. L’amianto è presente soprattutto nelle scuole e negli edifici degli enti locali». Il consigliere di minoranza, infine, ha invitato la Giunta a mostrare più attenzione alle richieste che provengono dalla società sarda messa in ginocchio da una crisi devastante: «Finora – ha concluso Randazzo – non c’è stata nessuna risposta alle istanze dei territori, la gente pretende interventi per le emergenze, sarebbe curioso capire oggi quale è il consenso di questa maggioranza fuori dal palazzo».

Il presidente ha chiuso i lavori, il Consiglio si riunirà domani mattina alle 10.00. per la prosecuzione della discussione generale sul Dl 111.

Raffaele Paci, Francesco Pigliaru e Virginia Mura.

Raffaele Paci, Francesco Pigliaru e Virginia Mura.

La Giunta regionale, riunitasi questa mattina in Viale Trento sotto la presidenza di Francesco Pigliaru, su proposta dell’assessore del Lavoro, Virginia Mura, ha nominato Massimo Temussi nuovo direttore dell’Agenzia regionale per il lavoro. La scelta è stata fatta a seguito di una selezione per titoli. Massimo Temussi era stato nominato commissario della stessa Agenzia nello scorso mese di gennaio, al posto di Stefano Tunis, dimessosi e candidato nella lista di Forza Italia della circoscrizione di Cagliari alle elezioni regionali del 16 febbraio, nelle quali è stato eletto. In precedenza, Massimo Temussi aveva ricoperto l’incarico di capo di gabinetto dell’assessorato regionale dell’Industria, dopo essere stato direttore generale prima all’assessorato della Sanità e poi all’assessorato del Lavoro.
Nella breve seduta di questa mattina, la Giunta Pigliaru ha approvato anche una seconda delibera proposta dall’assessore Mura, riguardante le disposizioni per la modifica dell’assetto organizzativo per la gestione del “Fondo per lo sviluppo del sistema cooperativistico in Sardegna”, che prevede il trasferimento delle competenze amministrative al “Servizio di supporto dell’Autorità di Gestione”.
Su proposta del presidente Pigliaru, sono stati differiti i termini di presentazione del Piano di utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento, prorogati, solo per quest’anno, al 15 novembre.
E’ stata approvata in via definitiva, infine, dopo il passaggio in Consiglio regionale, la delibera proposta dall’assessore del Bilancio, Raffaele Paci, con la quale si correggono alcuni errori materiali nella ripartizione del plafond di competenza euro compatibile del Patto di stabilità interno 2014 tra le Direzioni generali della Presidenza e degli Assessorati.

 

Consiglio regionale 1 copia

Dopo l’approvazione dell’ordine del giorno sulla proroga del #Piano Casa, il Consiglio regionale ha affrontato la discussione sull’ordine del giorno con l’esame congiunto delle mozioni n. 70 (Cossa e più) “sull’accordo Regione-Governo sul patto di stabilità e la certezza delle entrate” e n. 75 (Zedda e più) “sui ricorsi per la vertenza entrate e il patto di stabilità”. 

Michele Cossa (Riformatori sardi) ha illustrato il primo documento chiarendo da subito il senso dell’iniziativa parlamentare. «La mozione – ha detto Cossa – nasce dall’accordo Stato-Regione sul patto di stabilità firmato il 21 luglio scorso. L’obiettivo era ottenere una maggiore capacità di spendita entro il 2014 (un miliardo e duecento milioni di euro). Sappiamo invece come è andata: la Sardegna, nonostante le dichiarazioni trionfalistiche della Giunta, avrà a disposizione 320 milioni in meno». Il primo firmatario della mozione ha poi parlato di aspetti poco chiari nell’accordo Stato-Regione («non si capisce quali entrate spettino alla Sardegna e quali siano le reali intenzioni della Giunta sul ritiro dei ricorsi pendenti davanti alla Corte Costituzionale»).

Cossa ha quindi definito “un flop” l’intesa di luglio sottoscritta dalla Regione con il Governo per poi rivolgere alcune domande all’assessore al bilancio Raffaele Paci. «E’ necessario fugare tutti i dubbi  – ha affermato Cossa – l’assessore chiarisca se nel 2014 sono disponibili 320 milioni in meno, se i ricorsi saranno ritirati, se il Fondo Unico per i comuni rimarrà fuori dal Patto di Stabilità, se confermerà i ricorsi sugli accantonamenti dello Stato (circa 577 milioni di euro)».

Da Cossa, infine, una richiesta di chiarimento anche sulla quota delle entrate sui giochi spettante alla Regione e sulla “sbandierata” proposta di istituzione dell’Agenzia Sarda delle Entrate: «In realtà – ha sottolineato Cossa – nell’accordo di luglio la Giunta si impegna a recepire le norme sulla omogeneizzazione delle entrate. Questa clausola rimette alla Ragioneria generale dello Stato la potestà unilaterale di determinare gli introiti della la Regione. Quello che la Giunta sta ottenendo è rinunciare alla trattativa minima sulle entrate erariali».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi concesso la parola alla consigliere di Forza Italia per l’illustrazione della mozione n.75 in materia di entrate e patto di stabilità. L’ex guida dell’assessorato della Programmazione nella precedente Giunta regionale, ha lamentato la scarsa attenzione dell’Aula, certificata dalla scarsa presenza di consiglieri, davanti ad un tema di grande rilevanza. Alessandra Zedda ha ricordato le diverse fasi che hanno caratterizzato la vertenza entrate ed ha dichiarato che “la Regione sarda non ha ancora introitato tutte le somme che le spettano”. La consigliere della minoranza ha quindi evidenziato come lo stesso assessore del Bilancio, Raffaele Paci, abbia quantificato in oltre 600 milioni di euro le somme che ancora devono essere trasferite nelle casse dell’Isola. Zedda ha quindi rivolto un nuovo appello al presidente della Giunta e all’assessore della Programmazione perché non siano ritirati i ricorsi presentati dalla Regione sarda contro lo Stato in materia di finanza pubblica.

L’esponente della minoranza ha ricordato, a questo proposito, i recenti “comportamenti assai poco leali” dello Stato nei confronti della Sardegna, anche dopo la sottoscrizione dell’accordo dello scorso luglio sul patto di stabilità e il pareggio di bilancio. A giudizio di Alessandra Zedda, tra i comportamenti in danno dell’Isola vanno evidenziati quelli riferiti al decreto sulle riserve erariali e le norme contenute nel decreto “Sblocca Italia”.

«Fino a quando non ci saranno certezze sulle somme da trasferire alla Sardegna e prove di lealtà dello Stato verso la Regione – è questo l’invito formulato da Alessandra  Zedda – non ritirate i ricorsi tutt’ora pendenti». L’esponente di Fi ha inoltre invitato l’esecutivo – qualora le trattative con il governo non portino a risultati soddisfacenti – a procedere con l’impugnazione, non soltanto del decreto le ministero delle Finanze del 16 settembre 2014, n.215 ma anche del decreto legge n. 133 del 12 settembre 2014, il cosiddetto “Sblocca Italia”.

