25 November, 2024
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Ventisei docenti dell’Università di Cagliari sono nella classifica del sito www.topitalianscientists.org. Tenendo presente che la lista è in continuo aggiornamento, si tratta indubbiamente di un bel risultato per l’ateneo del capoluogo sotto diversi punti di vista: visibilità, credibilità e ricadute nella comunità accademica internazionale. Ma anche un bel biglietto da visita su qualità della didattica e della ricerca, utile per la promozione e la reputazione di corsi di laurea e scuole di specializzazione.

Walter Fratta (dipartimento Scienze biomediche), Alberto Angioni (Scienze vita e ambiente), Ezio Carboni (Scienze biomediche) e Giorgio Giacinto (Ingegneria elettrica ed elettronica) fanno parte del pool di pregio che comprende, per Scienze biomediche, Amedeo Columbano, Irene Messana, Sebastiano Banni, Stefano Mariotti, Giovanni Mantovani, Micaela Morelli e Maria Antonietta Melis. Per la Chimica c’è Vito Lippolis, per Scienze cliniche ci sono Alessandro Zuddas, Gian Benedetto Melis e Mauro Giovanni Carta. Fabio Roli e Giacomo Cao sono in classifica per Scienze del computer e Ingegneria. Astrofisica è rappresentata da Giulia Manca e Nicolò D’Amico. Per la Fisica Vincenzo Fiorentini e Sandro Massidda. Per Neuroscienze e psicologia il ranking annovera Antonio Argiolas, Fabio Fadda, Antonio Preti, Marco Pistis e Maria Rosaria Melis. Inoltre, per Scienze biomediche, compaiono i professori in quiescenza Gian Luigi Gessa, Gaetano Di Chiara e Giovanni Biggio e i deceduti Antonio Cao e Renzo Galanello.

Il sito mostra la classifica dei Top italian scientists (Tis) della Via-Academy. In sostanza, si tratta di un censimento degli scienziati e scholars di maggior impatto, misurato con il valore di H-index, che rappresenta un numero che racchiude la produttività e l’impatto della produzione culturale o scientifica di un docente basato sulle citazioni ricevute.

«Ma – spiega una nota pubblicata sul sito – ha dei limiti poiché, in particolare, la frequenza di citazioni varia nei diversi campi del sapere, e risulta massima nella fisica delle particelle e certe aree biomediche come l’immunologia. La lista non va quindi interpretata come comparazione assoluta del valore dei vari scienziati e studiosi, soprattutto fra le materie diverse riportate come ’area’ nella tabella

Al 28 febbraio scorso, la classifica del sito specializzato – che come da indicazioni, ospita i ricercatori che hanno inoltrato e caricato i propri lavori su Google scholar – comprendeva oltre quattromilacento scienziati italiani.

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Ventidue docenti dell’Università di Cagliari nella classifica del sito http://www.topitalianscientists.org/top_italian_scientists.aspx. E potrebbero essercene anche altri: la classifica è in continuo aggiornamento. Di fatto, un bel colpo per l’ateneo del capoluogo sotto diversi punti di vista. Intanto, un risultato proficuo se si pensa alla visibilità, alla credibilità e alle ricadute nella comunità accademica internazionale. Ma anche un bel biglietto da visita in tema di qualità della didattica e della ricerca, utile anche per una promozione puntuale dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione.

Per le Scienze biomediche attualmente sono in graduatoria Amedeo Columbano, Irene Messana, Sebastiano Banni, Stefano Mariotti, Giovanni Mantovani, Micaela Morelli e Maria Antonietta Melis. Per la Chimica compare Vito Lippolis mentre per Scienze cliniche i rappresentanti sono Alessandro Zuddas, Gian Benedetto Melis e Mauro Giovanni Carta. Fabio Roli e Giacomo Cao sono in classifica per Scienze del computer e Ingegneria. Per Astrofisica in lista compaiono Giulia Manca e Nicolò D’Amico. Per la Fisica Vincenzo Fiorentini e Sandro Massidda. Infine, per Neuroscienze e psicologia i big sono Antonio Argiolas, Fabio Fadda, Antonio Preti, Marco Pistis e Maria Rosaria Melis. Inoltre, per l’area di Scienze biomediche, compaiono i docenti in quiescenza Gian Luigi Gessa, Gaetano Di Chiara e Giovanni Biggio e i deceduti Antonio Cao e Renzo Galanello.

