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Uno dei sassofonisti più importanti della scena jazzistica internazionale tiene banco a Berchidda nella sesta giornata di Time in Jazz. Charles Lloyd è l’atteso protagonista della serata di domani (sabato 13) in piazza del Popolo, “palco centrale” del festival ideato e diretto da Paolo Fresu nel suo paese natale (ma con appuntamenti sparsi anche in altri centri del nord Sardegna). Classe 1938, direttore musicale nel gruppo di Chico Hamilton e poi compagno di band di Cannonball Adderley nei primi anni Sessanta, Charles Lloyd ha guidato nella seconda metà di quel decennio una formazione storica (con un giovanissimo Keith Jarrett, tra gli altri membri) che ha registrato uno dei primi album jazz a vendere oltre un milione di copie (“Forest Flower”, 1967). Praticamente assente dalla scena jazz negli anni Settanta, il sassofonista compare invece in dischi dei Doors, dei Canned Heat e dei Beach Boys. Avvicinato dal pianista Michel Petrucciani nel 1981 riprende a suonare per due anni, per poi ritirarsi di nuovo. Torna a esibirsi occasionalmente nel 1987 e 1988, poi nel 1989 ricomincia a girare. Inizia anche a registrare per l’ECM, inaugurando una lunga serie di dischi in cui figurano musicisti come Bobo Stenson, Billy Hart, Billy Higgins, John Abercrombie, Brad Mehldau, Geri Allen, Zakir Hussain. Uscito lo scorso gennaio per la Blue Note, “I Long To See You”, la sua più recente fatica discografica, lo vede in compagnia, tra gli altri, del chitarrista Bill Frisell. Jason Moran al pianoforte, Harish Raghavan al contrabbasso e Eric Harland alla batteria sono invece i membri del suo quartetto di scena nel secondo set di domani (sabato 13) a Berchidda.
A precedere il concerto Charles Lloyd, la prima parte della serata, con inizio alle 21.30, propone una produzione originale del festival con l’inedito incontro tra due musicisti dalle diverse esperienze e provenienze artistiche: la pianista romana Rita Marcotulli, nome di primo piano della scena jazzistica italiana, e l’eclettico polistrumentista francese, con radici in Martinica, Mino Cinelu. Un duo che promette sorprese, sull’onda della vocazione alla sperimentazione e all’interplay che caratterizza entrambi. Partita da studi classici per approdare al jazz, Rita Marcotulli raggiunge presto il successo grazie al suo stile intimo e allo stesso tempo capace di amplificare le emozioni, che la porta a calcare le scene internazionali accanto a jazzisti come Jon Christensen, Palle Danielsson, Peter Erskine, Joe Lovano, Michel Portal, Enrico Rava, Pat Metheny, Billy Cobham. Originario della Martinica, Mino Cinelu è un artista dai molti talenti, come testimonia anche il lungo e prestigioso elenco delle sue collaborazioni, in studio di registrazione e sul palco, con artisti di ambiti diversi (jazz, funk, rap, electro, flamenco e pop) e del calibro di Miles Davis, Weather Report, Herbie Hancock, Sting, Lou Reed, Antonio Carlos Jobim, Brandford Marsalis, Cassandra Wilson, Dizzy Gillespie, Elton John, Gato Barbieri, Gil Evans, Kenny Barron, Laurie Anderson, Pat Metheny, Pino Daniele, Richard Galliano, Stevie Wonder, Wayne Shorter, Zucchero, per fare qualche nome.
Rita Marcotulli arriverà all’appuntamento serale in piazza del Popolo reduce dall’altro impegno che la attende invece in mattinata, a mezzogiorno, nei pressi di Loiri San Paolo, sulla spiaggia di Porto Taverna, con il progetto BAM, acronimo ricavato dalle iniziali dei tre componenti dell’organico: l’eclettico contrabbassista pugliese Marco Bardoscia, il versatile quartetto d’archi Alborada (Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nico Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello) e appunto, Rita Marcotulli. Un progetto nato da un’idea di Bardoscia e della violinista Sonia Peana, e che si muove, originariamente, intorno a brani dello stesso contrabbassista e adattamenti studiati per questa formazione, per arrivare a composizioni della Marcotulli e del quartetto Alborada, lasciando spazio anche all’improvvisazione. Le diverse fonti musicali si fondono per dare spazio a qualcosa di nuovo, fresco e originale, tra sonorità macedoni, isolane e mediterranee, che emergono naturalmente e senza forzature, sottolineando l’essenza stessa di ogni componente: il quartetto d’archi svolge un ruolo di sostegno ai solisti e, al tempo stesso, è anche una terza entità musicale autonoma.
Nel pomeriggio il festival fa tappa a Telti, dove, alle 18.00, nella chiesa di Santa Vittoria, è di scena un altro nome di spicco della scena jazzistica italiana, Stefano Battaglia, con un programma di improvvisazioni al piano che, sotto il titolo “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, ripercorre in musica l’opera del fotografo Mario Giacomelli (1925-2000), ispirata dai versi di poeti come Emily Dickinson, Franco Costabile, Cesare Pavese, Edgar Lee Master. Classe 1965, Stefano Battaglia è un pianista attento al suono e alla melodia: forte di una solida preparazione musicale che l’ha portato dapprima a mettersi in luce in ambito “classico”, conta un vasto curriculum di collaborazioni importanti e progetti propri, qualcosa come tremila concerti all’attivo e una discografia di oltre cento titoli che gli ha fruttato premi e riconoscimenti in patria e all’estero. Nel 2004 ha inaugurato la collaborazione con la prestigiosa etichetta tedesca ECM, che ha pubblicato cinque suoi album; i tre più recenti lo vedono alla testa del suo collaudatissimo trio, con Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria, che anche il pubblico di Time in Jazz potrà apprezzare in concerto domenica pomeriggio a Tula, nella chiesa di Santa Maria di Coros (ore 18.00).