Il presidente Ganau ha dato la parola a Salvatore Demontis (Pd). Il consigliere della maggioranza ha affermato che il risultato ottenuto dal presidente Pigliaru sull’eliminazione dei vincoli del Patto di stabilità è importantissimo e non elimina in automatico i contenziosi con lo Stato. Per Demontis è molto più utile però avere forse meno risorse, ma la possibilità di programmare con continuità e non avere maggiori risorse ma senza avere la possibilità di impegnarle. «Questa è la valenza del nuovo patto sottoscritto con lo Stato: è un nuovo modo di amministrare». Per il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, «l’opposizione ha un ruolo perché aiuta ad aprire gli occhi a una maggioranza che crede di avere la certezza che tutto quello che fa è buono». Dedoni ha spiegato che non c’è alcuna contrapposizione personale con l’assessore Paci,  ma si tratta di un atteggiamento dovuto al fatto che lo Stato non è mai stato affidabile nei confronti della Sardegna. Per Augusto Cherchi (Soberania e Indipendentzia) «il dato certo che la Sardegna adotterà il pareggio di bilancio, ed è l’unica Regione che si è assunta questa responsabilità». Per Cherchi è pacifico che il governo italiano debba rispettare i suoi impegni presi con una Sardegna che prova a camminare da sola. L’esponente della maggioranza ha anche sollevato l’esigenza di sapere quali siano le entrate e avere la certezza dell’esigibilità delle risorse.

All’inizio del suo intervento, l’assessore della Programmazione ha sottolineato che l’azione della Giunta ha collocato al primo posto il Patto di stabilità, «dialogando su questi temi con il governo nuovo su 3 punti: situazione del 2013, determinazioni sull’anno in corso, definizione dei percorsi futuri a regime». Riassumendo i termini principali della vicenda, Paci ha ricordato che, «per il 2013 c’era stato uno sforamento del Patto perché  la Regione non aveva calcolato i 281 milioni che nel 2011 erano stati dati agli Enti Locali, anche se va riconosciuto che la precedente amministrazione quei soldi non se li aveva messi in tasca ma immessi nel sistema economico; c’era però il rischio concreto di una procedura di infrazione».

Per il 2014, ha proseguito l’assessore, «l’accordo bisognava farlo perché altrimenti saremmo stati bloccati sul 2013, dato che la nostra cassa è frutto dei trasferimenti dalla ragioneria dello Stato, volenti o nolenti: risolvere questi problemi a regime significa fare accordi che hanno un loro equilibrio e, in termini reali, abbiamo ottenuto 374 milioni, che sono comunque più dei 219 milioni oggetto dello sforamento di allora». I punti dell’accordo, tombale per il 2013, con 364 milioni in più per il 2014 e col superamento definitivo del Patto per il 2015, «non contengono né trucchi né imbrogli, ha assicurato Paci: siamo l’unica Regione che lo ha ottenuto e proprio in questo momento tutte le Regioni a statuto ordinario stanno premendo per avere lo stesso trattamento».

Sul problema dei ricorsi, l’assessore della Programmazione ha confermato l’intenzione di ritirarli, ma solo quelli che riguardano il Patto e gli accantonamenti ferma restando la contribuzione della Sardegna all’abbattimento del debito, «ma non  quelli sulle riserve erariali». Poi, ha continuato, «è successo l’incidente del Decreto 215 di settembre che impone alla Sardegna le riserve erariali: sul punto abbiamo avviato subito un durissimo contenzioso ed il Governo ha riconosciuto che i patti con la Sardegna erano altri, c’è un problema tecnico cui si sta rimediando e la settimana prossima tutto sarà messo per iscritto nel rispetto della sentenza della Corte Costituzionale».

Ultima questione affrontata dall’assessore Paci, le entrate. Le compartecipazioni, ha dichiarato l’Assessore, «arrivano regolarmente per un ammontare di circa 5.7 miliardi anche senza norme di attuazione e solo sulla base delle previsioni dell’art. 8 dello Statuto». Mancano alcune piccole voci, ha proseguito Paci, «per le quali stiamo definendo il metodo di calcolo, l’Ires per le aziende con sede legale fuori dalla Sardegna ma con stabilimenti nell’Isola, è ormai assodato che ci devono essere anche quelle, oltre ai proventi di alcuni giochi (non tutti, il Lotto ma non il Superenalotto, ad esempio) e le cosiddette riserve matematiche, una strana cosa legata alle assicurazioni e disciplinata da una imposta specifica».

Facendo una somma di tutte queste voci e considerando il periodo che va dal 2010 al 2013, ha concluso l’assessore della Programmazione, «si arriva a 604 milioni, mentre il flusso annuale è di 130 milioni circa ed, infine, contando il 2014, arriviamo a 750 milioni, tutte somme di cui abbiamo ottenuto il riconoscimento: lo Stato ce le deve dare e ce le darà, poi tratteremo sul come ma direi che, se facciamo questo, abbiamo risolto i problemi della finanza pubblica in Sardegna pur esercitando sempre la massima attenzione, nella consapevolezza che non esistono governi amici o nemici».

In sede di replica, il primo firmatario della mozione n. 70 Michele Cossa ha espresso apprezzamento per alcuni chiarimenti forniti dall’assessore ma ha ribadito il concetto di fondo espresso nel suo precedente intervento: l’incertezza sulle entrate erariali spettanti alla Regione. «Il nodo è questo – ha detto Cossa –  tra le somme indicate dalla Ragioneria generale dello Stato e quelle individuate dagli uffici della Regione c’è sempre un gap quantificabile in circa un miliardo di euro. Il problema oggi è risolto: l’accordo affida, sic et simpliciter, alla Ragioneria dello Stato la determinazione degli introiti». 

Cossa ha poi espresso preoccupazione per la situazione della finanza pubblica regionale: «Le parole dell’assessore non hanno fugato i dubbi – ha concluso l’esponente dei Riformatori sardi – il rischio è che con l’introduzione del sistema del vincolo di bilancio la Sardegna, a partire dal 2015, potrà spendere meno soldi di quelli che spendeva con il Patto di stabilità in vigore».

Si è quindi proceduto con le dichiarazioni di replica della prima firmataria della mozione n. 75, la consigliere di Fi, Alessandra Zedda. L’esponente della minoranza ha evidenziato la difficoltà e la complessità dell’argomento ed ha ribadito i timori espressi dal consigliere Michele Cossa sulla quantificazione delle entrate a partire dal bilancio 2015. Zedda ha inoltre dichiarato la disponibilità a ragionare unitariamente sulle restanti partite aperte con lo Stato ad incominciare da quella delle riserve erariali. Alessandra Zedda ha quindi citato come esempi di contrasto tra Regione e Governo le numerose impugnative di leggi approvate dal Consiglio regionale, ad incominciare dalla legge sul marchio per le produzioni e l’agroalimentare sardo.

