4 November, 2024
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Si è conclusa oggi la missione del presidente della Regione Francesco Pigliaru a Bruxelles. Dopo aver incontrato il Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Povilas Andriukaitis sul tema della Peste suina africana, Francesco Pigliaru ha preso parte alla seduta Plenaria del Comitato delle Regioni. Argomento centrale, sia nel dibattito in Aula che nelle riunioni dei gruppi nazionali e politici, è stata la politica di coesione post 2020, che disegnerà il futuro dell’Europa. Si tratta di un tema molto sentito dalle amministrazioni regionali e locali, perché costituirà la principale leva di investimento dell’Unione a favore dei territori.
«L’idea di Europa rischia di essere messa in crisi dal crescente consenso ottenuto da forze populiste che tendono a erigere muri e a cercare soluzioni agendo separatamente – ha detto il presidente Francesco Pigliaru -. Ciò che alimenta quel consenso è la grande, insostenibile disuguaglianza tra persone e tra territori. In questo quadro, la politica di coesione è più importante di prima. Bisogna lavorare, certo, perché sia più efficace, ma è anche essenziale che non venga assolutamente ridimensionata in termini di risorse. Questo vale per tutti i territori, naturalmente, ma a maggior ragione per quelli svantaggiati geograficamente come le isole.»

Francesco Pigliaru ha poi portato all’attenzione la posizione della Sardegna, esposta lo scorso 24 aprile a Bruxelles nel lavoro preliminare portato avanti dall’Intergruppo Isole del Parlamento europeo insieme alla commissione Isole del CPRM. «In quell’occasione, insieme a Corsica e Baleari, abbiamo illustrato alla Commissaria europea Corinna Cretu il nostro patto tra isole, che rappresenta non solo una buona pratica di lavoro condiviso su tematiche comuni – ha spiegato il presidente della Regione –, ma anche un caso concreto di collaborazione e dialogo tra territori d’Europa, un esempio virtuoso che di questi tempi è particolarmente importante. Questa esperienza e la centralità dei nostri territori in uno scenario mediterraneo sempre più complesso, rendono evidente come la politica di coesione post-2020 non solo non debba lasciare indietro le isole ma, al contrario, sostenerne lo sviluppo. E ciò deve avvenire – ha concluso Francesco Pigliaru – anche e, soprattutto, attraverso l’attivazione di dispositivi normativi mirati a superare gli svantaggi dell’insularità tenendo conto delle specificità, a partire dalla distanza dal continente.»

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Bruxelles,-Pigliaru-incontra-il-commissario-europeo-Andriukaitis

«Un passaggio fondamentale per dire all’Europa che la Sardegna, dopo 40 anni, ha finalmente deciso di affrontare una volta per tutte la piaga della Peste suina africana, e lo ha fatto con coraggio, impegno, determinazione, professionalità, raggiungendo obiettivi importanti. E i numeri che attestano questi risultati, che ci confermano che siamo davvero vicini a vincere questa battaglia, sono ora sul tavolo della Commissione.»

Il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, si è espresso così dopo l’incontro avuto questo pomeriggio a Bruxelles, con il Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Povilas Andriukaitis. Alla riunione hanno partecipato il direttore generale del Ministero della Salute, Silvio Borrello, il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, Alberto Laddomada, e, per la Rappresentanza permanente del Governo italiano a Bruxelles, la coordinatrice del settore Sanità, Giuliana Del Papa, e il referente per la Sanità animale, Ghebremedhin Ghebreigzabiher. «Insieme ai dati abbiamo illustrato il senso della sfida, gli strumenti messi in campo per combattere tanto la piaga quanto l’illegalità diffusa che è alla base del suo propagarsi – sottolinea il Presidente -, così la stretta collaborazione portata avanti con il ministero della Salute e il ministero dell’Interno, che ci hanno accompagnato lungo tutto il percorso. Da parte del commissario Andriukaitis, che ha sottolineato la preoccupazione per l’ampia diffusione che la malattia sta avendo ai confini dell’est Europa, abbiamo trovato molta attenzione per quanto stiamo facendo in Sardegna, per gli sforzi fatti, i risultati raggiunti, ma anche per il valore delle nostre azioni come buona pratica. Vogliamo essere pronti ad affrontare la svolta positiva che si potrà raggiungere presto con l’eradicazione definitiva, e stiamo mettendo ogni tassello al posto giusto per avere la Commissione al nostro fianco e per questo abbiamo chiesto la visita di una delegazione, in tempi ragionevolmente brevi, per vedere da vicino il nostro lavoro sul campo. È una partita cruciale per lo sviluppo soprattutto delle zone interne: vederci riconosciuto questo grande lavoro è importante anche perché abbiamo sempre saputo di dover ricostruire una credibilità, nel confronto istituzionale nazionale e internazionale, danneggiata da decenni di inazione. Siamo affidabili e lo stiamo dimostrando. Usciamo da questa riunione con una determinazione ancora più forte di prima – conclude Francesco Pigliaru – perché mentre la peste suina purtroppo si diffonde in territori lontanissimi dalla Sardegna, noi possiamo e dobbiamo liberarcene il prima possibile, per uscire definitivamente dalle aree considerate un rischio per l’intera Unione.»

