Pietro Doneddu sindaco di Carbonia dal 1958 al 1963. Un intellettuale “prestato” alla politica – di Antonangelo Casula
Sono trascorsi più di 40 anni dalla scomparsa di Pietro Doneddu (30 novembre del 1984) e più di 100 anni dalla sua nascita, eppure le due ricorrenze entrambe nel 2024 sono passate inosservate nella nostra città, anche a chi scrive oggi queste righe. Questo scritto, non rimuove evidentemente “un’innocente dimenticanza”, ma vuole essere un modesto contributo per riproporre all’attenzione una figura che nella storia cittadina – come vedremo – non è stata effimera, ma ha lasciato un segno concreto del suo passaggio, nelle diverse attività in cui si è cimentato. Pietro Doneddu, confidenzialmente Piero per amici e compagni, era nato a Pattada il 10 ottobre del 1924, giunge a Carbonia negli anni ’50 docente al Liceo Classico Antonio Gramsci come professore di Storia e Filosofia.
Gli anni ’50 per la Città di Carbonia furono particolarmente drammatici, le difficoltà insorte nel settore carbonifero dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale e la costituzione della CECA, subirono un ulteriore accelerazione nel 1955, con il provvedimento delle Superliquidazioni promosso dalla Carbosarda, al quale seguì negli anni successivi, una fortissima emorragia degli occupati, con una ripresa dei flussi di emigrazione verso le Miniere dell’Alta Lorena in Francia, della Vallonia in Belgio e della Ruhur in Germania e nelle città del triangolo industriale del Nord Italia. Nonostante tutto ciò Carbonia rimarrà per almeno un altro decennio la terza Città della Sardegna, con un destino sempre in bilico tra speranza di riscatto e il pericolo di venire cancellata, rischio scongiurato dalla realizzazione del Polo Industriale di Portovesme.
E’ in questa cornice drammatica, che matura la scelta di Doneddu di aderire al Partito Comunista Italiano tanto da diventare in pochi anni, uno dei più autorevoli rappresentanti nelle battaglie per l’Autonomia e la Rinascita della Sardegna. Viene candidato ed eletto alle elezioni comunali del 27 maggio 1956 è nominato assessore comunale di Carbonia in una giunta guidata da Pietro Cocco. L’esperienza di assessore dura sino alla data delle dimissioni da sindaco di Pietro Cocco il 18 novembre 1958 per ricoprire l’incarico di segretario regionale della CGIL, e in sua sostituzione Doneddu viene eletto sindaco il 24 novembre del 1958.
Le dimissioni di Cocco e l’elezione di Doneddu sono sostanzialmente legate alle dinamiche politiche interne al PCI di quegli anni, in questo ebbero un peso rilevante in questo, gli avvenimenti internazionali, il loro riflesso su scala nazionale e locale: il rapporto Kruscev al 20° congresso del PCUS, i fatti di Ungheria e l’VIII Congresso del PCI nel 1956, i cui effetti, complice anche un arretramento del PCI alle elezioni regionali del 1957, produssero un avvicendamento nel gruppo dirigente comunista sardo. Velio Spano venne sostituito nell’incarico di segretario da Giovanni Lay, nel contempo si affermò un nuovo gruppo dirigente legato a Renzo Laconi, del quale lo stesso Doneddu era espressione. Ne ho ricevuto riprova da Ugo Piano al quale il suo amico Piero, aveva riferito di aver ricevuto proprio da Laconi gli stimoli e la sollecitazione per un impegno politico militante nelle fila del PCI. Doneddu viene rieletto Sindaco alle elezioni comunali del 1960 e rimane in carica sino alla data delle sue dimissioni il 17 luglio del 1963, motivate dall’esigenza di dedicarsi interamente alla professione. Verrà sostituito nell’incarico da Antonio Saba.
Vorrei soffermarmi brevemente su alcuni momenti significativi della sua esperienza alla guida del Comune, sono gli anni dell’avvio del primo Piano di Rinascita della Sardegna per il quale il contributo del comune di Carbonia e dei suoi cittadini è stato rilevantissimo. Il richiamo di questa aspirazione è sempre stato presente nelle sua azione politica, dove Carbonia come nella sua tradizione, svolge un ruolo e una funzione che supera i suoi confini amministrativi, ne sono una testimonianza i suoi interventi in particolare quello pronunciato in occasione della posa della prima pietra della Supercentrale di Portovesme: «Questo problema ora può essere affrontato e può essere risolto, con la creazione di nuove attività industriali che traggano dal basso costo dell’energia la convenienza all’installazione dei loro impianti in questa zona. E’ una vecchia aspirazione di Carbonia e del Sulcis la realizzazione di un’area di sviluppo industriale sulla base della legislazione per il Mezzogiorno che promuova il sorgere di nuove attività e operi perché si trasformino le condizioni economiche e sociali di questi centri».
Si trattava dell’oramai imminente realizzazione dell’area industriale di Portovesme, questo obiettivo costituiva per lui un assillo costante, ne ricaviamo conferma dall’ascolto di uno dei pochi documenti audiovisivi che lo riguardano, un’intervista al rotocalco settimanale d’inchiesta della Rai, TV7, reperibile sul Web, dal titolo “Sardegna-Carbonia: la città del carbone sbagliato”.