Il presidente Ganau ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, per dichiarazioni di voto. L’esponente della maggioranza ha annunciato il suo voto favorevole, ma ha anche chiesto all’assessore, del quale ha apprezzato il ragionamento, di pretendere dallo Stato un atto di legge che elimini l’incidente avvenuto con il decreto n. 215 di settembre. Il consigliere dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha chiesto una sospensione dei lavori di 2 minuti, accordata dal presidente  Ganau. Alla ripresa dei lavori il presidente ha annunciato all’Aula che era pervenuto un ordine del giorno in sostituzione delle mozioni. Il testo, sottoscritto da maggioranza è opposizione, «impegna il presidente 1) a continuare il confronto con il Governo al fine di assicurare che le riserve erariali previste col Decreto del Direttore generale delle Finanze e del Ragioniere generale dello Stato (Mef) 16 settembre 2014 n. 215 non si applichino alla Regione Sardegna; 2) nelle more e in caso di esito negativo della trattativa di cui al punto precedente, a non ritirare i ricorsi, così come previsto dall’accordo col Governo del 21 luglio 2014; 3) a proseguire con la vertenza col Governo per ottenere il pieno riconoscimento delle entrate erariali ancora dovute e in particolare quelle relative all’Ires, giochi e riserve matematiche; 4) a promuovere ancora, in caso di esito negativo, della stessa trattativa di cui al punto 2 il ricorso per illegittimità del decreto Mef 16 settembre 2014, n. 2015».

Il presidente ha dato la parola a Michele Cossa (Riformatori sardi) per dichiarazione di voto, il quale ha confermato la bontà di questo ordine del giorno perché dà forza alla Giunta  per risolvere il problema del Decreto 215, ma ha confermato che sull’accordo di luglio resta negativo.

Il presidente ha Giunta ha chiesto il parere della Giunta che è stato favorevole. E’ poi intervenuta Alessandra Zedda (FI), la quale ha «dato atto alla sensibilità e la capacità di questo Consiglio di arrivare a una decisione unanime a difesa dei diritti dei sardi». Con questo ordine del giorno, ha continuato Zedda, si vuol dare più forza all’azione del presidente Pigliaru e della Giunta, ma  ha confermato che la minoranza continuerà a vigilare perché i ricorsi sono «l’ultimo baluardo in difesa degli sgambetti del governo centrale nei confronti della Sardegna». 

Anche il consigliere Efisio Arbau (La Base – Sardegna Vera) ha annunciato il suo voto favorevole. Critico nei confronti dell’opposizione ha ricordato all’Aula che il centrosinistra non parla, ma porta fatti e che a oggi la Giunta Pigliaru ha chiuso la partita sul Patto di stabilità. Il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato all’unanimità.

Consiglio regionale 1 copia

I lavori del Consiglio regionale sono ripresi questo pomeriggio per l’esame degli altri punti all’ordine del giorno. Si è iniziato con la mozione, primo firmatario il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni, “sulla Fondazione Banco di Sardegna”.

Attilio Dedoni, dopo aver premesso che «alcuni contesti sono estranei ai veri interessi della Sardegna» ha ricordato che la Sardegna vive una crisi più drammatica delle altre Regioni: disoccupazione, difficoltà allo sviluppo, cassintegrati da tutte le parti, un motore alimentato esclusivamente dal sistema bancario che non gira, nonostante interessi tutte le famiglie. Il problema, insomma, per Dedoni è molto chiaro: «Il Consiglio ha il dovere di dare indirizzi alla Fondazione che, è bene ricordarlo, gestisce un patrimonio di 900 milioni di euro proprietà del polo sardo, controllato dalle istituzioni, mentre chi amministra dovrebbe essere distante dalla politica per non subirne le contiguità». Non voglio accusare un partito, ha chiarito il consigliere dei Riformatori sardi, «ma vorrei che un partito facesse un atto di moralità, che controllasse e verificasse se la Fondazione fa gli interessi del popolo sardo, è una cosa che riguarda tutti». Soffermandosi poi sui contenuti specifici della mozione, Dedoni ha criticato la composizione degli vertici societari: «E’ grave e anomalo che la Fondazione detenga il 49% delle quote azionarie del Banco (mentre altre fondazioni superano di poco il 20%) attraverso patti parasociali che suo tempo imposero un certo assetto, riconoscendo alla Bper una prelazione su queste quote e sulle nomine dei vertici». Il consigliere ha poi lamentato la scarsa trasparenza di alcune operazioni della Fondazione, come dismissioni patrimoniali, plusvalenze, obbligazioni, fondi inglesi ed altre partecipazioni a volte opache (come una società lussemburghese che gestire distributori di bevande): «Scelte incomprensibili – ha proseguito – che appaiono distanti dall’interesse pubblico». Lo stesso presidente Pigliaru, ha concluso il capogruppo dei Riformatori, «in più circostanze, come hanno affermato anche autorevoli esponenti del Pd come Bersani e Fassina ed altri, si schierò contro certe operazioni; ragione in più per recuperare moralità e distinguere nettamente fra sistema bancario e politica».

Il consigliere Cesare Moriconi (Pd) ha detto in apertura di non sapere se è giusto tirare in ballo moralità ed etica, affermando che è molto più importante «portare la discussione su un terreno adeguato ad una discussione utile, fuori dal gioco delle parti». «Nel caso specifico – ha sostenuto Moriconi – occorre individuare strumenti davvero utili alle politiche del credito e non alle contrapposizioni politiche». Certamente, ha aggiunto il consigliere del Pd, «è sbagliato cercare colpevoli di una parte e dall’altra, col risultato di mancare l’obiettivo di un sistema creditizio che avremmo voluto più partecipe dello sviluppo locale». Forse non è utopia immaginare una banca legata al territorio in un quadro organico di sostegno alle nostre comunità, ha dichiarato il consigliere Moriconi, «vicino a giovani, imprese, ambiente, qualità della vita, istruzione, salute, ad ogni settore il cui sviluppo possa accendere una speranza». Serve in altre parole, a giudizio dell’esponente del Pd, «una discussione nobile per capire se esiste una nuova possibilità per il credito in Sardegna, favorendo il nostro tessuto locale e sociale, riflessione che serve perché questa discussione non si esaurisca nelle contrapposizioni».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha riferito che fra poco a Lei, piccolo paese del Marghine, arriverà il cosiddetto bancomat intelligente dove si potrà pure versare. In realtà, ha detto, «siamo davanti al frutto di una politica che colpisce le realtà più deboli, ma poi perché non si deve parlare della Fondazione quasi fosse una no fly zone?»

