2 November, 2024
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Il presidente del Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti interviene sulla chiusura del Centro di Pronto Intervento maschile. Di seguito il testo integrale.

In relazione a quanto riportato dagli organi di stampa e alle dichiarazioni pubblicate via internet dalla Sindaca Massidda e dall’Assessora ai Servizi Sociali Loredana La Barbera sul Centro di Pronto Intervento maschile di Medadeddu, l’Associazione Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti, soggetto gestore, ritiene indispensabile portare alla conoscenza di tutti alcune precisazioni, alla vigilia della chiusura.

La Sindaca nell’informare che nell’ultimo periodo si è verificato un forte calo di presenze nel Centro di Pronto Intervento, sino ad arrivare a due soli utenti, ha parlato di una mera e semplice questione di inutilizzo.

La realtà è un po’ differente: l’inutilizzo non è dovuto alla mancanza di necessità e richieste di aiuto, ma dalla impossibilità dei Servizi Sociali del Comune ad impegnarsi in accoglienze cui l’Amministrazione stessa non aveva dato copertura finanziaria, avendo disposto un taglio del contributo pari al 35%. Difatti, nei primi mesi del 2017, a bilancio comunale già approvato, ci è stata comunicata l’intenzione di portare il contributo per il Centro da 139.000 a 90.000 euro, che sarebbero serviti a convenzionare sia il Centro di Pronto Intervento maschile sia la Comunità Alloggio per donne in difficoltà.

Quindi l’affermazione della Sindaca che il Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti ha deciso di chiudere la Sezione maschile di Medadeddu è priva di fondamento. La decisione è stata imposta dal Comune, come precisa scelta politica, in sede di predisposizione del bilancio.

Le due lavoratrici addette al Centro di Pronto intervento hanno ricevuto la lettera di preavviso di licenziamento, dopo la firma della convenzione avvenuta con estremo ritardo in data 8/05/2017. Ricordiamo che questo ritardo dell’Amministrazione ha causato una mancata copertura finanziaria nei conti di gestione della struttura per 5 mesi (stipendi, assistenza e costi di gestione,) dei quali la nostra Associazione si è, fino ad ora, preso carico.

Il tutto nel rispetto dei diritti delle lavoratrici e nella garanzia degli ammortizzatori sociali cui hanno diritto.

Il progetto della struttura maschile (autorizzata al funzionamento con Decreto dell’Assessore regionale alla sanità e Assistenza Sociale del 26/02/1996 n°83/2088) ha provveduto per oltre 20 anni a dare una risposta immediata alle esigenze di numerosissime persone in stato di necessità, e senza fissa dimora, in collaborazione e sinergia con i Servizi Sociali, fino al loro reinserimento. E non è quindi, come definito di fronte al Consiglio comunale da uno degli esponenti della Giunta Comunale, un servizio “giusto per fare”.

Il Centro di Accoglienza si è sempre impegnato nell’accompagnamento degli ospiti per tutte le loro necessità, rispondendo alle primarie esigenze di vita (alloggio, pasto caldo, igiene personale, monitoraggio sanitario) e alla ricerca di lavori che rendessero gli ospiti autonomi.

I Servizi Sociali hanno l’obbligo di accertare lo stato di necessità delle persone in difficoltà presenti sul territorio anche se non residenti nel comune di Carbonia. Proprio per questo motivo l’accoglienza veniva effettuata su richiesta del Servizi Sociali e trasmessa ai Comuni di residenza che pagavano per proprio conto la retta di accoglienza in struttura o decidevano diversamente.

E’ dunque non veritiera l’affermazione che il Comune di Carbonia si prendeva carico degli utenti degli altri Comuni, in quanto non si è mai impegnato finanziariamente per questi, se non per la doverosa accoglienza in immediata urgenza limitata a pochi giorni.

Capita spesso, invece, che alcune persone, pur in grave difficoltà, magari accompagnate alle porte del Centro nel cuore della notte dai Carabinieri, non vengano prese in carico dai Comuni per ostacoli burocratici o mancanza di fondi e, per loro, la nostra Associazione ha sempre messo a disposizione risorse proprie per superare le momentanee avversità.

