20 December, 2024
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Un gruppo di intellettuali ha proposto un appello alla mobilitazione per impedire la disgregazione dell’Unione europea. Noi condividiamo l’obiettivo di questo appello. Nel raccoglierlo abbiamo anche reso esplicite le motivazioni di chi, come noi, considera che i principi autonomistico e federalista debbano ispirare la costruzione dell’Unione europea e lo sviluppo della democrazia in Sardegna e in Europa.

La situazione dell’Italia si sta avvitando in una spirale distruttiva. L’alleanza di governo diffonde linguaggi e valori lontani dalla cultura europea e occidentale dell’Italia. Le politiche progettate sono lontane da qualsivoglia realismo e gravemente demagogiche. Nella mancanza di una seria opposizione, i linguaggi e le pratiche dei partiti di governo stanno configurando una sorta di pensiero unico, intriso di rancore e di risentimento. Il popolo è contrapposto alla casta, con un’apologia della rete e della democrazia diretta che si risolve, come è sempre accaduto, nel potere incontrollato dei pochi, dei capi. L’ossessione per il problema dei migranti, ingigantito oltre ogni limite, gestito con inaccettabile disumanità, acuisce in modi drammatici una crisi dell’Unione europea che potrebbe essere senza ritorno.

L’Europa è sull’orlo di una drammatica disgregazione, alla quale l’Italia sta dando un pesante contributo, contrario ai suoi stessi interessi. Visegrad nel cuore del Mediterraneo: ogni uomo è un’Isola, ed è ormai una drammatica prospettiva la fine della libera circolazione delle persone e la crisi del mercato comune.

È diventata perciò urgentissima e indispensabile un’iniziativa che contribuisca a una discussione su questi nodi strategici. In Italia esiste ancora un ampio spettro di opinione pubblica, di interessi sociali, di aree culturali, disponibile a discutere questi problemi e a prendere iniziative ormai necessarie. Perché ciò accada è indispensabile individuare, tempestivamente, nuovi strumenti in grado di ridare la parola ai cittadini che la crisi dei partiti e la virulenza del nuovo discorso pubblico ha confinato nella zona grigia del disincanto e della sfiducia, ammutolendoli.

Per avviare questo lavoro – né semplice né breve – è indispensabile chiudere con il passato e aprire nuove strade all’altezza della situazione, con una netta ed evidente discontinuità, rovesciando l’idea della società liquida, ponendo al centro la necessità di una nuova strategia per l’Europa, denunciando il pericolo mortale per tutti i paesi di una deriva sovranista, che in parte è anche il risultato delle politiche europee fin qui condotte.

C’è una prossima scadenza, estremamente importante, che spinge a mettersi subito in cammino: sono ormai alle porte le elezioni europee. C’è il rischio che si formi il più vasto schieramento di destra dalla fine della seconda guerra mondiale. La responsabilità di chi ha un’altra idea di Europa è assai grande. Non c’è un momento da perdere. Tutti coloro che intendono contribuire all’apertura di una discussione pubblica su questi temi, attraverso iniziative e confronti in tutte le sedi possibili, sono invitati ad aderire.

A questo appello, proposto da Massimo Cacciari, Enrico Berti, Michele Ciliberto, Biagio de Giovanni, Vittorio Gregotti, Paolo Macrì, Giacomo Manzoni, Giacomo Marramao, Mimmo Paladino, Maurizio Pollini, Salvatore Sciarrino, apportiamo le nostre ragioni di autonomisti e federalisti.

L’Unione Europea è una costruzione ancora imperfetta, che attraversa un momento di seria difficoltà, ma non dobbiamo dimenticare il ruolo fondamentale che essa ha svolto nel promuovere la preservazione della pace e l’affermazione dei diritti di cittadinanza, lo sviluppo economico e la stabilità monetaria. La crisi attuale può essere superata soltanto con il suo rafforzamento politico, nella prospettiva di una costituzione federale, capace non solo di contemperare gli interessi dei diversi stati e nazioni, ma di porre al centro dell’azione di governo i diritti civili e sociali di tutte le popolazioni, portando inoltre a Bruxelles e Strasburgo la voce delle autonomie regionali e locali.

Delle conquiste e valori dell’Unione Europea sono buoni testimoni, anche in Sardegna, i nostri giovani, quando sono coinvolti nei programmi europei di mobilità studentesca, quando prestano servizio in Università e centri di ricerca, enti ed imprese dei Paesi dell’Unione, o quando sono comunque costretti a emigrare e si trovano a progettare il loro futuro in un orizzonte di promesse e aspettative che per loro è ormai soltanto europeo, senza che per questo debbano rinunciare a coltivare la propria identità di sardi e di italiani.

La Sardegna ha peraltro largamente beneficiato e continua a beneficiare, in molteplici forme, di finanziamenti europei erogati alle regioni più svantaggiate sulla base del meccanismo redistributivo delle risorse comunitarie previsto da quel medesimo trattato d Maastricht che ha introdotto l’euro come moneta unica dell’Unione. La battaglia da fare in Sardegna non è contro l’Unione, ma per una maggiore integrazione europea, con il riconoscimento della condizione di insularità, una più equa rappresentanza nel Parlamento europeo, e una partecipazione più diretta – nel quadro di una evoluzione in senso federale – alle varie istanze del governo comunitario.