 La politica, secondo Crisponi, ha invece «titolo per entrare nelle questioni a cominciare dallo smantellamento del sistema del credito nella nostra regione, passano per il tema dell’influenza della politica nel credito, anche perché ormai non si parla più di sviluppo e ripartenza della Sardegna perché i rubinetti del credito sono chiusi». «Per queste ragioni – ha proseguito Crisponi – è giusto reclamare una politica diversa più attenta ai territori, spezzando una catena strana che avvolge un sistema di califfati, su un solco simile a quello del #Monte dei Paschi dove la politica ha creato sfracelli e danni». La situazione è delicata, ha concluso il consigliere dei Riformatori, «perciò dobbiamo togliere il velo e far diventare tutto più trasparente e accessibile, perché dopo il Marghine ci saranno altre chiusure e ci troveremo ben presto a domandarci cosa fare: apriamo porte e finestre, ricordando soprattutto che degli 82 miliardi che la Bce ha assegnato recentemente alle banche, 2 miliardi sono andati a Bper, ma per fare cosa? Ricordiamoci che sono soldi che arrivano dalle tasche dei nostri cittadini».

Il consigliere del gruppo Pd, Franco Sabatini, ha escluso operazioni condotte al di fuori delle norme e delle leggi da parte della Fondazione e del Banco di Sardegna. «Se fossero vere le dichiarazioni rese in Aula dall’onorevole Dedoni – ha attaccato il presidente della commissione Bilancio – dovrebbe recarsi in procura e denunciare le violazioni di legge». A giudizio di Sabatini tutte le operazioni del Banco e della Bper, compresa quella relativa a Sardaleasing, sono avvenute nel pieno rispetto delle procedure e, laddove necessario, sono state verificate da advisor indipendenti. L’esponente della maggioranza ha quindi approfondito il tema dei rapporti che intercorrono tra il Consiglio regionale e gli istituti di credito che operano in Sardegna. «Ci limitiamo – ha spiegato Sabatini – alle audizioni in occasione delle formalità della discussione della manovra finanziaria, ma servirebbe maggiore confronto e maggiore collaborazione». L’esponente del Pd auspica un maggiore confronto in tema di servizi offerti alle imprese, alle cooperative, insieme con una nuova attività di coordinamento nei diversi interventi della Fondazione nei settori della cultura, della ricerca, dello spettacolo e dello sport. Sabatini ha concluso replicando alle ulteriori critiche mosse dal capogruppo dei Riformatori alla gestione della Fondazione e del Banco di Sardegna ed ha rassicurato sulla solidità patrimoniale della Fondazione Banco di Sardegna.

Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha cercato, in premessa, di ricondurre il dibattito al tema oggetto della mozione consiliare. «Poniamo il tema del rispetto delle regole – ha dichiarato il coordinatore regionale dei Riformatori sardi – e della commistione tra politica e banche». «E’ il tema – ha aggiunto Cossa – che ha posto anche il presidente Pigliaru, quando ancora non governava la Regione, all’indomani del caso #Monte Paschi». Michele Cossa ha quindi declinato i valori della Carta delle fondazioni ad incominciare da quello che indicano il patrimonio delle fondazioni come patrimonio originario delle comunità. A giudizio del consigliere della minoranza nella Fondazione Banco di Sardegna permane l’anomalia di una “forte” presenza politica e la situazione è ancor più grave se si considera che la Fondazione con l’erogazione di contributi e risorse, è in grado di condizionare la vita dei cittadini sardi in misura maggiore di quanto non lo faccia la stessa Regione. Michele Cossa ha concluso auspicando un intervento della Giunta per quanto attiene l’esercizio dei poteri di vigilanza e ha invitato il Consiglio ad occuparsi di un tema centrale per lo sviluppo dell’Isola. «Siamo pronti a portare in piazza – ha ammonito Cossa – per spiegare ai sardi che il Banco di Sardegna è diventato una succursale del Pd».

Per Piero Comandini (PD), la mozione presentata dal centrodestra manca di originalità. «Vengono elencati vecchi problemi – ha detto Comandini – ma non c’è una parola, un indirizzo che sollevi il problema del credito in Sardegna». Comandini ha poi concentrato l’attenzione sulla Sardaleasing, difendendo l’operazione di fusione con l’ABF: «Questa decisione – ha sottolineato il consigliere del Partito Democratico – ha consentito di salvare Sardaleasing che oggi continua ad esistere e ad operare nella nostra regione».

L’esponente delle maggioranza ha poi invitato i presentatori della mozione a distinguere tra banche e fondazioni. «Queste ultime – ha spiegato Comandini – svolgono un ruolo fondamentale per le comunità, sono una risorsa imprescindibile per i territori in cui operano. Sono state infatti create per limitare il peso della politica all’interno del sistema creditizio. Oggi, invece, si chiede di tornare indietro e di rafforzare il legame tra politica e credito. Credo che non sia questa la strada giusta». Comandini, al termine del suo intervento, ha ricordato che «oggi a Firenze si tiene la seconda Conferenza europea delle Fondazioni. Questa opportunità noi non la cogliamo per le solite discussioni da cortile che non risolvono le questioni importanti. Non è difendendo uno sportello bancario di un piccolo comune che si rilancia l’economia dell’Isola».

Stefano Tunis (Forza Italia) ha criticato l’approccio al problema del credito: «Parte dei colleghi individuano i mali del sistema creditizio nella presenza di esponenti politici legati a un partito – ha detto Tunis – altri invece scaricano le responsabilità. Alle banche, elemento centrale della nostra economia, si attribuisce un ruolo superiore slegato da qualsiasi attività di indirizzo da parte della politica. Ma per quale motivo – si è chiesto Tunis – dovremmo rinunciare ad un ruolo della politica?». L’esponente di Forza Italia ha quindi segnalato all’Aula la distanza tra le banche e gli interessi di cittadini e imprese. «Per questo motivo – ha aggiunto Tunis – occorre oggi dare alla politica un ruolo più forte perché le istanze della società vengano ascoltate e si esca dai freddi meccanismi del sistema creditizio».

Paolo Truzzu (Fratelli d’Italia) in apertura del suo intervento ha ricordato i tre perni su cui si è costruito in passato il sistema del credito: il Banco di Sardegna (per il credito alle famiglie e alle imprese), il Cis (per quello alle industrie) e la Sfirs. «Oggi il Cis sta sparendo – ha sottolineato Truzzu – mentre il Banco di Sardegna è oggettivamente in difficoltà visto il ruolo predominante della Banca Popolare dell’Emilia».

Truzzu ha poi ricordato le preoccupazioni espresse da autorevoli intellettuali come l’economista Antonio Sassu e lo storico Paolo Fadda. «C’è una preoccupazioni viva nella società – ha detto Truzzu – è vero che le fondazioni esistono per allontanare la politica dalle banche, ma è anche vero che il Consiglio regionale ha il compito di vigilare». Il consigliere di Fratelli d’Italia ha poi evidenziato il ruolo dominante del Partito Democratico all’interno della Fondazione Banco di Sardegna. «All’interno della Fondazione è rappresentata solo una parte, non è un problema solo per la Sardegna ma per lo stesso Partito Democratico. Quello di cui oggi si discute è l’opportunità di certe scelte. Ciò oggi sembra lecito e legale può lasciare dei dubbi. Anche la quotazione di #Parmalat è avvenuta secondo le regole poi è successo quello che è successo. Per questo – ha concluso Truzzu – è necessario riflettere sul ruolo del Consiglio.»