È giusto precisare, ancora, che numerosi utenti, residenti nel Comune di Carbonia o di passaggio, sono stati accolti, aiutati e sostentati a nostre spese in attuazione delle nostre finalità statutarie. È ovvio che per realizzare tutte le attività descritte l’Associazione investe sulle strutture di accoglienza somme ben superiori rispetto alla cifra oggi negata e che ha reso necessaria chiusura del Centro di Pronto Intervento.

É opportuno quindi chiarire che il Comune di Carbonia non ha sostenuto i costi di gestione dell’intera struttura ma ha contribuito per la sua quota parte, perché per 20 anni ha considerato essenziale dare una pronta risposta alle richieste di accoglienza degli ultimi, senza casa, senza famiglia, senza speranza.

Il Comune dichiara inoltre che gli ospiti presenti verranno ricollocati in maniera consona e, dal canto nostro, lo auspichiamo e ne chiederemo la verifica.

Ma ciò su cui continuiamo a chiedere la riflessione non sono tanto i due ospiti che, non dubitiamo, saranno accompagnati a nuove soluzioni di vita, quanto i molti che, in una avversità imprevista, in un momento di difficoltà non evitabile, non solo non troveranno un porto, ma neppure l’attracco temporaneo che fino ad oggi è stato il Centro di Pronto Intervento.

Il Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti non abbandona il suo impegno per gli ultimi. Aprirà nuove strade, costruirà nuovi approdi.

Il Presidente

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La Giunta regionale, su proposta dell’assessore della Sanità Luigi Arru, ha deliberato l’istituzione del Tavolo permanente di monitoraggio per la prevenzione della fetopatia alcolica e dei problemi alcol correlati, che dovrà occuparsi, tra l’altro, di predisporre campagne di sensibilizzazione e prevenzione in particolare nelle scuole. Tra le realtà associative individuate per far parte del Tavolo, ci sono l’Associazione regionale club alcologici territoriali (ARCAT); l’Associazione Centro di accoglienza Don Vito Sguotti; l’Associazione Amici della vita (Carbonia-Iglesias). La Giunta ha approvato anche lo stanziamento di 400mila euro per il programma di sport-terapia per persone con disabilità: le risorse saranno trasferite agli enti gestori degli Ambiti Plus; via libera, infine, alla delibera sulla valutazione dei direttori generali delle Aziende sanitarie per il 2013.

Luigi Arru 1

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Si è svolto sabato scorso 26 novembre, nel salone della Sezione di Storia Locale di Carbonia della Grande Miniera di Serbariu, il convegno “In ricordo di Antonio Puggioni, dirigente politico e sindacale nelle istituzioni”.

L’evento, organizzato dall’Associazione Amici della Miniera, con il patrocinio del comune di Carbonia, rientra in un programma che prevede il ricordo di alcune figure che hanno avuto ruoli di rilievo nella storia della città, del territorio del Sulcis Iglesiente e dell’intera Sardegna.

I lavori, coordinati dalla prof.ssa Anna Lai, sono stati aperti da Mario Zara, presidente dell’Associazione Amici della Miniera. Il ricordo di Antonio Puggioni è stato affidato prima alla proiezione di un’intervista realizzata nel 1985 dagli studenti della scuola media Zanella e poi agli interventi degli ospiti, il primo dell’ex sindaco Antonangelo Casula che ha ricostruito la lunga esperienza di vita, in particolare quella politica e sindacale, di Antonio Puggioni (alleghiamo il testo integrale).

Don Amilcare Gambella, parroco della chiesa di San Ponziano, si è soffermato sul rapporto di Antonio Puggioni con la chiesa, in particolare con due parroci che hanno segnato la storia della città di Carbonia, Don Vito Sguotti e Don Luigi Tarasco; Giampaolo Cirronis, giornalista e direttore del periodico “La Provincia del Sulcis Iglesiente” ha parlato del suo rapporto con Antonio Puggioni che, negli ultimi due anni e mezzo della sua vita (è scomparso il 24 agosto 1998), ha curato una rubrica del periodico, sulla storia politica e sindacale della città e del territorio, con un occhio di riguardo sul ruolo della chiesa; l’ex sindaco Antonio Saba ha parlato brevemente del suo rapporto di amicizia e di impegno politico con Antonio Puggioni; Salvatore Figus, operatore culturale, si è soffermato sui rapporti dei giovani iscritti al PCI con Antonio Puggioni, uomo di punta del partito fin dagli anni giovanili; e, infine, il senatore Francesco Macis, ha ricostruito l’impegno di Antonio Puggioni nelle istituzioni, in particolare in Consiglio regionale, dove ha lavorato al suo fianco per alcuni anni.