Le prossime elezioni europee sono imminenti e decisive per il futuro dell’Unione, che può essere messo a rischio dalla saldatura che sembra profilarsi tra tutte le componenti di una destra sciovinista, xenofoba e retrograda. Noi siamo per un’Europa riformata, ispirata dai principi dell’autonomismo e del federalismo, della solidarietà e dell’equità sociale.

Paola Atzeni, Salvatore Cherchi, Giovanna Medau, Gian Giacomo Ortu, Gianmario Demuro, Cristina Deidda, Ivana Russu, Antonangelo Casula, Antonello Pirotto, Mario Pinna, Benedetto Barranu, Vasco Decet, Carlo Prevosto, Carlo Marras, Paolo Russu, Roberto Murgia, Paolo Toxiri, Francesco Carboni, Daniela Piras

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Ha registrato la partecipazione di oltre duecento persone l’assemblea su “Autonomia e Federalismo” svoltasi ieri a Ghilarza, nonostante il caldo sabato sera, con inizio del dibattito alle 15.30. Tanti altri, non potendo partecipare all’assemblea, hanno inviato l’adesione.

I partecipanti sono militanti della sinistra, per lo più aderenti al PD o a Liberi e Uguali o senza partito. Militanti che non si rassegnano a una sinistra smarrita ed inerte dopo la sconfitta elettorale. Si prova a ripartire dalle idee e dai territori. E quindi si è scelto Ghilarza, luogo gramsciano, fortemente simbolico.

“Sa die de sa Sardigna” ha dato lo spunto per riflettere  sui limiti dell’autonomia speciale e provare a fare i conti con il significato profondo del voto referendario del 2016 che ha nettamente bocciato una riforma costituzionale accentratrice – o comunque giudicata tale – dei poteri nello Stato o meglio, nell’esecutivo. Con quel voto, deve misurarsi la sinistra tutta, indipendentemente dal segno del voto espresso da ciascuno, singoli e gruppi politici.

I promotori hanno proposto al dibattito una precisa ipotesi di lavoro: il principio autonomista ed il principio federalista come chiave per realizzare un pieno autogoverno in un nuovo patto unitario del popolo sardo, con la Repubblica e con l’Unione europea. Il principio federalista è la chiave per andare oltre i sistemi istituzionali decentralizzati, nel cui ambito è in larga misura confinata anche l’autonomia speciale. Il riferimento è il federalismo cooperativo e societario, alternativo ai modelli di federalismo competitivo ed indifferente ai diritti di cittadinanza.

Il dibattito introdotto da Ivana Russu, consigliere comunale di Olbia e coordinato da Tore Cherchi, ha avuto l’apporto di intellettuali di solido e lungo impegno civile e politico, quali Gian Giacomo Ortu,  Italo Birocchi, Gianmario Demuro, Giovanni Lobrano.

«Il neocentralismo sconfitto nel referendum del 2016  ha creato a le condizioni per riproporre il progetto federalista attraverso un disegno di legge costituzionale, da elaborare con i territori e da presentare con iniziativa popolare», ha sottolineato Giangiacomo Ortu, ordinario di Storia Moderna. L’aspirazione al federalismo deve essere sostenuta, mettendo in atto da subito «pratiche federaliste», soprattutto nel campo culturale, dell’economia e del governo del territorio. Italo Birocchi, ordinario di storia del diritto, ha rintracciato nella storia del popolo sardo le radici del pensiero autonomista e federalista. Gianmario Demuro, costituzionalista, ha analizzato i nessi tra autonomia e democrazia. Giovanni Lobrano, romanista, ha sottolineato la differenza dei sistemi politici federali rispetto a quelli basati sul decentramento.

Sono intervenuti Emiliano Deiana, sindaco di Bortigiadas e presidente ANCI, con una forte critica al centralismo ed alla burocrazia regionali, temi ripresi anche da Nicola Sanna, sindaco di Sassari; Michele Carrus, segretario regionale CGIL, sui rapporti fra autonomia, lavoro e sviluppo. Sulle vittime della globalizzazione liberista è ritornato Luca Pizzuto, consigliere regionale di Leu; un giovane studente, Bruno Concas, si è chiesto come l’autonomia possa interessare i giovani. Hanno preso la parola persone di area PD: Dolores Lai, Patrizia Desole, Nicola Manca, guspinese di Montevecchio, Vasco Decet, manager di una primaria industria turistica. Nella sala, interessati al dibattito, qualificati esponenti della cultura, Salvatore Mereu, Angelo Liberati, Giuseppe Carta tra gli altri, parecchi sindaci e lavoratori dell’industria, dirigenti politici, la parlamentare Romina Mura, il presidente regionale della lega delle cooperative, Claudio Atzori.

«Abbiamo rimesso in campo le idee autonomiste e federaliste, rimaste oscurate dal prevalente centralismo da un lato e da minoritarie aspirazioni indipendentiste, dall’altro lato. Queste idee sono attuali e feconde. Sono un progetto di lavoro e di impegno che vorremmo ritornasse ad essere la bandiera della sinistra», ha concluso Tore Cherchi a nome degli organizzatori dell’assemblea. L’impegno è quindi quello di dare continuità al lavoro su un progetto. Questo non richiede nuove  organizzazioni ma piuttosto la capacità di dibattere, agire e creare relazioni nel disperso popolo della sinistra.