«Dal punto di vista tecnico, abbiamo mostrato al Commissario Andriukaitis come, attraverso la nostra strategia, siamo riusciti ad intaccare il vero nucleo della malattia – spiega Alberto Laddomada -. Le azioni di depopolamento, articolate secondo piani precisi per il contrasto del brado e portate avanti tenendo aperto un dialogo costante con i territori, gli allevatori e i cacciatori, sono state e sono passaggi essenziali per arrivare all’eradicazione definitiva. L’assistenza tecnica costante e il sostegno economico garantito a chi si mette in regola e sceglie la legalità fa il resto. L’obiettivo è raggiungere una produzione virtuosa – conclude Alberto Laddomada -, e abbiamo agito per creare, sempre di più, le condizioni.»

«Abbiamo lavorato duramente tre anni prima di poter portare all’attenzione della Commissione europea numeri tali da essere presi in considerazione e che finalmente ci fanno ben sperare – aggiunge da Cagliari Alessandro De Martini, responsabile dell’Unita di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna, che fa capo alla Presidenza della Regione -. Come ribadiamo costantemente, questa è una battaglia culturale e di legalità. Al confronto con tutti gli attori coinvolti, dalle amministrazioni locali agli allevatori regolari sino alle associazioni di categoria, abbiamo aggiunto azioni e informazioni mirate per condurre dentro le regole chi ne stava fuori. I cittadini hanno capito e sono i nostri migliori alleati: la soluzione di questo problema, che per troppo tempo è sembrata impossibile, è ora a portata di mano – conclude Alessandro De Martini – e significa produzione, sviluppo, benessere.»

Di seguito l’aggiornamento delle informazioni diffuse lo scorso 11 aprile nel corso del quarto seminario GARA (Global African Swine Fever Research Alliance), che ha portato a Cagliari i maggiori esperti mondiali di PSA.

I dati PSA che emergono dagli studi elaborati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale dicono che dal triennio 2012-2014 al 2015-2017 il numero dei focolai di Peste suina africana (PSA) nei maiali domestici si è ridotto del 75%, mentre la presenza della malattia nei cinghiali ha avuto un calo di circa il 64%. Se invece si dovesse fare il paragone con gli ultimi 10 mesi (agosto 2017 – maggio 2018), la riduzione dei focolai nel domestico oltrepassa il 90%.

Veterinari.

Sono circa 300 i veterinari che operano in tutta la Regione: garantiscono la Salute animale da un lato e la sicurezza alimentare della filiera dall’altro con controlli effettuati nelle circa 15mila aziende suinicole sarde.

Focolai nei suini domestici.

Nel periodo 2012-2014 si erano verificati 223 focolai, con una media di oltre 74 per anno e circa 6 al mese; nel triennio successivo, 2015-2017, ci sono stati invece 56 focolai con una media di 19 per anno e di circa 1,5 al mese. Il calo dei focolai è stato ancora più accentuato ed eclatante negli ultimi 10 mesi (agosto 2017 – maggio 2018) dove si sono verificati solo 3 focolai in 3 Comuni. Per quanto riguarda i due focolai di Aritzo (gennaio 2018) e Fonni (febbraio 2018), i controlli nelle zone di protezione e sorveglianza, così come previsti dalle norme, sono stati ultimati e non è stato trovato alcun riscontro di PSA negli allevamenti registrati. In queste zone di protezione e sorveglianza ricadevano territori di numerosi Comuni già categorizzati come ad alto ed altissimo rischio per PSA ed è confortante avere conferma che la situazione sia ora sotto controllo.

La malattia nel selvatico.