Il vice presidente, Eugenio Lai, ha assunto la presidenza del Consiglio regionale e ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Antonello Peru, il quale ha sottolineato come sia necessario fare chiarezza su un ente che gestisce il patrimonio di tutti i sardi. Per il vice presidente del Consiglio Peru è grave quanto sta accadendo nel Banco di Sardegna. Gli emiliani della «Bper si preparano all’azzeramento della gestione dell’istituto di credito sardo. Un altro pezzo di autonomia della Sardegna che va via». Per Peru è necessario che il presidente Pigliaru spieghi con chiarezza quale sarà il futuro della Fondazione Banco di Sardegna e ha ribadito che il 49 per cento delle azioni del Banco di Sardegna detenute della Fondazione debbano restare in mano al pubblico,  patrimonio di tutti i sardi. Per questo Peru ha esortato ai Comuni a esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto delle azioni, sottraendole al controllo della Bper, in modo da salvaguardare l’autonomia della Sardegna. L’esponente della minoranza ha ricordato come in questi anni i dipendenti del Banco di Sardegna siano diminuiti della metà, perdendo oltre 2000 lavoratori e stipendi per 70 milioni di euro, mentre la Bper ha raddoppiato i dipendenti. Stiamo assistendo, secondo Peru, a un governo coloniale del credito sardo: il corpo è in Sardegna, ma la testa è a Modena.

Per Fabrizio Anedda (Rifondazione-Comunisti italiani-Sinistra sarda-Misto) è giusto considerare il Banco di Sardegna la banca dei sardi. «Chi l’ha fatta diventare grande è stata la politica e i governi che si sono succeduti. Quindi chi ha fatto diventare grande il Banco è stata la Regione Sardegna. Non ci si deve meravigliare se ci sono nomine politiche che hanno il compito di vigilare, non vedo dove sia il problema». Anedda ha sollevato un altro problema, ossia quello relativo alla voce insistente che il Banco di Sardegna stia cedendo i crediti vantati nei confronti delle imprese in sofferenza. «Siccome anche le imprese hanno contribuito a far diventare grande il Banco di Sardegna mi sembra una situazione grave». Anedda ha chiesto alla Giunta di verificare la veridicità di queste notizie e, se confermate, intervenire a favore delle imprese. II consigliere dell’Udc, Giorgio Oppi, ha subito affermato di essere contrario allo spirito di questa mozione che ha l’obiettivo di attaccare il presidente della Fondazione del Banco di Sardegna. «Conosco Antonello Cabras e ne apprezzo le qualità politiche e morali», ha affermato. L’esponente della minoranza ha evidenziato come nella mozione ci siano delle contraddizioni: da una parte si chiede la divisione tra finanza e politica e dall’altra si vuole però interferire nelle nomine interne alla Fondazione. La politica, secondo Oppi, è sempre stata legata al credito così da agire nel miglior modo possibile a favore del territorio e delle sue imprese. «La politica – ha auspicato Oppi – deve tornare a essere il perno della società».

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca) ha dichiarato che «il Consiglio eletto dai cittadini ha il dovere morale di tutelare gli interessi della comunità; se politica deve essere il primo potere dello Stato è giusto che intervenga sulla materia, semmai bisogna chiedersi se l’intervento della politica possa ridursi a quello di una sola parte». Fenu ha poi sostenuto che è «più utile mettere l’accento sul sistema del credito oggi chiamato a supportare la vita e lo sviluppo delle aziende mentre invece fa il contrario, non supporta il tessuto produttivo e spesso agisce per accelerarne la scomparsa dal mercato». Il consigliere ha denunciato inoltre «i numerosi i casi di usura e anatocismo riconducibili ad una parte del sistema bancario: se è vero che oltre l’80% dei mutui sardi hanno questo vizio bisognerebbe bloccare le azioni di pignoramento in corso, forse è abbastanza per una commissione d’inchiesta». Se non la facciamo, ha avvertito il consigliere Fenu, «la residua fiducia riposta dai cittadini nella politica sarebbe fortemente a rischio, interroghiamoci piuttosto sul sistema del credito senza spaventarci se con questo mettiamo in difficoltà le banche, riflettiamo sulle centinaia di milioni distribuiti dalla Regione per i mutui prima casa, casa oggi molti cittadini stanno rischiando di perdere».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ha esordito affermando che «in questi casi la cautela è dovuta e necessaria, cautela che è mancata ai presentatori della mozione, retaggio di un certo passato come ha ricordato il consigliere Oppi». «Che le fondazioni debbano uscire dalle banche – ha continuato Cocco – è giusto ma questo deve valere per tutti gli altri contesti a cominciare dalle Asl e, in proposito, scandalizza l’intervento di Peru dopo le vicende della sanità sassarese  o quello di Dedoni che soffre di nostalgia del passato, ma qui bisogna parlare di politica ed occuparsi di tutte le questioni, compresa quella che riguarda le banche». Questo dibattito, ha ricordato il capogruppo del Pd, «poteva essere una occasione per parlare del credito a livello generale, con l’attenzione dovuta ai problemi quotidiani di famiglie ed imprese ma la mozione ha contenuti inesatti, contraddittori, approssimativi, velleitari e confusi, deve essere respinta al mittente a cominciare dal passaggio all’impegno del presidente del Consiglio regionale, del tutto privo di fondamento». «Respingo anche – ha concluso il consigliere Cocco – i riferimenti all’etica ed alla moralità fatti dai Riformatori sardi, abbiamo perso l’occasione di fare una discussione seria».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha rivolto, in apertura del suo intervento sottolineature critiche verso i toni utilizzati dal capo gruppo del Pd, Pietro Cocco, ed ha riaffermato lo spirito prettamente politico della mozione presentata dai consiglieri dell’opposizione (ad esclusione del gruppo Udc). «Non sono in discussione le persone – ha spiegato Pittalis – e tantomeno i presidenti di Fondazione e Banco ma il ruolo, le funzioni e il rispetto delle regole dell’ente e dell’istituto di credito che operano in Sardegna». L’esponente di Fi ha quindi ripercorso l’iter istitutivo delle fondazioni e le dinamiche che in alcuni casi («Mps e Unicredit, ad esempio») hanno portato ad autentiche degenerazioni.

Pietro Pittalis ha concluso invitato il presidente della Regione a illustrare quali azioni intenda mettere in campo per garantire la correttezza dell’operato di Fondazione e Banco, insieme con la salvaguardia delle funzioni e del ruolo di controllo proprio della politica, nel delicato comparto del credito in Sardegna.

«Auspico l’uscita della Fondazione dal capitale del Banco di Sardegna». E’ quanto ha affermato il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, nel suo intervento in Consiglio, nello spazio riservato alla replica della Giunta, nel corso della discussione della mozione n. 68. Il presidente della Giunta, ha riconosciuto, in premessa, l’importanza del tema oggetto della mozione illustrata in Aula dal capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ed ha mostrato apprezzamento per gli spunti offerti dal confronto che si è sviluppato in Consiglio.