Il sito mostra la classifica dei Top italian scientists (Tis) della Via-Academy. In sostanza, si tratta di un censimento degli scienziati e scholars di maggior impatto, misurato con il valore di H-index, che rappresenta un numero che racchiude la produttività e l’impatto della produzione culturale o scientifica di un docente basato sulle citazioni ricevute.

«Ma – spiega una nota pubblicata sul sito – ha dei limiti poiché, in particolare, la frequenza di citazioni varia nei diversi campi del sapere, e risulta massima nella fisica delle particelle e certe aree biomediche come l’immunologia. La lista non va quindi interpretata come comparazione assoluta del valore dei vari scienziati e studiosi, soprattutto fra le materie diverse riportate come ‘area’ nella tabella.»

Al 28 febbraio scorso la classifica del sito specializzato – che come da indicazioni, ospita i ricercatori che hanno inoltrato e caricato i propri lavori su Google scholarcomprendeva oltre 4.110 scienziati italiani.

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I ferroelettrici sono materiali usati in elettronica e ottica (memorie non volatili, generatori di ultrasuoni per ecografia, etc). Non sono mai metallici (cioè conduttori), e viceversa, nessun metallo è ferroelettrico. Almeno, così si pensava. Un gruppo di fisici di base nell’ateneo di Cagliari, usando simulazioni quantistiche, ha predetto su Nature Communications (4 aprile 2016), un materiale che è intrinsecamente metallico e  ferroelettrico – il primo esempio in assoluto di materiale con queste proprietà.

Il team che ha realizzato e pubblicato le ricerche sul materiale iperferroelettrico metallico è composto da Alessio Filippetti (professore “Rientro dei  cervelli” – Cagliari 2003/07, poi al Cnr – chiamato di recente da associato all’università del capoluogo), Vincenzo Fiorentini (associato dipartimento Fisica, Cagliari), Francesco Ricci (dottorando dipartimento di Fisica, ora all’Università di Lovanio, Belgio), Pietro Delugas (ora alla Sissa di Trieste), Jorge Iniguez (ricercatore Luxembourg IST, visiting professor a Cagliari 2013/15).

«Il primo punto chiave della vicenda – rimarca Vincenzo Fiorentini – è il bismuto, che, come ci ha insegnato Jorge Iniguez, tende a fare legami locali con l’ossigeno, e produce una distorsione che rende possibile l’esistenza della polarizzazione. Il nostro materiale è appunto una cosiddetta perovskite layered di composizione Bi5Ti5O17. Il secondo punto è che Bi5Ti5O17 è sì un metallo, ma  scarso, con poca carica libera di muoversi, e pure poco mobile.»

Il quesito è obbligato: l’effetto è osservabile e magari usabile? Il professor Fiorentini taglia corto: «Sì, decisamente. Nei film ferroelettrici convenzionali, la polarizzazione produce un campo elettrico molto grande, che a sua volta tende a eliminare le distorsioni che la producono – in sostanza, la polarizzazione si suicida. Qui invece il campo sopravvive, dimostrando che la polarizzazione c’è ed è invertibile. Sorvolo su varie sottigliezze che hanno richiesto molto sforzo, come la necessità di alternare il Bi5Ti5O17 con un isolante in un cosiddetto super-reticolo, di cui si è occupato Francesco Ricci».

La carica libera dovrebbe schermare la polarizzazione, un po’ come quando si scarica l’elettricità statica su un termosifone. Fiorentini spiega: “In generale, sì. Qui non lo fa perché, primo, di carica libera ce n’è il tanto che basta a ridurre il campo in modo che non elimini la polarizzazione, ma non abbastanza da ucciderlo del tutto (l’effetto “Riccioli d’oro”); e secondo, è confinata (quasi in un piano) e quindi risponde poco al campo.» Aggiunge Alessio Filippetti: «Abbiamo usato due metodi indipendenti (uno, realizzato insieme a Pietro Delugas, estende la teoria della polarizzazione) e ambedue dicono che la carica libera non riesce a uccidere la polarizzazione. Si sospettava da 50 anni che la polarizzazione potesse esistere in un metallo, ma non era mai stata ottenuta in pratica».

Un film conduttivo e, tra l’altro, trasparente nel visibile, con un campo intrinseco interno invertibile potrebbe essere utile in optoelettronica, in accoppiamenti capacitivi (ad esempio, gli schermi dei tablet), o in memorie non-volatili. Conclude Vincenzo Fiorentini: «Bisogna vedere se qualcuno riuscirà a produrlo in laboratorio (parliamo di strati nanometrici) e non solo al computer, e a studiarne l’applicabilità tecnologica. La strada è lunga, ma l’idea di base è buona».