Uiltrasporti Sardegna: in tre anni il traffico, nel Porto Canale di Cagliari, diminuirà dell’82%.
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«Da oltre un anno i vertici del Terminal Container del Porto Industriale lavorano fuori sede o direttamente da Cagliari per gli altri terminal del Gruppo Contship, portando all’esterno il know-how professionale senza che via sia alcuna ricaduta positiva per il Terminal di Cagliari.»
La denuncia è contenuta in un report della Uiltrasporti Sardegna che sottolinea impietosamente la conclamata crisi del terminal cagliaritano che pare essere stato abbandonato dallo stesso Terminalista. Lo stesso Direttore Generale del terminal – si legge nel report – sta a Cagliari per soli 3 giorni al mese per poi partire alla volta di Tangeri e sviluppare il terminal marocchino. Lo stesso avviene per il Direttore Tecnico, quello amministrativo e per varie altre professionalità che da tempo vanno a spendere la esperienza lontano dalla Sardegna e continuano a favorire la crescita e lo sviluppo di porti concorrenti, ma facenti capo allo stesso azionista di maggioranza.
Il Terminal Container del Porto Industriale di Cagliari continua a vivere un periodo di profonda crisi: il traffico contenitori è in picchiata, con il 2018 chiuso a circa 215.000 Teu: -50% rispetto ai 430.000 contenitori del 2017, anno che aveva già visto un calo del 36% rispetto ai volumi del 2016. Il 2019 non promette nulla di buono, i primi due mesi dell’anno dimostrano una proiezione su base annua di un ulteriore -42% rispetto al 2018. Nel complesso, analizzando il periodo 2016 – proiezione 2019, il tracollo si attesta a -82%.
Al contrario è in netto aumento il traffico negli altri Terminal gestiti dal Gruppo Contship/Eurogatenel Mediterraneo, in particolare quelli di Tangeri e La Spezia. Nel periodo 2016-2018 il Terminal Contship/Eurogate di Tangeri ha visto aumentare i propri traffici di oltre il 23%, passando da circa 1.100.000teu a 1.400.000. Più o meno stesso discorso per La Spezia, con circa +20%. Al contrario Gioia Tauro e soprattutto Cagliari hanno registrato un netto calo dei volumi di lavoro, rispettivamente -15% e -68% nel periodo 2016-2018. Per lo scalo sardo, come detto, il 2019 si profila ancora in negativo, al netto di auspicabili inversioni di rotta, tanto annunciate dai vertici aziendali, ma che a oggi restano vuote di contenuti.
«Sono numeri enormemente negativi che rischiano di decretare il tracollo finale dello scalo sardo, e che non possono vedere il sindacato subire in silenzio – evidenzia William Zonca, segretario della UIL Trasporti Sardegna che nei mesi scorsi aveva chiesto formalmente al ministro dei Trasporti l’apertura di un tavolo per analizzare la situazione del Porto di Cagliari -. Siamo ancora in attesa di risposte, mentre tutta la politica tace. Ogni tanto si leva qualche considerazione isolata, ma la gran parte delle istituzioni pare non curarsi del futuro del Porto.»
Le maestranze del porto di Cagliari vivono da tempo grazie agli ammortizzatori sociali – denuncia la UilTrasporti -: la Compagnia dei Lavoratori Portuale è fallita, mentre varie imprese dell’indotto hanno fatto ricorso alla Cassa Integrazione e ai Contratti di solidarietà.
«La situazione non è più sostenibile – evidenzia Zonca -. Siamo di fronte a una emergenza sociale che rischia di esplodere da un momento all’altro. Da diverse parti si sostiene che il Terminalista CICT non sia in crisi, e che comunque non sia il caso di parlare di crisi fino a quando gli stipendi dei lavoratori continueranno ad essere pagati. Noi riteniamo che queste siano considerazioni quantomeno miopi, figlie di posizioni inconciliabili con chi ha davvero a cuore, in modo disinteressato e non di parte, il futuro e lo sviluppo del Porto di Cagliari e più in generale dell’economia regionale e nazionale e il futuro dei lavoratori. I porti sono nodi nevralgici per l’economia a più vaste scale.»