Francesco Pigliaru ha ricordato inoltre che Fondazione e Banco sono un ente e un’impresa privati e ha definito “non utile” entrare nel recinto delle questioni proprie della gestione aziendale.

«Ma – ha aggiunto il presidente della Regione – c’è un tema dal quale non intendo sottrarmi e riguarda il rapporto tra politica e credito, ed affermo con chiarezza che la politica deve restare fuori dalla gestione del credito e deve limitarsi ai compiti di indirizzo e controllo, intervenendo quando ci sono episodi di malfunzionamento del mercato». Il governatore ha citato a questo proposito il caso del mercato dell’accesso al credito per esplicitare gli esempi positivi di “intervento complementare” tra parte pubblica e sistema del credito, ad incominciare dai consorzi fidi.

«Nessuna ingerenza con gli istituti di credito», ha insistito il Pigliaru, nell’evidenziare il dettato dello statuto della Fondazione Banco di Sardegna nella parte in cui norma il cosiddetto “comitato di indirizzo”. Il presidente della Regione ha dunque ricordato che le indicazioni sono in capo ad enti che rappresentano i cittadini e non già la politica (Università, Camere di Commercio, Province e Regione). «La prima ricetta che ho da proporre – ha dichiarato il capo dell’esecutivo – è quella di nominare le persone giuste e non procedere con nomine legate alle appartenenze politiche».

Il presidente Pigliaru ha quindi affrontato il tema centrale del dibattito in Consiglio, inerente il patrimonio della Fondazione e la partecipazione al capitale sociale del Banco di Sardegna. «Auspico che il patrimonio della Fondazione sia utilizzato per favorire lo sviluppo dei nostri territori nei previsti settori di intervento – ha spiegato il leader della maggioranza – e ritengo che perseguire questi obiettivi la Fondazione debba gestire in modo adeguato il proprio patrimonio, per investire le necessarie risorse a sostegno dell’economia e della società sarda».

«La mia opinione, il mio auspicio – ha proseguito Francesco Pigliaru – è che la Fondazione Banco di Sardegna esca dal capitale sociale del Banco di Sardegna». A giudizio del governatore sono due le ragioni che supportano la posizione espressa. La prima è che si diversificherebbe il portafoglio titoli della Fondazione e si potrebbe contare su maggiori risorse per gli investimenti nell’Isola, rispetto a quelle che derivano dalla partecipazione (350 milioni di euro) al capitale del Banco; la seconda è che con l’uscita della Fondazione dal Banco si romperebbe l’anacronistico legame tra fondazione e banca, eliminando i rischi di possibili commistioni tra politica e banche.

«Quelli espressi – ha concluso Pigliaru – sono auspici che mi auguro siano ascoltati da chi opera nella Fondazione con l’autonomia propria del suo mandato».

Nella sua replica, il primo firmatario delle mozione, Attilio Dedoni, ha espresso soddisfazione per le parole di Francesco Pigliaru. «L’intervento del presidente – ha detto Dedoni – va nella direzione giusta. La necessità di separare politica e credito è stata recentemente sollecitata anche dal Fondo Monetario Internazionale  che ha denunciato il peso eccessivo delle partecipazioni bancarie sulle fondazioni».

Attilio Dedoni ha poi rimarcato lo spirito della sua mozione orientata a promuovere un dibattito sul tema del rapporto banche-politica. «Discussioni a parte – ha detto il capogruppo dei Riformatori sardi – abbiamo posto delle domande a cui il presidente ha dato una risposta chiara». Dedoni ha poi invitato Pigliaru a farsi promotore di un’iniziativa in Consiglio per dare regole certe al rapporto della politica con le fondazioni. «Noi – ha concluso Dedoni –  siamo disponibili a lavorare insieme, anche per altri settori come la sanità».

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione la mozione che è stata respinta dall’Aula (34 i voti contrari, 17 quelli a favore).

L’assemblea è passata quindi ad affrontare l’esame della mozione n. 69 (Truzzu e più) “per esprimere solidarietà ai due marò ingiustamente detenuti in India”.

Il primo firmatario del documento ha parlato di “vicenda surreale”. «Massimiliano La Torre e Salvatore Girone operavano su una nave della Marina militare italiana impegnata in un’operazione di contrasto della pirateria – ha ricordato Truzzu – sono stati arrestati con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani “ma dovevano essere giudicati in Italia».

Truzzu ha poi definito “raccapricciante” il ruolo dello Stato e dei vari governi che non sono stati in grado di tutelare i due marò. A differenza dei casi Sigonella e Achille Lauro ha aggiunto – lo Stato non ha mostrato fermezza nel difendere le sue prerogative. «Ciò che si chiede è che venga fatta giustizia – ha detto Truzzu – La Torre e Girone devono essere giudicati in Italia, nel rispetto delle norme internazionali». Al termine del suo intervento, l’esponente della minoranza ha chiesto di esprimere solidarietà e sostegno ai due marò con l’esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio e della Regione e a inviare al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli esteri una copia della mozione.

Il presidente ha dato la parola al consigliere regionale dei Riformatori sardi, Michele Cossa, il quale ha ringraziato il collega Truzzu per aver presentato questa mozione. «Credo che facciamo bene a dedicare il nostro tempo a questa vicenda, che vede i nostri due militari coinvolti in una vicenda allucinante». Cossa ha poi aggiunto: «L’auspicio è che la vicenda si chiuda in maniera definitiva. L’Italia non ha fatto una bella figura e neanche l’Unione europea». Per Cossa se al posto dei militari italiani ci fossero stati militari americani la situazione sarebbe stata risolta con più celerità. Anche il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha ringraziato l’onorevole Truzzu per aver presentato la mozione che mette «in evidenza la vicenda di questi due eroi. Io non credo che se fossero stati militari russi starebbero ancora lì». Per Ignazio Locci (Forza Italia) «siamo davanti a due servitori dello Stato, a due militari che partecipavano a una missione internazionale contro la pirateria e che sono incappati in un incidenti. Il Consiglio – ha affermato – non può non esprimere solidarietà a suoi militari».

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca) si è detto convinto che non ci sia da scandalizzarsi davanti all’iniziativa doverosa del consigliere Truzzu. «I due marinai – ha detto – stavano facendo il loro dovere al servizio dello Stato nel quadro di un patto di reciproca lealtà, di qui l’impegno totale per riportarli in Patria, di fronte a questa situazione è auspicabile che l’intero Consiglio possa votare a favore di questa mozione, anche con l’esposizione degli striscioni su alcuni edifici».

Il consigliere Giuseppe Fasolino (Forza Italia) ha riconosciuto che «forse l’intervento del Consiglio non produrrà grandi risultati ma la nostra sensazione di italiani, a parte l’aspetto umano della vicenda dei due marinai e la sofferenza della loro famiglie, è quella della vergogna di vedere abbandonati due militari in missione all’estero, caso per certi aspetti simile a quello dei migranti che tutti considerano ingiustamente un fatto interno dell’Italia, a cominciare dall’Unione europea». Che questa vicenda, ha concluso Fasolino, «ci serva per riflettere sulla condizione di tanti militari impegnati in missione di pace all’estero».