In conclusione, è stato dato spazio al pubblico presente in Aula ed è intervenuto il figlio Antonello (presenti anche le due figlie, Cristina ed Annamaria, mentre la moglie non se l’è sentita di partecipare) che ha ringraziato tutti per l’iniziativa in ricordo della figura del padre.

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L’intervento di Antonangelo Casula

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IN RICORDO DI ANTONIO PUGGIONI –  DIRIGENTE POLITICO SINDACALE E DELLE ISTITUZIONI. Intervento di Antonangelo Casula, Carbonia 26 novembre 2016.

Il presidente dell’Associazione Amici della Miniera, Mario Zara, ha illustrato le modalità relative allo svolgimento della nostra conversazione odierna dedicata al ricordo di Antonio Puggioni.

Il filmato che abbiamo appena visto e le immagini che lo ritraggono nel lungo arco della sua vita privata e  politica, fanno rivivere un emozione particolare, che rende ancora più interessante e piacevole questo incontro.

Il titolo assegnato a questa iniziativa, Antonio Puggioni – dirigente politico, sindacale e delle Istituzioni, richiede un particolare impegno a partire dalla mia introduzione, nella quale vorrei insieme alla ricostruzione del suo profilo pubblico prevalentemente conosciuto, contribuire a portare alla luce aspetti meno noti della sua vicenda politica, personale ed umana.

Antonio Puggioni nasce a Scano Montiferro, nell’attuale provincia  di Oristano, il 14 giugno del 1927 e  si trasferisce all’età di dodici anni, nel 1939 insieme alla famiglia, a Carbonia.

Il 1 aprile del 1942, non ancora quindicenne, viene assunto dalla Società Carbonifera Sarda in qualità di aiuto meccanico.

Nel gennaio1943 si arruola presso la Scuola militare di Pola (in quel periodo l’Istria apparteneva ancora all’Italia) nel Corpo Reale Equipaggi Marittimi come allievo motorista navale.

Il 9 settembre dello stesso anno (il giorno successivo all’annuncio dell’armistizio) viene fatto prigioniero dai tedeschi a Pola e la mattina del giorno successivo il 10 settembre, viene liberato dai partigiani di Tito a Passino presso Trieste, nello stesso anno viene fatto prigioniero nella periferia di Trieste e liberato per una seconda volta da una formazione di partigiani italiani.

A dicembre del ’43, rifugiato a Sant’Orso in provincia di Vicenza, viene arruolato nella Brigata Partigiana- Martiri della Val Leogra – Battaglione Ramina Bedin.

L’esperienza partigiana, per quanto mi risulta è una vicenda della sua vita nota a pochi, dura sino alla conclusione del conflitto e a giugno del 1945 fa ritorno in Sardegna, a Carbonia, dove viene riassunto nella miniera di Nuraxeddu per essere successivamente trasferito nel 1946 nell’officina meccanica della miniera di Serbariu.

Eletto prima nella Commissione Interna, diviene nello stesso anno segretario del Comitato di coordinamento delle commissioni interne  della miniera, membro della segreteria della Lega dei Minatori e infine componente dell’Esecutivo della Federazione provinciale dei minatori diretta per lungo tempo da Martino Giovannetti, il padre di Daverio.

Diviene nell’arco di pochi anni, al fianco di Velio Spano, Renato Mistroni, Antonio Sellitti, Pietro Cocco, Marco Giardina, e di tanti altri, uno dei principali dirigenti della classe operaia di Carbonia e del Sulcis.

E’ uno dei protagonisti della battaglia dei 72 giorni conclusasi il 18 dicembre del 1948a 10 anni dalla fondazione della Città, data che possiamo considerare – la citazione non è mia  ma la ritengo molto appropriata  data della rinascita morale della Città.

