Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-UIL: «Il 31 dicembre scade il regime di interrompibilità per l’approvvigionamento energetico, intervenga il Governo»
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«Il 31 dicembre 2020 scadrà il cosiddetto regime di interrompibilità del sistema di approvvigionamento energetico delle imprese. Per evitare gravi situazioni di difficoltà nell’approvvigionamento energetico e all’equilibrio del sistema elettrico regionale è indispensabile che sia confermato questo meccanismo. Senza una prosecuzione rischia di essere messa a rischio la competitività di imprese strategiche per il sistema economico sardo, se non addirittura la loro sopravvivenza in primis la Portovesme srl.»
A lanciare l’allarme per il futuro dell’apparato industriale sardo, sono i segretari territoriali di Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-UIL, Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi.
«È essenziale che venga confermato l’attuale sistema di assegnazione che prevede una quota di potenza interrompibile dedicata alla Sardegna e che sia confermata l’assegnazione su base geografica della potenza interrompibile con una quota riservata alla nostra Isola – aggiungono Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi -. È necessario che siano definiti i livelli minimi di remunerazione del servizio. Assicurare tali condizioni garantirebbe la stabilità della rete regionale consentendo, nel contempo, alle aziende ad alta intensità energetica della Sardegna di fornire il servizio di interrompibilità istantanea con una remunerazione economica congrua. Le richieste a livello regionale sono allineate a quelle delle utenze industriali ad alta intensità energetica di tutto il territorio nazionale. Inoltre, c’è da definire la questione relativa alla CO2. Perché una importante voce di costo che non compare in maniera esplicita all’interno delle tariffe per l’energia elettrica ma che costituisce una percentuale rilevante della componente energia sono i costi indiretti per l’acquisto dei titoli di emissione di CO2 da parte degli impianti a fonti fossili.»
«In realtà, come si rileva dalla stessa formulazione della norma il fondo per la transizione energetica non costituisce una compensazione finanziaria dei costi indiretti ma un incentivo alla realizzazione di investimenti in fonti rinnovabili ed efficientamento energetico – rimarcano Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi -. Questo comma non è pertanto funzionale all’abbattimento degli extracosti derivanti dal costante incremento del prezzo di acquisto delle quote di emissione. È invece in via di definizione il decreto attuativo che dovrà stabilire i criteri e le modalità di funzionamento delle compensazioni dei costi indiretti per la CO2. Si evidenzia che le relative risorse dovrebbero essere assegnate senza condizioni legate all’effettuazione di investimenti in energie rinnovabili, ma solo in funzione dei rischi di rilocalizzazione a causa dei costi indiretti connessi alle emissioni di gas a effetto serra trasferiti sui prezzi dell’energia elettrica.»
«Peraltro, le risorse previste risultano di gran lunga limitate sia rispetto alle esigenze del comparto che in raffronto ai budget stanziati dagli altri stati membri della Comunità europea e manterrebbero le società energivore in condizioni di deficit competitivo in rapporto alle altre realtà operanti nei Paesi dell’Unione europea dove tali meccanismi vengono già applicati con livelli adeguati ad un significativo abbattimento dei costi indiretti della CO2 – concludono Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi -. Sarebbe utile, pertanto, che i decreti attuativi in via di definizione venissero emanati tenendo conto di queste esigenze primarie delle industrie ad alta intensità energetica.»