A nome della Giunta il vice presidente Raffaele Paci ha dichiarato l’attenzione dell’ esecutivo per queste tematiche che peraltro sembrano in fase di risoluzione. Paci ha espresso un parere favorevole parziale alla mozione, nel senso che «si approva l’iniziativa di manifestare solidarietà e sostegno ai due militari perché la detenzione dei due marò non rispetta il diritto internazionale ed è ingiusta,ma si valuta inopportuno sia per il momento (uno dei due è in Italia) che per le trattative in corso l’esposizione dello striscione sulle facciate dei palazzi». «Se facciamo passare questo tipo di manifestazione – ha precisato Paci – lo dovremmo fare anche per italiani rapiti, le cooperanti e così via; le istituzioni hanno modi propri per manifestare ed esprimere solidarietà e partecipazione ed è perciò auspicabile una soluzione per contemperare la posizione Giunta e quella dei sostenitori della mozione».

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha in primo luogo apprezzato il parere favorevole della Giunta sullo spirito della mozione, chiarendo tuttavia di non comprendere «le difficoltà per appendere lo striscione, è già accaduto per Rossella Urru con un voto unanime del Consiglio, si tratta della stessa manifestazione già svoltasi in tanti Comuni e tante Regioni d’Italia». «Spero – ha concluso Truzzu – che questo non sia un motivo per non sostenere la mozione, sarebbe paradossale e forse poco degno, non capisco quale sensibilità potrebbe urtare: si chiede solo giustizia e oggi mi vergogno un po’».

Il capogruppo di “Sardegna”, Modesto Fenu, ha espresso contrarietà alla proposta del voto per parti della mozione di solidarietà ai due marò e replicando alle dichiarazioni rese dal vice presidente della Giunta, Raffaele Paci, ha dichiarato piena disponibilità per manifestare pari sentimenti di solidarietà «verso tutti coloro che si trovano privati della libertà per mano dell’Isis e per esprimere ferma condanna contro ogni forma di illecita privazione della libertà dell’uomo».

Il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha espresso condivisione per le affermazioni del consigliere Paolo Truzzu e ha invece dichiarato la non condivisione per quanto affermato dall’assessore Paci in occasione del suo intervento di replica in Aula. «Non si può fare un parallelo tra le situazioni che riguardano le cooperanti e quelle che riguardano due soldati ingiustamente carcerati», ha spiegato Tedde che ha concluso evidenziando le responsabilità di tre governi nazionali “nel fallimento del caso marò”.

Il consigliere di Forza Italia, Giuseppe Fasolino, ha dichiarato il proprio favore all’intero dispositivo della mozione 69 e  è detto negativamente sorpreso dalla contrarietà espressa dall’esecutivo all’ipotesi di affiggere uno striscione di solidarietà a La Torre e Girone.

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha definito “una solidarietà a metà” quella che l’esecutivo e il centrosinistra vogliono offrire ai due marò e alle loro famiglie.

Roberto Deriu (Pd) ha sollecitato l’Aula a ricercare una posizione pacata, non una soddisfazione di parte o un motivo di divisione. «Il proponente della mozione – ha detto Deriu – mi pare interessato a sollevare la questione a fare in modo che la Sardegna sia vicina ai marò e alla Repubblica italiana che sta soffrendo una difficile situazione internazionale». Sul tema, secondo il consigliere del PD, non si può però dare una risposta definitiva, meglio pensare a un documento unitario.

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu, annunciando il parere favorevole alla mozione, ha espresso disappunto per le parole dell’assessore Paci «che ha cercato di evitare un giudizio della Sardegna sulla questione dei marò».

Luca Pizzuto, a nome del gruppo Sel, ha espresso solidarietà ai due marò e alle loro famiglie per le sofferenze patite. Pizzuto si è detto d’accordo sulla parte della mozione in cui si chiede di giudicare i due militari in Italia, contrario invece alla richiesta di esporre striscioni fuori dal palazzo del Consiglio regionale «perché – ha detto – c’è stato un reato su cui devono ancora pronunciarsi i giudici».

Nella replica, il primo firmatario della mozione Paolo Truzzu ha ribadito l’obiettivo del documento: esprimere solidarietà ai marò anche attraverso l’esposizione di uno striscione nelle sedi istituzionali. Truzzu ha poi definito “gravi” le parole di dell’assessore Paci. «Non si può mettere sullo stesso piano cooperanti e militari – ha detto Truzzu –  occorre distinguere tra chi si reca volontariamente in regioni di guerra e chi invece lo fa per lavoro e spirito di servizio verso lo Stato. Paci – ha aggiunto il consigliere di minoranza – non ha avuto la capacità di volare alto come invece ha fatto Pigliaru sulla #Fondazione Banco di Sardegna».

Truzzu, infine, ha ribadito la necessità di esprimere la solidarietà dei sardi ai marò. «Sarebbe vergognoso – ha concluso – non intervenire».

Il presidente ha dato la parola al capogruppo del Pd, Pietro Cocco, il quale ha dato la disponibilità a votare la mozione ed esprimere solidarietà ai marò, ma si è detto contrario a esporre lo striscione nella facciata nel Consiglio regionale. Cocco ha chiesto la votazione per parti. Il presidente Ganau ha messo in votazione il dispositivo della mozione per parti.

Il Consiglio regionale ha approvato la mozione n. 69 (Truzzu e più) per esprimere solidarietà ai due marò detenuti ingiustamente in India. Il testo, approvato con 43 voti a favore e 6 astenuti, impegna il presidente della Regione: ad esprimere solidarietà e sostegno ai due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti ingiustamente in India e ad inviare al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro degli Esteri copia della presente mozione. Respinta la parte della mozione che prevedeva «l’esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio regionale e della Regione» (23 voti favorevoli, 28 contrari e 1 astenuto).

Il presidente ha quindi messo in discussione la mozione n. 73 (Rubiu e più) per l’attivazione delle procedure per la ricollocazione dei lavoratori ex #Rockwool. Questa mozione abbiamo presentato per il ricollocamento ex Rockwool, in particolare per trovare una soluzione per gli ultimi 13 lavoratori che da dicembre 2013 sono alla disperazione, senza cassa integrazione e che stanno occupando la #galleria Villamarina della miniera di piombo e zinco di Monteponi a Iglesias. «Gli operai – ha spiegato Gianluigi Rubiu, capogruppo dell’Udc – sono finiti in cassa integrazione dal 2010, ma lo scorso 31 dicembre è scaduta la mobilità (percepivano appena 480 euro) e hanno perso anche quel minimo sostegno economico e si ritrovano senza nessuno strumento di integrazione al reddito e nessuna forma di ammortizzatore sociale».