Non mi dilungherò, soprattutto per ragioni di tempo, su queste importanti vicende, essendo abbastanza  note ai più e sulle quali proprio Antonio ci ha lasciato importanti e dettagliate testimonianze, raccolte in una serie di articoli pubblicati sulla Provincia del Sulcis Iglesiente a cura di Giampaolo Cirronis e che saranno oggetto proprio di una sua successiva testimonianza nel corso di questo dibattito e saranno riprese certamente da Antonio Saba, con il quale ha condiviso insieme ad un’amicizia durata una vita, tutti i momenti cruciali della storia politica della nostra città.

Ancora giovanissimo, parliamo di un ragazzo di 21 anni è già protagonista in una temperie di lotte particolarmente difficili – mi riferisco alla battaglia per la sopravvivenza della città – che in tanti a quei tempi avrebbero voluto cancellare dall’atlante di geografia.

Inizia, dunque, al fianco di tanti altri protagonisti, un percorso di formazione  di quadro dirigente – come si usava dire allora  della vita politica e sindacale del Bacino Minerario, nel gennaio del 1949 viene inviato a Bologna al primo corso semestrale del P.C.I. presso la Scuola di partito in via dei Bottieri, al suo ritorno a Giugno viene eletto segretario della Lega dei minatori e segretario della Camera del Lavoro,  inoltre viene eletto nel Comitato Federale del  PCI della Federazione di Cagliari, a quei tempi non vigeva la regola dell’incompatibilità tra incarichi politici e sindacali.

Nel 1950 iniziano – chiamiamoli così – i primi inconvenienti del mestiere, viene arrestato per adunata sediziosa, corteo non autorizzato e aggressione delle forze dell’ordine, liberato dopo cinque mesi e condannato a dieci mesi con il beneficio della condizionale.

Viene sottoposto ad altri tre processi e di nuovo arrestato nel 1951, ne da conto anche l’avvocato Umberto Giganti anch’egli recluso in seguito ai fatti del 1948 in una lettera alla moglie Ina datata 9 febbraio 1951, contenuta nel libro “ La prigionia di un sogno” a cura di sua figlia Pia Giganti, dalla quale riporto testualmente: «Pelessoni è stato in causa ieri. E’ stato condannato a due anni di reclusione ma è uscito perché la pena gli è stata condonata. Puggioni è stato invece arrestato, per quella montatura della Cassa operaia, e si trova qui. Temo che dovrà rimanerci per un pezzo.»

Questa era la sorte comune per tanti dirigenti comunisti, socialisti di allora i tempi del “famigerato”  commissario Pirrone e della polizia di Scelba.

Il già citato Umberto Giganti, uscito dal carcere e rieletto in Comune, nella qualità di assessore anziano, subentrerà nel 1953/4 a Pietro Cocco nell’esercizio delle funzioni di sindaco, il quale fu destinatario di un provvedimento di sospensione dalle sue funzioni emanato dal prefetto di Cagliari.

La vita non era semplice a quei tempi in politica, sia nel sindacato che nelle istituzioni.

Puggioni viene eletto in Consiglio comunale per la prima volta nel maggio del 1952, assume l’incarico di assessore delle Finanze e del Bilancio e nel novembre dello stesso anno nominato Ispettore regionale degli Enti locali del PCI.

Nell’anno successivo, il 1953, viene nominato vicesindaco del comune di Carbonia.

Il 27 maggio del 1956 alle elezioni amministrative, viene riconfermato consigliere comunale.

L’attività politica e sindacale si intreccia con quella amministrativa e per riprendere un filo cronologico, nel 1954 viene nominato responsabile di zona del PCI e membro  della segreteria provinciale di Cagliari.

Nel 1957 viene chiamato insieme a Giovanni Lai e Girolamo Sotgiu a far parte della segreteria regionale del PCI in una fase che possiamo definire senza alcun eufemismo, di transizione.

Siamo in una fase successiva al terremoto del 1956, del quale ricordiamo la successione di avvenimenti storici sulla scala internazionale: il XX Congresso del PCUS con il rapporto segreto di Kruscev, l’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe del Patto di Varsavia, VIII Congresso del PCI.