Si tratta di una speranza che in concreto guardava lucidamente agli avvenimenti in corso sulla scala nazionale, di lì a poco nel 1962 avverrà la nazionalizzazione dell’energia con la nascita dell’ENEL e sempre nello stesso anno avrà inizio l’attività dell’ EFIM (Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere) alla cui guida verrà chiamato l’avvocato Pietro Sette, già presidente della Carbosarda, dalla cui costola in seguito nasceranno Alsar ed Eurallumina, le principali aziende per la produzione dell’alluminio primario in Italia.
E’ sufficiente, infatti, scorrere le cronache dei giornali dell’epoca (in particolare sulla pagina regionale del l’Unità) per avere conferma del ruolo decisivo dei minatori di Carbonia, per la costruzione della Supercentrale e la realizzazione del Polo Industriale di Portovesme. A questo proposito, vorrei segnalare un inchiesta giornalistica sulla Sardegna a cura di Indro Montanelli, in un capitolo dal titolo : La Supercentrale, nalla quale il giornalista, si esprime con un tono non proprio benevolo a proposito di Carbonia e del suo destino, ne ripropongo fedelmente alcuni stralci, l’incipit non è dei più promettenti: «La città a cui esso ha dato il nome è la più triste e squallida di tutta la Sardegna. La investe e la scuote il forte vento dell’Ovest, che vi si carica di un pulviscolo giallo. Sembra qualcosa di mezzo fra un concentramento di profughi e un albergo mal costruito. Le case sono nere e sordide, con l’intonaco che cade a brandelli sotto gli schiaffi del libeccio. Unica nota umoristica, ma che evoca più il ghigno che il sorriso, l’insegna di un caffè che, da “Caffè dell’Impero”, è stata epurata in “Caffè del Pero” per risparmiare la vernice».
In un altro capoverso, però, si sofferma sulla figura del sindaco e si pronuncia con toni davvero lusinghieri nel modo seguente: «Chiudere tutto significa condannare a morte Carbonia: che è una brutta città, costruita sul nulla, ma dove, dei 47.000 abitanti del ’51, ne sono ancora rimasti 35.000. Il sindaco è un professore di scuola media comunista, Doneddu, e bisogna onestamente riconoscere che, nelle condizioni peggiori, amministra nel modo migliore. Il borgo è povero. Vive di seimila occupati e di cinquemila pensionati. Eppure possiede l’ospedale e le scuole meglio tenute dell’isola. Dico malvolentieri queste cose, ma debbo dirle, a monito di tante amministrazioni democristiane che, in condizioni molto più vantaggiose, non sanno fare altrettanto (eppoi si arriva ai risultati elettorali che sappiamo)».
La famiglia Doneddu si è distinta in città a partire dai primi anni ’60, anche per la sua attività imprenditoriale, infatti conclusa l’esperienza amministrativa, coniuga il ritorno alla sua precedente attività professionale che era l’insegnamento, con la conduzione di un’azienda agricola, ubicata nell’agro del comune di San Giovanni Suergiu e destinata alla produzione di pollame da carne e produzione ovicola e un’altra linea dedicata all’attività florovivaistica. Rimarrà impegnato in questa attività sino alla sua scomparsa. Nonostante il distacco netto dall’impegno politico, Doneddu ha mantenuto costante nel tempo, il suo impegno sociale e civile con un attenzione particolare verso situazioni di fragilità attraverso l’interazione con l’E.C.A. (Ente Comunale Assistenza) al quale, con assiduità effettuava delle donazioni materiali da destinare agli strati di popolazione più povera e bisognosa del Comune.
Era dotato di un profilo intellettuale e di una sensibilità culturale molto elevati, è sua la decisione, tra i primi in Sardegna, di istituire nel 1959 la Biblioteca Comunale, concorrendo, con un importante contributo personale, alla donazione di 4.000 volumi circa. La decisione assunta dalla Giunta a guida di Giuseppe Casti nel 2016 di intitolare al suo nome la Biblioteca Comunale di Carbonia, è stato un riconoscimento tangibile della sua opera e una decisione apprezzabile e appropriata.
Tra le principali passioni coltivate da Doneddu vi è stata inoltre l’archeologia, né fornisce un’accurata descrizione nella guida del Museo Archeologico di Villla Sulcis, Luisa Anna Marras: «Quindi oltre ai materiali riferibili agli scavi di Monte Sirai, gli altri due nuclei espositivi più consistenti del Museo sono rappresentati dalle collezioni Doneddu eì Pispisa. Si tratta di due interessanti e cospicue raccolte, composte da oggetti cronologicamente e tipologicamente assai diversi tra di loro, rinvenuti in scavi archeologici o recuperati più o meno avventurosamente da scavi clandestini, oppure frutto di raccolte di superficie effettuate durante decenni di ricerche, L’origine di tutti questi materiali è prevalentemente di ambito sulcitano [… ] La collezione Doneddu è composta da circa duecento oggetti riferibili a diversi ambiti culturali e cronologici. Raccolti dal Prof. Pietro Doneddu, un tempo anche Sindaco di Carbonia, alla sua scomparsa i materiali sono stati donati a Museo dalla famiglia».