«Il Consiglio, già di allora nel 2009 si era occupato della vicenda e ha destinato i lavoratori  alla linea di intervento 2 della Regione (ovvero «azioni di formazione per le iniziative del territorio»), il cui obiettivo primario era finalizzato alla riqualificazione ed al reinserimento lavorativo, con un processo volto ad una loro ricollocazione nel mondo del lavoro; tuttora però, nessun provvedimento in materia di riqualificazione e ricollocamento è stato attuato».

Il capogruppo dell’Udc ha poi proseguito: «Vogliamo sollevare l’attenzione per questi 13 lavoratori, detti gli invisibili, perché vengano inseriti in un processo produttivo. Proporrei ai capigruppo un ordine del giorno unitario per trovare una soluzione».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ricordando le numerose occasioni in cui il Consiglio si è occupato della vicenda, ha affermato che «i lavoratori potrebbero essere inclusi in un percorso di recupero pur provenendo da agenzie interinali, per effetto del loro accesso alle procedure di mobilità». «Una soluzione di può trovare – ha detto Cocco – ci sono state interlocuzioni con l’Assessore, sono stati ascoltati anche i lavoratori, il problema non è semplice ma l’iniziativa del consigliere Rubiu ha il sostegno del Pd».

Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) si è espresso in modo favorevole alla mozione del consigliere Rubiu. La vicenda dei lavoratori #Rockwool, ha sintetizzato, «è emblematica di un mercato del lavoro che progressivamente ha perduto ogni regola rendendo assai difficoltosi anche gli interventi di protezione con strumenti di welfare». «L’azienda – ha concluso Pizzuto – ha chiuso non perché non guadagnava ma perché non guadagnava abbastanza, spostando la produzione in un’altra parte del mondo. Per questo, al di là dei casi specifici, servono risposte di sistema».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia), riallacciandosi agli interventi precedenti, ha sottolineato il permanere del problema del precariato, di cui il Consiglio si è occupato recentemente a proposito dei lavoratori ex Csi e Cesil, i servizi per il lavoro «stanno avvenendo molti episodi analoghi e servono momenti di grande unità per sostenere tutti».

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) ha brevemente ripercorso le vicende della Rockwool e quelle dei lavoratori collocati in mobilità dopo la fine dell’attività dell’azienda. «Dopo il tentativo di inserirli nell’Igea – ha aggiunto Oppi – alla fine si è individuata la soluzione del corso di formazione, anche se il sindacato non ha aiutato, risolvendo in parte l’emergenza perché alcuni sono rimasti per strada: è giusto però che tutti, oltre ad avere il massimo della solidarietà, abbiano le stesse opportunità».

L’assessore regionale del Lavoro, Virginia Mura, ha ripercorso l’iter dei provvedimenti e delle iniziative adottate nel corso delle ultime due legislature per la stabilizzazione dei lavoratori ex Rockwool, sottolineando come i 13 lavoratori oggetto della mozione n. 73, non erano alle dirette dipendenza della società Rockwool ma operavano come “lavoratori somministrati”. L’assessore Mura ha ricordato l’incontro avuto con i lavoratori ed ha evidenziato come non abbia avuto seguito la richiesta rivolta agli operari in protesta di abbandonare l’occupazione della miniera («promessa fatta dagli ex Rockwool all’assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras, ma che al momento non ha avuto alcun seguito»). «Siamo impegnati – ha assicurato la rappresentante dell’esecutivo – a trovare una soluzione per i 13 lavoratori, rispettosa delle norme e dei profili di legittimità ma non riteniamo percorribile l’ipotesi avanzata di un utilizzo dei corsi di formazione professionale come surrogato degli ammortizzatori sociali». Virginia Mura ha inoltre precisato che i lavoratori oggetto della mozione consiliare hanno usufruito degli ammortizzatori sociali e che al momento non godono di sostegno al reddito per le note difficoltà del governo nazionale a procedere con gli stanziamenti dei fondi necessari («ma abbiamo già raggiunto gli accordi con le parti sociali»).

Per quanto riguarda le iniziative per la ricollocazione degli ex operai Rockwool, l’assessore Mura ha ipotizzato il ricorso ad alcune misure contenute nel #“Piano Sulcis” ed ha confermato positive interlocuzioni al livello ministeriale per la realizzazione di appositi progetti per il tramite anche delle agenzie.

Il capogruppo dell’Udc, Luigi Rubiu, primo firmatario della mozione n. 73, ha mostrato perplessità per il ricorso al #Piano Sulcis ed ha evidenziato l’urgenza di interventi per la soluzione del “caso” dei 13 dipendenti ex Rockwool. «Restiamo in attesa di fatti concreti – ha concluso Rubiu – perché parliamo di lavoratori che vivono in una grotta e che soffrono fame e enormi disagi».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, nel dichiarare la disponibilità ad una breve interruzione per la predisposizione di un ordine del giorno unitario per la conclusione del dibattito della mozione n. 73, ha annunciato la presentazione alla presidenza del testo unitario dell’ordine del giorno sulla vertenza Meridiana, oggetto dell’interpellanza n. 52 (Arbau e più) e della mozione n.77 (Busia e più). Il presidente Ganau ha quindi concesso la parola al consigliere Mario Floris (gruppo “Sardegna”) per le dichiarazioni di voto. L’ex presidente della Regione ha manifestato apprezzamento per il garbo e la prudenza con il quale il presidente della Giunta e l’assessore dei Trasporti, affrontano la vertenza. «Ma – ha spiegato Mario Floris – gli strumenti nella disponibilità della Regione sono insufficienti, per questo è urgente che il presidente Pigliaru incontri il principe Karim Aga Khan, proprietario della compagnia aerea». Mario Floris ha quindi chiesto l’inserimento nel dispositivo dell’ordine del giorno unitario dell’impegno al presidente della Giunta per un incontro con #Karim Aga Khan.

Il presidente del Consiglio, non avendo altri iscritti a parlare, ha posto in votazione con procedimento elettronico palese, l’ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo che impegna la Giunta a «partecipare attivamente e in modo propositivo al tavolo istituzionale e definire tutte le iniziative utili a garantire: i livelli occupazionali e la continuità di impegno e presenza di Meridiana in Sardegna». L’ordine del giorno impegna inoltre il presidente della Regione «ad investire della vertenza il presidente del Consiglio dei ministri».

L’ordine del giorno è stato approvato con 52 voti favorevoli e con una astensione. Il presidente del Consiglio ha quindi accordato una breve sospensione dei lavori.

Alla ripresa dei lavori il presidente Ganau ha quindi dato lettura dell’ordine del giorno unitario sulla Rockwool.
Il documento impegna la Giunta a: 1) continuare un tavolo di confronto per favorire il reinserimento nel processo occupazionale dei tredici operai della ex Rockwool attualmente in occupazione nella galleria della Miniera di Monteponi; 2) esprimere la dovuta vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie mediante la convocazione urgente del Consiglio regionale.
L’assessore Mura ha espresso parere favorevole al documento. Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato all’unanimità. Al termine della votazione, il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta e convocato il Consiglio per domani mattina, alle 10.00.