In questo quadro, in questi anni, nel PCI in Sardegna si afferma la segreteria di Renzo Laconi con  un conseguente ridimensionamento del ruolo di Velio Spano e del quadro dirigente di partito che a lui faceva riferimento, soprattutto del Bacino Minerario.

Antonio Puggioni era come la prevalenza del gruppo dirigente di Carbonia e del Sulcis, particolarmente legato a Velio Spano.

L’esito personale di questa fase politica per Puggioni può essere riassunto nella nota locuzione latina: Promoveatur ut amoveatur (sia promosso affinché sia rimosso).

Quindi dopo il matrimonio nel 1958 con Nilde Lampis compagna per tutta la sua vita, nel 1959 su incarico della direzione nazionale del partito, parte in incognito insieme alla consorte per l’Unione Sovietica, con un  passaporto intestato ai coniugi Calvi.

Il 1959 si presenta come un anno di svolta significativo nella vicenda personale e politica di Puggioni.

Il 28 aprile una prima tappa a Berlino orientale, in una città non ancora divisa dal muro, a maggio a Praga sino ad agosto dello stesso anno e, da questa data sino ad aprile del 1961, a Mosca.

Questa esperienza si rivelerà comunque molto importante, a partire dagli aspetti squisitamente politici, ed gli consentirà di entrare in contatto con personalità eminenti del movimento comunista internazionale; quindi si ritrova prima a Radio Praga al fianco di Aldo Tolomelli (divenuto in seguito senatore dell’Emilia) e di Francesco Moranino che vi svolgeva un attività di coordinamento squisitamente politico.

Moranino ex capo partigiano della Val d’Ossola era espatriato dall’Italia in ragione di una sentenza relativa a fatti dolorosi avvenuti nel corso della guerra partigiana e culminati in una sua condanna per la quale fu fatto decadere (prima circostanza nel Parlamento repubblicano) dall’incarico parlamentare.

Nell’URSS inizia a lavorare nella redazione italiana di Radio Mosca, nella quale anche la moglie Nilde trova occupazione nel lavoro di segreteria.

Questa esperienza, si rivelerà nel tempo fruttuosa, poiché oltre a consentire una importante confidenza con gli strumenti di comunicazione e l’attività di una redazione giornalistica, ne affinerà in meglio il   linguaggio, che come lo ricordiamo tutti, riusciva ad essere diretto, chiaro e semplice.

Chi ha avuto modo di ascoltare Puggioni sia in occasioni pubbliche, che in conversazioni private, sicuramente ne avrà apprezzato la proprietà di linguaggio, la capacità di scandire tempi e toni in maniera sempre molto efficace.

A Mosca risiede in un piccolo appartamento presso l’Hotel Ucraina ed entra subito in contatto con personalità del mondo sovietico moscovita, ma anche con una presenza italiana importante, tra le quali mi  preme segnalare quella con il “mitico” Giovanni Germanetto, giunto nell’URSS nel 1922, autore di un famoso libro “Le memorie di un barbiere” e insieme a Paolo Robotti “Trent’anni di lotte dei comunisti italiani”.

Frequenta e stringe amicizia con Giulia Schucht, la moglie di Antonio Gramsci, e con sua sorella Eugenia.

Di quello stesso periodo è l’amicizia Maurizio Ferrara corrispondente dell’Unità da Mosca (che successivamente sarà direttore de l’Unità), sua moglie Marcella che fu collaboratrice nella segreteria di Palmiro Togliatti.

In quelle circostanze Nilde si trovò più volte a prendere in braccio l’allora piccolo Giuliano, che diventerà noto a tutti noi per la militanza in un altro schieramento.

Sono anni in cui maturano una serie di rapporti sul piano politico ed umano con dirigenti nazionali che si recano a Mosca, tra i quali Nilde mi ha segnalato tra tutti, quello con Pietro Ingrao.

Inoltre, c’è una frequentazione molto importante per tutti gli avvenimenti di carattere culturale che si svolgevano attorno alla residenza dell’Hotel Ucraina e, infine dulcis in fundo, la frequentazione costante della vita culturale moscovita e del Teatro Bolscioi.