La situazione occupazionale del Porto Canale di Cagliari – sottolinea la Uiltrasporti Sardegna – non è molto differente da quanto avvenuto negli ultimi anni nell’altro scalo gestito da Contship Italia, ovvero Gioia Tauro. La crisi è frutto delle stesse scelte: infrastrutture ormai vecchie sulle quali da tempo si è scelto – stando a ciò che vediamo – di non investire, mezzi di lavoro obsoleti e incapaci di accogliere le sempre più numerose mega-navi giramondo. Forti dubbi sul rispetto dei vincoli di Concessione, piano di sviluppo inesistente da ormai troppo tempo. Ma se a Gioia Tauro gli ammortizzatori sociali hanno riguardato il personale diretto del terminalista MCT, a Cagliari il tutto è stato “mascherato” appaltando nel tempo alcuni servizi operativi portuali, motivo per cui attualmente la crisi formale (almeno quella della forza lavoro) non riguarda il terminalista CICT, ma le Aziende dell’indotto.
«Sono scelte che fatichiamo a comprendere, unitamente alla totale assenza di promozione e di marketing dello scalo a livello internazionale da parte del terminalista – afferma William Zonca – tanto più se consideriamo i trend degli ultimi anni relativamente ai traffici nel Mediterraneo, tornato da tempo a essere cuore degli scambi tra Est del pianeta (Cina in primis) e Europa/Stati Uniti Orientali.»
Ma la cosa che salta agli occhi è che da oltre un anno diverse figure manageriali ed impiegati della CICT lavorano fuori sede o direttamente da Cagliari per gli altri terminal del Gruppo, portando all’esterno il know-how professionale senza che via sia alcuna ricaduta positiva per il Terminal di Cagliari. Il Direttore Generale del terminal presidia Cagliari, infatti, per 3 giorni al mese, per poi partire alla volta di Tangeri e sviluppare il terminal marocchino. Lo stesso dicasi per il Direttore Tecnico, quello amministrativo e per varie altre professionalità che da tempo vanno a spendere la esperienza lontano dalla Sardegna e continuano a favorire la crescita e lo sviluppo di porti concorrenti, ma facenti capo allo stesso azionista di maggioranza.
«Crediamo che il porto di Cagliari abbia perso e stia continuando a perdere numerose occasioni di sviluppo e possibili nuovi clienti o azionisti – evidenzia William Zonca –. Da troppo tempo si tenta di far passare l’assioma secondo cui solamente l’attuale azionista di maggioranza possa dare certezze sul futuro del Terminal. Ci sembra un’affermazione presuntuosa, sia perché i risultati degli ultimi anni (non solo a Cagliari) dicono il contrario, sia perché crediamo che sia un modo sottile di tenere sotto scacco i lavoratori e le istituzioni locali, sotto la nemmeno tanto velata minaccia di licenziamenti e crisi del sistema portuale. Sembrano gli stessi metodi utilizzati a Gioia Tauro, tenuta sotto scacco per troppo tempo e oggi probabilmente al capolinea. Non si può continuare nel far credere che il transhipment sia morto e che gli scali di smistamento delle merci non abbiano futuro: basta guardare ai porti di Barcellona e Valencia (non certo al centro del Mediterraneo) nei quali nel 2018 sono stati movimentati rispettivamente 1,5 milioni e 2,2 milioni di teu di soli volumi transhipment, in contesti non certo votati a questo tipo di traffico, in forte congestione operativa perché al limite delle loro capacità, con navi in attesa per giorni: ovvero l’esatto contrario di ciò che può offrire Cagliari fin da subito. Crediamo che le occasioni ci siano: il mercato è ancora in forte evoluzione e vari grandi gruppi internazionali devono muovere le loro mosse sullo scacchiere del Mediterraneo.»
«In un contesto in cui il Porto Canale di Cagliari ha i migliori requisiti in termini di posizione geografica (perfettamente baricentrica nel Mediterraneo Occidentale), una ridotta distanza dalle grandi rotte di navigazione, enormi spazi di banchina e di stoccaggio dei contenitori – prosegue William Zonca – riteniamo che sia giunto il momento di non attendere oltre. Vorremmo capire dall’azionista di maggioranza Contship Italia quali siano le vere intenzioni del Gruppo e della sua casa madre, la Tedesca EUROKAI, su Cagliari, e dall’azionista di minoranza CACIP se intende continuare a esercitare un ruolo di secondo piano nel terminal o farsi portavoce delle politiche di sviluppo dell’area industriale e dell’intera regione. Non vorremmo che si stesse combattendo una lotta economico/politica in terreno italiano, da chi cerca di avvantaggiare i porti del Nord Europa o alcuni del Mediterraneo a discapito di altri scali come Cagliari o Gioia Tauro”.