Al di là delle cronache dei giornali dell’epoca, non sono disponibili che poche testimonianze scritte a sua firma, tra le quali segnalo, “Carbonia Città di domani” pubblicato nell’edizione Speciale di Rinascita Sarda del 1958 dedicata ai vent’anni di Carbonia (di cui alleghiamo copia del testo) e del discorso inaugurale per la cerimonia della posa della prima pietra della Supercentrale di Portovesme. Scrisse due volumetti, entrambi per conto di Loescher editore Torino, dal titolo: “La produzione mineraria in Italia” e “Le foreste in Europa”, disponibili nella Biblioteca Comunale.
Ho scritto questo breve ricordo con un auspicio e un invito – che vale innanzitutto per me stesso – rivolto a rinnovare l’attenzione sulle principali vicende vissute della nostra città e delle tante personalità che si sono distinte in positivo in tempi difficili della sua breve storia. E la figura Pietro Doneddu è stata indiscutibilmente tra queste.
Antonangelo Casula
Discorso del sindaco di Carbonia prof. Pietro Doneddu in occasione della cerimonia della posa della prima pietra del complesso elettrico del Sulcis
Eccellenze, Onorevoli, Signor Presidente della Carbosarda, Signore e Signori, Lavoratori di Carbonia e del Sulcis, io ho l’onore di esprimere oggi qui la soddisfazione della nostra città per l’opera che si inizia.
La nostra città del lavoro saluta questo giorno che permette il termine di un lungo periodo di difficoltà, di insicurezza per il lavoro dei suoi operai, di sacrifici per la sua popolazione, di strettezze per la sua economia, di attese e di delusioni.
La nostra città saluta il complesso che sorge e che può porre le condizioni perché muti una triste realtà e nuovi orizzonti si schiudano per il nostro avvenire.
Oggi si avviano concretamente a soluzione i problemi dell’utilizzazione integrale del carbone, dell’assestamento dell’Azienda e della stabilità del lavoro dei dipendenti.
Ed è un gran passo questo nella storia della nostra comunità operaia e della Sardegna. Un primo passo, fondamentale, necessario perché si possano affrontare e risolvere i gravi problemi di questa nostra terra e della nostra gente e in primo ordine il problema della creazione di posti di lavoro per le diverse migliaia di disoccupati di Carbonia e degli altri centri del Sulcis e per l’assorbimento delle nuove leve del lavoro.
Questo problema ora può essere affrontato e può essere risolto, con la creazione di nuove attività industriali che traggano dal basso costo dell’energia la convenienza all’installazione dei loro impianti in questa zona. E’ una vecchia aspirazione di Carbonia e del Sulcis la realizzazione di un’area di sviluppo industriale sulla base della legislazione per il Mezzogiorno che promuova il sorgere di nuove attività e operi perché si trasformino le condizioni economiche e sociali di questi centri.
A tal fine non può bastare l’intervento sia pure generoso dell’Istituto Regionale, si ha bisogno della più larga capacità dello Stato, ed è giusto sia esercitata nel quadro di attuazione del Piano di Rinascita per la Sardegna, nel cui progetto, invece, non è prevista un’area di sviluppo per il Sulcis. E’ giusto che questa lacuna venga colmata e che abbia inizio qui la strada della Rinascita Sarda.
Su questa strada faticosa che il popolo sardo deve percorrere per rinnovare la sua realtà economica e la sua realtà umana, Signor Presidente della Regione, saranno in cammino insieme agli altri sardi i nostri operai spinti dalla loro sete di giustizia e forti della loro coscienza autonomistica.
Onorevole Ministro, io La ringrazio di essere venuto qui tra i nostri minatori e così ringrazio tutti quanti sono venuti qui e hanno voluto prendere parte al risorgere delle nostre speranze; e mi dispiace non poter rivolgere, perché sarebbe troppo lungo, il ringraziamento segnatamente a tutti, e Le assicuro Signor Ministro che i nostri operai, i nostri tecnici, tutti i cittadini del nostro Paese, vogliono avere nel complesso termoelettrico che oggi si inizia a realizzare, uno strumento per legare il loro contributo di lavoro, di intelligenza, di responsabilità, all’attività che nelle altre parti d’Italia si sviluppa per raggiungere una comune prosperità.
Amici operai tecnici, voi avete estratto il carbone quando l’Italia rovinata dalla guerra ne aveva bisogno per alimentare i resti dei suoi impianti industriali e per rimuovere le sue macchine; l’avete estratto anche quando il nostro carbone è stato deprezzato e respinto; estraetelo d’ora in avanti, con maggiore energia e con fierezza per dare alla nostra isola la forza per la sua rinascita e per consentirle di avanzare verso i livelli delle regioni più progredite e fortunate.
Portovesme 30 ottobre 1960