Sono anni importanti e prima di venire assegnato a nuova funzione in Polonia, nell’aprile del 1961 – alla quale oppone un diniego – l’esperienza si conclude con il rientro repentino a Carbonia, preceduto da un breve intervallo a Berlino Est che dura da aprile a luglio e con un intervallo romano dove vengono ricevuti insieme ad altri compagni provenienti da analoghe esperienze, da Palmiro Togliatti.

Nel luglio del 1961, appena rientrato a Carbonia, assume l’incarico di segretario del Comitato cittadino del PCI ed eletto nella segreteria della federazione del Sulcis, appena costituita al fianco di Licio Atzeni che è stato il primo segretario della federazione del PCI del Sulcis.

Una breve notazione, Licio Atzeni era il padre del noto e indimenticato scrittore Sergio Atzeni ed era la figura che ha ispirato il personaggio principale del libro “Il figlio di Bakunin” dal quale ha preso spunto per l’omonimo film,  il regista cinematografico Gianfranco Cabiddu.

Alle elezioni amministrative del novembre 1964 viene rieletto consigliere comunale, in una consiliatura nella quale si succedono due sindaci Antonio Saba ed Aldo Lai, quest’ultimo alla guida di una coalizione di centro sinistra in sintonia con il quadro politico nazionale di quella stagione politica, ma questa esperienza si conclude in modo traumatico con l’arrivo del commissario prefettizio, dottor Pandolfini se la memoria non mi inganna che amministrerà la Città sino alle elezioni del 17/18 novembre del 1968.

Antonio Puggioni viene eletto in questa tornata e rieletto consigliere alle elezioni amministrative del novembre del 1973 e siederà in Consiglio comunale sino alle elezioni del giugno 1979, in una consiliatura che, per ragioni di allineamento elettorale nazionale, dura sei e non cinque anni come previsto.

Riprendendo il filo dell’impegno politico a luglio del 1965 viene nominato Segretario della Federazione del PCI del Sulcis e nel 1969 viene eletto consigliere regionale nella VI Legislatura e riconfermato  nel 1974 VII legislatura nell’incarico di consigliere regionale che si concluderà nel 1979.

Su questo punto, quello dell’esperienza nel Consiglio regionale mi limito  a questa enunciazione poiché abbiamo chiesto al senatore Francesco Macis che è stato suo collega nei banchi del Consiglio, di tracciare nel suo intervento un profilo significativo dell’esperienza politica e istituzionale  condotta come legislatore.

Nel 1981, dopo un incarico di breve durata nel Comitato di gestione dell’USL n° 17 di Carbonia, Antonio Puggioni lascia tutti gli incarichi per dedicarsi ad attività private.

Come avete avuto modo di constatare, nella mia esposizione, ho cercato di seguire un ordine cronologico preciso  nel segnare il percorso della vita di Puggioni e a questo proposito devo dirvi che, mi è stato di particolare aiuto, proprio un suo scritto autografo nel quale ha segnato le tappe più significative delle esperienze della sua vita terrena che si è conclusa con la sua morte avvenuta a Carbonia il 24 agosto del 1998.

Una vita costellata da un impegno politico molto assorbente che però non gli ha impedito di essere molto presente nella vita familiare come marito e nell’educazione dei tre figli, Antonello, Cristina ed Annamaria che lo ricordano come un padre affettuoso e attento.

Vorrei aggiungere qualche ricordo personale del rapporto che ho intrattenuto personalmente con Antonio e qualche valutazione di carattere politico.

Una delle sue caratteristiche principali era costituita dalla capacità di dialogo e di intessere rapporti sul piano personale, sia con il mondo esterno, mi riferisco al dialogo con le altre forze politiche che con quello interno al proprio partito.

Assegnava al tema del rapporto con le persone un grande valore e questo era un suo grande pregio.

Una dialettica votata sempre alla ricerca dei punti d’incontro e di unione  soprattutto quando le distanze tra le posizioni in campo  rischiavano di diventare incolmabili.

Una capacità non certo unica, ma abbastanza rara, il saper mantenere in vita il filo del dialogo anche nelle situazioni di maggiore difficoltà.