La Uiltrasporti, nell’eventualità di un eventuale perdurare della crisi, lancia l’idea di una divisione degli attuali spazi di concessione. «A fronte dei volumi di traffico degli ultimi tre anni – spiega William Zonca – riteniamo che gli spazi attualmente in concessione siano del tutto sottoutilizzati, dato che si tratta di oltre 1.500 metri di banchina nei quali si movimentano appena 200.000 teu. A titolo di esempio, Contship gestisce a Tangeri una concessione con circa 800 metri di banchina, nei quali movimenta 1.400.000teu l’anno. Lo stesso avviene per Maersk, che nello scalo marocchino movimenta oltre 1.700.00teu in 800 metri di banchina. Ne consegue che in uno spazio di ormeggio analogo a quello di Cagliari, due gestori in competizione tra loro movimentano oltre 3 milioni di contenitori l’anno. Ci chiediamo se possa essere vantaggioso per Cagliari rivedere gli spazi in concessione in base ai volumi di traffico lasciando all’attuale gestore 500 metri di banchina e indire un bando internazionale di gara per gli altri 1000, verificando l’eventualità che qualcuno dei grandi player mondiali dello shipping sia interessato a far rotta su Cagliari.»
In termini generali il report della Uiltrasporti Sardegna evidenzia come il Mediterraneo conferma il suo ruolo centrale nei traffici commerciali marittimi mondiali con una crescita complessiva del traffico container del 500% negli ultimi 20 anni. La recente espansione è dovuta, soprattutto, agli investimenti cinesi (4 miliardi) in portualità e logistica, e al raddoppio del Canale di Suez, che hanno consentito di raggiungere nel 2018 le 980 milioni di tonnellate transitate. Il nuovo record è stato stabilito grazie alle merci sulle navi che hanno attraversato il canale sia da nord verso sud (524,6 milioni di tonnellate pari a +9,8%), sia da sud a nord (458,8 milioni di tonnellate, pari a +6,6%): nuovi record che hanno superato entrambi i precedenti registrati nel 2017, quando transitarono 908,6 milioni di tonnellate (con un incremento del +10,9% rispetto a 819,1 milioni di tonnellate del 2016 e con una crescita del +10,4% rispetto al precedente record di 822,9 milioni di tonnellate stabilito nel 2015). L’andamento dei traffici mostra inoltre che il raddoppio del Canale di Suez sta gradualmente cambiando gli assetti mondiali del trasporto marittimo soprattutto lungo la rotta Est-Ovest: negli ultimi 11 anni il traffico dal Sud Est Asiatico verso il Mediterraneo è aumentato del 37%, dato che va letto insieme alla crescita del traffico da e verso il Golfo (+77%) dove molto interscambio commerciale ha come destinazione finale la Cina.
In questo contesto espansivo le portacontainer sono le navi più numerose tra quelle che hanno effettuato transiti completi attraverso il Canale di Suez (5.706, +2,5%): i contenitori da soli contano il 50% di tutte le merci.
«Nel contesto sopra descritto crediamo che questo sia il periodo storico cruciale per cogliere l’opportunità di rilanciare Cagliari e il suo porto, a prescindere da chi lo gestisce – conclude William Zonca -. Attendiamo da Contship un segnale immediato per capire quali siano le intenzioni su Cagliari. Vorremmo comprendere se esistano a oggi, o siano esistiti difficoltà e impedimenti, e quali siano, che hanno ostacolato i piani di crescita e sviluppo nel Terminal. Come Uil Trasporti siamo sempre stati pronti, e ancora lo saremo, a fare la nostra parte per favorire qualsiasi processo che sblocchi definitivamente questa situazione di crisi in favore di una crescita e sviluppo di quello che è sicuramente uno tra i maggiori volani dell’economia regionale e del Sud Italia.»