La situazione nel cinghiale è in chiaro miglioramento, come indicato dal trend di sieroprevalenza nell’attuale zone infetta (circa 10mila Kmq su un totale di 24mila Kmq dell’intera Isola). A partire dalla stagione venatoria 2012/2103 fino alla stagione 2017/2018, i valori sono stati i seguenti: 10,44%, 7,84, 7,37, 6,76, 4,70, e infine 3,80% in quest’ultima campagna di caccia. Tali dati registrano un calo progressivo della sieroprevalenza (indicatore importantissimo della avvenuta circolazione virale tra i cinghiali nei mesi/anni precedenti alla caccia). I numeri elaborati dall’IZS sono frutto dei test effettuati sui campioni prelevati dai cacciatori nei cinghiali abbattuti. L’affidabilità di questi dati è andata consolidandosi grazie a una crescente collaborazione con il mondo venatorio che in questi anni ha visto aumentare i campioni sottoposti a controllo da circa 3.200 a oltre 5.200 (+62%) a stagione. Il quadro inequivocabile emerso dalla situazione nei cinghiali conferma quanto gli studiosi dell’UdP vanno sostenendo da tempo: «In linea generale, a un miglioramento della situazione nei domestici corrisponde o fa seguito anche un miglioramento nel selvatico».

I maiali allo stato brado.

A fronte di una popolazione, stimata a inizio dicembre 2017, di circa 3-5mila capi bradi presenti fra Nuorese e Ogliastra, negli ultimi 6 mesi sono stati abbattuti 2334 animali al pascolo non confinato illegale. I Comuni dove si è intervenuti sono: Arzana, Baunei, Desulo, Nuoro, Orgosolo, Talana, Urzulei, Villagrande Strisaili, Aritzo, Sant’Andrea Frius, Ovodda, Irgoli, Loculi e Orosei. I controlli sierologici e virologici indicano che la PSA era perfettamente endemica nei territori di Orgosolo, mentre altrove la situazione era più variegata suggerendo, certamente, l’altissimo rischio di questa pratica di allevamento, ma non necessariamente la sua endemicità in ognuno dei gruppi di maiali e territori in cui gli abbattimenti sono stati effettuati. L’endemicità della PSA ad Orgosolo è presumibilmente dovuta all’alto numero e alla densità dei capi bradi tenuti in quel territorio comunale e alla conseguente elevata probabilità di contatti tra i diversi branchi di maiali, che assicuravano una continua circolazione del virus. Nella sola Orgosolo, fra dicembre 2017 e maggio 2018, sono stati abbattuti 1083 capi. In contemporanea e per evitare le azioni di depopolamento, molti detentori di maiali illegali, in buona parte dei Comuni interessati dagli abbattimenti, hanno macellato clandestinamente i loro animali immettendoli nel mercato abusivo. L’avvistamento dei suini bradi è ora molto più sporadico, rendendo di conseguenza meno facile la stima dei capi rimasti che, a oggi, si ipotizza si siano ridotti a non più del 10-20% rispetto a inizio dicembre 2017. In ogni caso, è sicuro che il numero e la densità sono molto inferiori rispetto al passato e già questo depone a favore di un diminuito rischio di circolazione virale.

La presenza del virus.

La tendenza, chiaramente positiva, degli ultimi tre anni e quella, ancor più marcata, degli ultimi mesi, indica complessivamente una rarefazione della circolazione virale sia negli allevamenti registrati che nel cinghiale e lascia ben sperare sulla possibilità di eradicazione definitiva della malattia dalla Sardegna anche a seguito del forte e ulteriore impatto positivo che ci si attende come conseguenza al contrasto del pascolo brado, che continuerà anche nei prossimi mesi.

Fattori che hanno migliorato la situazione epidemiologica.