Non fu mai un uomo di rottura, ma di dialogo, anche su piano sociale, lo testimoniano i rapporti con l’Azienda Mineraria, tra i minatori e nel rapporto con il clero e la sfera religiosa.

A questo proposito, mi preme ricordare il suo rapporto ed il ricordo affettuoso che aveva di don Vito Sguotti, che è stata una figura importante nella storia della Città, ben al di là della sua funzione di Sacerdote, quello con don Luigi Tarasco, cappellano dell’Ospedale Sirai, con i quali ha condiviso alcuni dei passaggi difficili dei primi anni di vita di Carbonia e, in ultimo, nella seconda metà degli anni ‘80, con fra Nazareno da Pula, con don Amilcare Gambella, che lo ricorderà nell’intervento successivo al mio, anni nei quali si era riavvicinato anche dal punto di vista spirituale alla fede e alla Chiesa.

Era inoltre animato da una curiosità culturale ed intellettuale non comune, per le vicende del Bacino Minerario e della sua classe operaia, era un lettore vorace e sempre impegnato nella ricerca di documenti.

Per questa sua attitudine alla ricerca ed all’accumulo di carte, atti, documenti, fotografie, pubblicazioni ,era avvertito come un pericolo, lo dico simpaticamente, soprattutto nelle sezioni di partito.

Questa tenacia gli ha consentito di acquisire e conservare un patrimonio documentale di grande rilievo del quale troviamo già da tempo, un significativo riconoscimento con delle citazioni in pubblicazioni di carattere nazionale, quali: “Carbosarda”, a cura di Giuseppe Are e Marco Costa, nella collana Mondi Operai nell’Italia del Novecento;

Ricordo di aver ricevuto da lui in dono, copia originale del Piano Levi, copia dell’Atto costitutivo della Società delle miniere di Iglesias, stipulato a Parigi nel 1867.

In questo lavoro era particolarmente scrupoloso ed aveva metodo e questo è stato tra gli altri, uno dei  tratti moderni della personalità di Puggioni sui quali intendo soffermarmi, perché sono un coniugato di sensibilità e lungimiranza insieme.

Tra le sue attività, delle quali mi aveva parlato e di cui ebbi modo di prendere visione, c’è un’interessante rassegna biografica di figure che hanno segnato la storia della città di Carbonia attraverso le lotte, la quotidianità, l’impegno istituzionale e religioso delle quali ha tracciato un ritratto di grande valore per la nostra memoria collettiva: Renato Mistroni, Silvio Lecca, Don Vito Sguotti, Pietro Cocco, Marco Aurelio Giardina, Giorgio Carta, Francesco Piga Onnis, Giuseppe Cabua, Claudino Saba e moltissimi altri.

Questo lavoro testimonia una grande sensibilità e la volontà di non disperdere un patrimonio di conoscenze e di memorie il cui valore culturale, sociale ed antropologico è di un’importanza inestimabile per tutti noi.

Devo aggiungere che proprio su questa traccia l’indimenticato compagno ed amico Sergio Usai, alla guida dell’associazione “La nostra storia – Le nostre radici”, si era impegnato a proseguire in un analogo lavoro di implementazione riguardante figure importanti della città e del mondo dello sport cittadino, che è bene tenere presente in memoria.

In ultimo, mi avvio a concludere, voglio esprimere il mio sincero apprezzamento per l’organizzazione di questa  conversazione.

Non è questa la prima occasione in cui l’associazione “Amici della Miniera” dedica un’iniziativa in ricordo di personalità che si sono distinte nella nostra comunità, segnalo quella dedicata alla figura di Silvio Lecca alcuni anni orsono, altre analoghe ci saranno in futuro, a partire dalla prossima in programma, dedicata alla figura di Aldo Lai.

E’ quindi doveroso apprezzare ed elogiare il proposito dell’associazione e di Mario Zara che la dirige,  perché rimanga così forte e determinata la volontà di restituire alla memoria collettiva una piena e completa evidenza di protagonisti della nostra comunità cittadina, qual è stato Antonio Puggioni.

Nel concludere il mio intervento, vorrei ringraziare l’associazione, per avermi concesso l’onore ed il piacere di contribuire a farlo insieme a tanti altri amici e compagni intervenuti a questa iniziativa.

Antonangelo Casula

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