A determinare il trend positivo dei dati sull’arretramento della PSA, oltre al contrasto del brado, hanno contribuito indubbiamente le attività di controllo sugli allevamenti e sulla caccia, sia in termini quantitativi che qualitativi. Il miglioramento della situazione epidemiologica complessiva è infatti correlato a un miglioramento dell’attuazione delle attività da parte dei servizi veterinari (potenziati a giugno 2017 con il Gruppo di Intervento Veterinario e ora coordinati centralmente dall’Azienda Tutela della Salute, che ha competenza sull’intero territorio regionale) e dei cacciatori rispetto alle norme e al programma di eradicazione. Altro elemento che ha contribuito notevolmente a ridurre la presenza della PSA riguarda la formazione e l’informazione di allevatori e cacciatori, promossa nei territori dall’UdP, sulle buone pratiche dell’allevamento regolare e sui numerosi vantaggi economici e occupazionali che, soprattutto nelle zone interne della Sardegna, si potrebbero avere una volta sconfitta la malattia. In ultimo, un fattore esterno che potrebbe aver contribuito ai risultati illustrati nel corso del seminario è quello legato alla lunga e calda stagione estiva del 2017, che avrebbe favorito la inattivazione del virus nel ambiente, con il conseguente minor rischio di focolai nei domestici. La siccità e la mancanza quindi di cibo per molti mesi hanno causato una diminuzione della densità dei cinghiali, specie più giovani. La inattivazione del virus nell’ambiente e la diminuzione della densità dei capi selvatici hanno probabilmente reso più difficile la circolazione del virus tra i cinghiali e i maiali.

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«Martedì a Bruxelles incontrerò il commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare Vytenis Povilas Andriukaitis per fare il punto sulla nostra battaglia contro la peste suina africana: metteremo sul tavolo i risultati raggiunti e ci confronteremo sulle prospettive. Dopo 40 anni passati in ostaggio della PSA, la Sardegna non è mai stata così vicina a vincere questa battaglia ed è molto importante che l’Europa ci riconosca questo risultato, perché vogliamo essere pronti ad affrontare la svolta positiva che arriverà con l’eradicazione definitiva. Un obiettivo cruciale che si potrà raggiungere presto anche grazie al lavoro prezioso svolto qui.»

Lo ha annunciato il presidente della Regione Francesco Pigliaru, questo pomeriggio a Sassari, visitando l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale, dove ha incontrato il direttore generale Alberto Laddomada, la presidente Pasqua Tilocca, il direttore sanitario Simonetta Cherchi, il direttore amministrativo Giovanni Deriu, la direttrice del laboratorio Peste Suina Africana Annalisa Oggiano e il direttore del nuovo insettario Giuseppe Satta. Attivato ufficialmente oggi, l’insettario, è struttura di supporto al laboratorio di Entomologia e controllo dei vettori. Primo del genere in Sardegna e tra i pochi in Italia, è dotato della tecnologia per riprodurre in maniera controllata l’ambiente naturale di vita degli insetti, in particolare degli artropodi. Ciò consente di individuare le specie responsabili della trasmissione dei principali agenti di diverse malattie nelle specifiche condizioni esistenti in Sardegna.

I dati PSA che emergono dagli studi elaborati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale e presentati un mese fa a Cagliari in occasione della conferenza internazionale, dicono che dal triennio 2012-2014 al 2015-2017 il numero dei focolai di Peste suina africana (PSA) nei maiali domestici si è ridotto del 75%, mentre la presenza della malattia nei cinghiali ha avuto un calo di circa il 64%. Se invece si dovesse fare il paragone con gli ultimi 8 mesi (agosto 2017 – marzo 2018), la riduzione dei focolai nel domestico raggiunge il 90%.

La struttura ha tecnologia che consente di riprodurre in maniera controllata l’ambiente naturale di vita degli insetti, in particolare degli artropodi, garantendo il ciclo circadiano di illuminazione e riproducendo le condizioni di umidità e temperatura necessarie al loro sviluppo. Con tale struttura si possono allevare in laboratorio le diverse specie di artropodi consentendo di portare avanti più generazioni di insetti che ciclicamente saranno in grado di alimentarsi, riprodursi, deporre le uova, e sfarfallare dallo stadio larvale per diventare adulti. L’allevamento di questi insetti consentirà di accertare sperimentalmente in laboratorio quali specie sono realmente capaci di consentire la trasmissione dei principali agenti (virus, batteri, protozoi, etc.) delle “malattie trasmesse da insetti vettori”, che colpiscono sia l’uomo che gli animali in Sardegna. Esempi di queste malattie sono la Lingua blu (Bluetongue) che, come gli allevatori sardi ben sanno colpisce pecore, capre e bovini, e la Febbre del Nilo Occidentale, che colpisce numerose specie animali oltre che l’uomo. Una migliore conoscenza renderà possibile focalizzare le azioni di prevenzione quando si accerta la presenza di tali specie nel territorio, con opportuni interventi di disinfestazione e conseguenti provvedimenti di Sanità pubblica.